Gravità Zero

M’accingo dunque a poetare
D’amore e d’odio; tuttavia temo
Che la mia flebile voce ed il mio gracile corpo
Non possano affrontare tali argomenti da solisti.
Chiederò pertanto ispirazione,
Ma non ad Apollo né ad Erato,
Bensì a Demetra, dea delle messi e del suolo fecondo,
Poiché siamo ospiti in Sicilia, a lei consacrata.
Qui, la natura sublime stupisce,
La dea s’incarna
Nel grano biondo
E nell’acqua di cristallo
E nella terra scura
E nel rosso vivo del fuoco, che sgorga come fiume dalla Montagna.
Pensiamo che lei, madre amorevole, ci doni tali bellezze perché siamo suoi figli,
Pensiamo di meritarle, perché il suo amore è incondizionato.
Con queste convinzioni, quotidianamente la uccidiamo.
Infliggiamo a Demetra ferite profonde,
La avveleniamo con le nostre alchimie,
La soffochiamo coi nostri fumi,
La accechiamo con le luci abbaglianti del nostro insulso progresso
Ogni/singolo/giorno.
Per un nostro capriccio, soffre.
E la terra trema,
E il ghiaccio fonde,
E la bufera imperversa,
E torniamo a sentirci piccoli, insignificanti, siamo pulviscolo;
Amorevole genitrice o crudele matrigna?
Figliol prodigo, matricida, fermati, torna suoi tuoi passi.
Uomini, amate, onorate la madre, non odiare i vostri fratelli:
Non siate isole, mondi lontani anni‐luce,
Perché come l’amore sarà gravità che ci attrae
L’odio sarà forza centrifuga, che ci allontana.