Da qui comincio a scivolare
lentamente fuori.
Una rapida goccia sulle grondaie.
C’è assai più grazia
e generosità nell’infierire
sui corpi stremati delle giornate
e raccoglierne il lamento,
la visita nel mezzo della notte,
che nel fuggire a balzi
le forche puntute dei vostri sguardi.
E così evaporare
nella nuvola di niente da cui viene
uno come me: che non sa parlare.
Baciami sulla fronte: starò bene.
23 febbraio 2016
Altri contenuti che potrebbero piacerti
In treno
di Alessandro Betta
Il segno triste
bruciato di un cascinale,
il Quarantatré.
I legni marci, di un tempo, (…)