Sei Cento Settantacinque

Ci pensi tu a richiudermi?
Si, a richiudermi.
Confido nel tuo tempo,
nella tua autonomia, sai ho
bisogno di essere riallacciata,
riassestata  e riassettata,
riammessa, riconnessa.
Di tutte le mie falle, la tua
è quella che ha trovato
dove annegarmi con la perizia
della manina bianca d'infermiera,
blu rabdomante blu, che cerca
e scova, quale bravura, la vena
sottocoperta. Di tutte queste
cave che ho sistemate in corpo,
necropoli fra osso ed osso,
fra idea e sistema, potevo
volentieri tenere conto senza
dolore, ma il tuo viadotto,
il vaso che volevi, non trova
ancora il suo rammendo, la
sutura ed il calzante e se ne
sta là, accidenti, boccuccia
spalancata, smagliatura
senza denari, con la foga
e l'entusiasmo di chi viene
prima al mondo e  non sa che
dietro le spalle, le basterebbe
una voltatina, tipo Euridice ma
meno fortunata, c'è tanta folla
a somigliarle, litri d'acqua
in suppurazione.
Così, dicevo, ci pensi tu?
Hai avuto la chiave, conosci
i rintocchi: si, hai capito, tipo
tre colpi a salve, tre incornate
del battaglio nella campata.
Tocca a te, magistralmente,
il lavorio, la bordatura e con
dovizia sartoriale ed un po'
di pena, fare cantiere perchè
di questo  freddo, finalmente,
io mi possa svestire.