Sei Cento Sessantadue

Ho usato nuovamente i
piatti verdi: la sera, giarrettiera
al tavolo, ha strappato alla cantina
la luna migliore. Le montagne miagolano
e tutto i cielo, tutto intero  il cielo,
intona il sonno  adesso che il cuore
mi rincasa dal dopo lavoro ferroviario
e smaltisce, tenuto a spalla, lo sferruzzare
i terreni accidentati, le nebbie e le gambe
composte di commensali asburgici,
coda rossa solletica la cena.
Ho versato l'acqua in tutti i bicchieri:
sono Ganimede, sono Leda e sono
il cigno, per compiacerti a volte.
Sistemerò con calma l'incidente,
sposterò le ossa ed i noccioli
così che il pasto sembrerà
non esserci mai stato
ed il mio nome mai venuto.