Il ritorno del patriota amato

Così tanto e di più e ancora non mi hai amato,
e mai mi amerai, l’amore non
dimora nella nostra anima?E non
posso biasimare te, sebbene
sia mio destino amarti fortemente,
a torto o invano.

I dubbi divorano, come
avvoltoi su carcasse marce.
Ogni lettera inviata troverai
non su carte d’inchiostro,ma
su parete della mia lattea schiena
parola dopo parola incisa
per ogni giorno di vita.
Su linea del tuo palmo iscritte
la via, la fessura di miracoli
entro i campi di sterminio,
asfissia d’inferni rifuggi e paradiso
implori, odi fra spari e morte
tutto il male che hai inghiottito,
con una croce sul collo
annerita.

Tuona la guerra bastarda,
incenerisce, battesimo di fuoco,
con migliaia di sussurrati addi,
saggiando quiete prima di vanire,
la terra di sangue il corpo accoglie
a nutrire la forza del vimine che
di metallo spande voci di vendetta
dei morti che non vogliono morire.
Ma tu a salvezza agognato germoglierai
in me,saro’ lingua di salmi e potenza,
e dai fumi nel vento uscirai issato verso
casa in celere cammino,ti guarderanno
apparire come un fantasma i compagni
d’armi esterrefatti nel meriggio.
Sono qui, lontana, e tu sei vivo.

Non ho arricchito il mondo
Di un centesimo, sguardi di
Fattorie e chiese bianche,
carne di screpolati intonaci
la mia, nuda dinanzi uno specchio
s’innalza, urlo in una frazione
di tenebra,sciacalla voce
partorisce brulicanti nostalgie,
odo profonda radice oscura
cristallina d’incerti avveniri,
pianta senza foglie,arbusto
cresciuto in morte, vecchi legnami
spogli, buoni a nuovi fuochi.

I tuoi passi sento, il fiato
d’infermo, la barba incolta inclita,
il fucile sulla spalla strappata,i bossoli,
il sangue fatto acqua ,e l’odore delle dita.

Vedessi il mio abito di colomba
sopra la bilancia del pronunciato
giorno,e le mie mani di verdi prati,
e ombrelli d’inavvertibili ripari e
attese incancellabili.
Ascolto suoni dei ricordi,
luce contro il buio, speranza
contro disperazione, destino
che si regge in bilico, ponte
che gia’ frana su ferite ossa e
pelle di pause raschiata,
a centinaia spaccati da mine si
muore con famiglia e casa
nel cuore stampata,senza il
tempo di una lacrima.

E’ diventata cosi grande l’amarezza
che non posso respirare l’ossigeno,
non riesco a trovare il cuore
in niente, la strada di contorni ,
le vie di confusione,mentre il cielo
crolla sfasciato sul mio petto di lacrime
e ghiacciai. Ho piantato nel deserto
tutti i semi d’amore,dissecati in poche
ore, e vado svilita in questi luoghi di
pace e silenzi dove nulla cresce,
nulla incapace si trasforma,
dove trovare i nascosti tesori?
Il mago amore? Ti aspettero’,
giuro, e tu verrai morissero le albe
e le stagioni.

Avvolta in un velo di plastica,
dimenandomi,con un tornado in gola,
come stella precipita fulminea
questa pioggia cade a gocce vitree
conficcate sulla faccia.
E la mia vita te rimembra, mai
stanca di lontananze,il collo
erede dei tuoi abbracci,
dagli oceani dei tuoi sguardi
dove annegando sprofondavo
un tempo a felicita’ rivolta.
Ah,il tempo, i ricordi, non
li fa divenir piu’ belli?

Reminiscenza di ogni tuo dire che
l’anima imbratta,quante carezze
immaginar la tua voce insinua,groviglio
di biancospini, luna più che brillando sul
tuo capo,dentro costellazione del Cervo
assisa, chiave di speranza infondeva,
e il tuo primo bacio bruciava fontane
di rosai al ventoso colle, candelabro di
luce sugli altari della notte. Sogno fosti,
angolo d’uragano in cui stelle sfiorai con
mano, immagini riverberate dipinte nel
barbaglio di un lago madreperlaceo.

Ti aspetterà, soldato disperso
fra i boati della guerra, con la mia
foto nel taschino stretta in
smunte mani di neri cicloni
e cicatrici,me guardi sotto
un coperchio di stelle contrite
speranza per un altro mendicato
mattino, ti aspettero’ giacca d’artigliere
schizzata dal sangue d’altre vite,
steso sul fango di moribondi e
indimenticati lamenti infossati
nell’anima ingiallita.

Tenerezza d’occhi,in cui s’annida
il terrore e l’odio infiltrati nella vita.
Hai capito spinto oltre,il senso incoercibile,
il sussurro di un nascosto Dio, ogni canuto
perché, la fine mondana che galoppa, l’inerme
che penetra la razza umana condotta
alla follia.

Perché pensare questa vita
separata dalla prossima, quando
l’una nasce dall’altra? Tutto senza
te è cieca pupilla, labbra
accolte senza protesa bocca,
culla d’amore, pianoforte di vene
melodiose immortali, che ammaliano
pascoli e monsoni.

Tornerai su corrosi binari
con un fiore d’amore che per tutte
le stazioni incarbonite s’avvicina,
troverai me all’ultima fermata di Sole
vestita, l’anima con ugual ferita, e
il cuore come un sassolino,al tramonto
sbattiamo increduli,abbracciati in
un silenzio di cieli plumbei
e un raggio sublime che nubi
squarcia nell’infinito. Andiamo
riposeremo gettati su povero letto
brillando come due monete d’argento,
scagliati come frecce nelle gioia,
arcana longitudine dei nostri nomi,
attaccati alla folta coda di comete
con calde sillabe odoranti incenso
e timo,accumulando pianto e baci
sorrideremo al giocoliere mattino.