In cucina
i suoi passi grevi.
Tintinnii di posate
e la sacca da riempire.
S’attarda in silenzio
nell’ansito dei muri
poi sull’uscio
a prendere la giacca.
Il buio dell’atrio
s’apre sulla strada
restio come fanciulla
già ghermito
dalle ore insonni.
Non lo si vede più
ombra tra le ombre
ma s’indovina al passo
la linea curva della schiena.
Alla finestra una piccola mano
segue il contorno
di quel cuore stanco
‐Buon lavoro, papà‐
gli mormoro piano.
Da “Nel migrar dei giorni” 2000
17 aprile 2012
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Tormenti e gioie, da sempre, corrono al fianco dell’uomo: i miei piccoli fiori di campo vogliono essere dei momenti di sollievo alla sofferenza del vivere quotidiano. Come un fiore di campo, una poesia ha poche pretese ma con la sua tenerezza può rendere la vita un po’ più amabile.