Dev’essere un umore d’aprile
a traboccarci da bordi anneriti
ché non saremmo più di un foglio frusciante
senza una rarefazione esposta al ramo
e la voce attinge da un petalo che cade
veggenti noi di un gioco sacro
riflesso bendato del tempo
in gabbie ferrose e cavalli di piuma
e sei e non manchi ventre in distacco
dolore ristoro mio tuo
congedo d’inverno nella fibbia
che la bocca scalpella
‐e poi un’altra poesia.
11 novembre 2017
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Quando smetterai di guardarmi, smetterò di splendere.