Il respiro delle stagioni

Torna la luce, lieve come un passo scalzo,
e il cielo si schiarisce come un pensiero appena nato.
La terra, che ha dormito con il cuore sotto il gelo,
si solleva piano, come chi si stiracchia dopo un sogno profondo.

I rami sottili, che l’inverno aveva lasciato nudi,
ora si vestono di gemme, piccole promesse tremanti,
pronte a fiorire senza fretta,
consapevoli che ogni nascita richiede grazia e silenzio.

L’aria profuma di qualcosa che cresce,
di qualcosa che cambia,
di qualcosa che arriva senza chiedere permesso.
E le giornate si allungano
come mani che vogliono abbracciare tutto ciò che verrà.

I prati si riempiono di passi nuovi,
di corse leggere,
di farfalle che vibrano come pensieri felici
sfuggiti a un cuore distratto.

E la vita, in primavera, non chiede nulla:
si offre.
Come acqua limpida, come un sorriso inatteso,
come un ritorno che non speravi più.

Quando arriva l’estate, arriva tutta,
senza timidezza, senza sconti,
con il sole che cade sulle strade
come una promessa che non puoi ignorare.

È la stagione del coraggio:
gli alberi non si nascondono,
i mari parlano forte,
il cielo è aperto come un ventaglio di possibilità.

L’aria vibra, trema, si allunga,
ogni cosa sembra voler crescere ancora,
espandersi, diventare più vera.

Ci sono risate che scoppiano come scintille,
notte che profumano di frutta matura,
sudore che è solo un altro modo per dire
“sono vivo”.

L’estate non ti lascia stare:
ti invita, ti chiama, ti sfida.
È un invito alla danza,
al rischio,
al desiderio che non vuole più tacere.

E ci sono tramonti che non finiscono mai,
che restano appesi all’orizzonte come ricordi futuri,
come quelle immagini che sai che porterai con te
anche quando tornerà il freddo.

Poi, quasi senza rumore,
arriva l’autunno.
Arriva come una carezza che conosce la strada,
come una voce che sussurra:
“Adesso basta correre.”

Le foglie si accendono di rosso, oro, rame,
come se la natura si mettesse un vestito elegante
per salutare ciò che se ne va.

È la stagione del raccolto,
non solo dei frutti,
ma anche dei pensieri che crescono in silenzio.
È il tempo in cui capisci
quanto sia prezioso ciò che hai vissuto,
quanto sia necessario ciò che devi lasciare andare.

Gli alberi non hanno paura di spogliarsi,
si fidano del ciclo, del tempo,
della promessa che tornerà il verde.

L’autunno è malinconia che scalda,
non che spezza.
È introspezione che consola,
non che ferisce.
È un addio che educa alla speranza.

E sotto ogni foglia caduta
c’è una storia che finisce
per fare spazio a un’altra.

IV. Inverno — La quiete che custodisce

E infine arriva l’inverno,
paziente, bianco, profondo.
Non è freddo soltanto:
è silenzio,
è sospensione,
è respiro trattenuto.

La neve scende come un pensiero leggero,
uno di quelli che non fanno rumore
ma riempiono tutto.

I rami si stringono al cielo,
i passi scricchiolano lenti,
e il mondo sembra rallentare
per ricordare la propria struttura,
il proprio cuore.

L’inverno non è la morte:
è la custodia.
Protegge il seme,
prepara il ritorno,
difende ciò che ancora non può mostrarsi.

È la stagione in cui si ascolta di più,
in cui anche un sussurro diventa un evento,
in cui la solitudine non è vuoto
ma stanza per ritrovarsi.

E nelle notti più fredde
la luna sembra più vicina,
come se scivolasse a vegliare
sui sogni messi a riposo
in attesa della primavera.

Primavera nasce,
estate accende,
autunno insegna,
inverno custodisce.

E noi, in mezzo a questo cerchio perfetto,
cresciamo, cambiamo, ci scopriamo diversi
ogni volta che una stagione ci attraversa.

Siamo fiori e venti,
foglie e neve,
profumi e tramonti.
Siamo il tempo che muta,
il ritmo che non si rompe,
la vita che continua a reinventarsi
ad ogni nuovo giro del sole.