Oriola

Quando d‘ali il prillo
la notte prelude
ed affiorano sul tuo scusso viso,
pallido e assente
gli scuri nei
a puntare, fra lo zigomo e la gota,
l’antica beltà che ti sostiene,
pesante invade
i sensi miei
la certezza dei tuoi piani,
in essi sempre muoio.
Eppur sò
che appartieni a un tempo
di lecita carnalità,
dov’io soltanto,
impalpabile spettatore,
dell’ara di bacco, sono,
clandestino abitatore.
E dunque, sola
mi rincuora
la dolcissima natura
che la tralice d’angolo
del tuo sguardo forma,
intantochè,
imprudente frugo,
le scure zone dei tuoi occhi,
il cui fondo, invano, seguo.
Allor disserro le mascelle e,
fatuo, germoglia
sul cipiglio un riso
che d’incalzo sprona
l’animo mio,
alla mercè d’un ultima vita,
alla fantasia delle tue gambe,
che se, con anche un sol dito tocco,
mi sorridono.