Oggi scrivo di stenti: il verso è obitorio,
la parola abortita dal giovedì decontratto.
Tu non ci sei.
Allora scrivo di gusci senza più mosto, di venute
lacere, di labbra cariate e denti avvizziti.
Voglio solo tu sappia che mentre ti volti,
la penna non tocca più il foglio.
Che smette la frase.
Che non avrò gigli.
17 febbraio 2012
Altri contenuti che potrebbero piacerti
La poesia ha la stessa imperscrutabilità del futuro: non si possono prevedere le parole che verranno.