Sei Cento Trentadue

Il tuo porto è la mia Giudecca: le canne
tese come falli in attesa di essere sbocconcellati.
Non mi hanno fatto bene le  risse di Giugno,
i gendarmi rizzati dai saraceni, il grigio doppiopetto
del molo od il faro arrugginito dalle mareggiate,
rossa oliva dalla testa agile. Non sono serviti
i libri impilati secondo grandezza, il negozio che
mutava in banca, il vimini sguaiato di nocciole e
di limoni,la frutta esposta a buon mercato
come i seni sulle spiagge.  Tu sei tutto il mio
male coagulato in due strade: sei l'avaria ed
il guasto non preventivato.  Verginità e sangue
hanno percorso ogni tuo gradino mentre suonava
a perdifiato  la nuova promozione.
Resta solo il blu della bidella,
un occhio marcio al centro del corridoio ed
intorno al suo fischio tutte le rocce, coro magnifico,
un concistoro: perla sputata
come l'osso dal rigido cane sgraziato.