I seduti

Neri di pustole, butterati, gli occhi cerchiati da anelli
Verdi, le dita bulbose rattrappite sui femori,
L'occipite piagato da vaghe astiosità
Come le fioriture lebbrose dei vecchi muri; Hanno innestato in amori epilettici
La loro bizzarra ossatura ai grandi scheletri neri
Delle loro sedie; i piedi alle sbarre rachitiche
Attorcigliati mattina e sera! Questi vegliardi sono sempre intrecciati alle loro seggiole,
Sentono i vivi soli lucidargli la pelle,
Oppure, gli occhi ai vetri dove la neve sbiadisce,
Tremano del doloroso tremare dei rospi. E le seggiole con loro sono cortesi: incrostata
Di bruno, la paglia cede ai lati delle loro reni;
L'anima degli antichi soli si accende rinchiusa
Nelle trecce di spighe in cui fermentò il grano. E i seduti, le ginocchia sui denti, verdi pianisti,
Le dieci dita che tambureggiano sotto la seggiola,
Si ascoltano sciabordare tristi barcarole
E le loro zucche cominciano un dondolio d'amore. Oh! non li fate alzare! È il naufragio...
Si ergono, mugugnando come gatti schiaffeggiati,
Aprono lentamente le scapole, oh rabbia!
I pantaloni sbuffano sui fianchi rigonfi.