A lui dispiace

"A lui dispiace".
E' sua madre a pronunciare questa frase. Già da un bel po'.
"Lui soffre per questa situazione", continua.
Ma la mammina se le inventa le cose o ci crede veramente?
Oh, sì! Oh, come soffre! 
La prima estate che lo vidi un po' più tranquillo fu nell'agosto 2011.
Non trattava con sgarbo il proprio figlio, era paziente, gli spiegava le cose.
Osservai la cosa con la moglie che spiegò: "Il bambino lo ha conquistato con la sua dolcezza".
Sarà. 
Io pensai che probabilmente gli psicofarmaci avevano cominciato a fare effetto e/o, vedendomi atterrata, si era messo un po' più il cuore in pace.
A lui dispiace.
Gli chiedo di darmi qualche lezione di guida.
La prima sarà anche l'ultima. Si mette ad urlare come un ossesso perché non so guidare. Se avessi saputo guidare non avrei avuto bisogno di lezioni.
A lui dispiace.
Un fine‐settimana che è in zona si lamenta con me che non gli facciamo sapere quello che succede da noi.
La settimana dopo succede qualcosa e, ligia alle indicazioni ricevute, lo telefono e lo informo.
<<Io con i vostri problemi non voglio essere scocciato>>, è la replica che ricevo.
A lui dispiace.
Gli chiedo di dare un passaggio dalla capitale a casa a me ed ad alcuni miei colleghi. Non avrei dovuto, gli seccava giustamente l'aspetto economico.
Per tutto il tragitto ebbe un atteggiamento taciturno, ostile e guidò come un pazzo.
I miei colleghi naturalmente notarono la cosa.
"Chistu nun sta bbene", si leggeva sulle loro fronti e nei loro occhi.
A lui dispiace.
E' estate. Siamo tutti alla casa al mare dei nostri genitori. Inclusa la sua famiglia e la famiglia della sua compagna. Per cena decidiamo di andare a prendere delle pizze. Nostro fratello minore prende la consegna e va con l'auto. Al suo rientro, la tragedia. La pizza per la sua bella non è quella richiesta dalla sua bella. Diventa un orco. Si mette ad urlare ed ad infierire contro il fratello minore, nemmeno avesse commesso chissà quale mortale scempiaggine. Hai voglia la compagna ad intervenire: "Va bene così, non fa niente". Continua ad aggredire il fratello minore che oltretutto non sta nemmeno bene. Quando finalmente la pianta, il suo bambino ed il cuginetto, entrambi di due anni, lo imitano digrignando i denti come lupi.
A lui dispiace.
Mi aggredisce senza motivo perché è convinto di una cosa sbagliata, ma anche se avesse avuto ragione non avrebbe avuto alcun diritto di aggredirmi.
Nemmeno quando è dimostrato che avessi ragione io, si preoccuperà in seguito di chiedermi scusa.
A lui dispiace.
Mi occupo da sola di mio padre. Lui arriva e mi aggredisce.
A lui dispiace.
E non chiede scusa, nemmeno dopo che il dottore lo convoca e gli ingiunge: "E lasciate in pace questa povera signorina".
A lui dispiace.
Si presenta non invitato e dice con sicumera al medico che di tutto può occuparsi lui.
Trovo una dottoressa di cui mi fido.
Si mette in mezzo, dà per telefono della stronza alla dottoressa e ribadisce che di tutto si occuperà lui però con l'altro medico. I medici acconsentono. La sera dopo si presenta tutto spaventato a casa mia per chiedermi di occuparmene io ma con i medici che dice lui. Probabilmente sono esausta: non ce la faccio a riprendere in mano la situazione. Me ne posso occupare io, ma con la dottoressa. A lui non sta bene e mi accusa di essermene lavata le mani. Ed è così. Mi ero stancata di essere aggredita perché mi assumo le mie responsabilità.
A lui dispiace.
Il suo cuginetto prederito si lamenta con lui di me e di mio marito.
Lui telefona alla mamma e chiede informazioni su di noi.
Pochi giorni dopo dice a mio marito che gli accenna qualcosa: "Io i fatti vostri non li voglio sapere".
A lui dispiace.
Gli dico che se continua a frequentare quella gente come niente fosse senza rimproverarli per le loro azioni, senza pretendere rispetto per la sorella e per il padre, quelli avrebbero fatto sempre peggio.
Si offende.
"Mi ha offeso!" è una delle frasi preferita dello zietto con il quale condivide parte del nome. Destino di un nome.
A lui dispiace.
Un avviso esposto offende il cuginetto.
Lui, che i fatti nostri non li vuole sapere e non ha mai rimproverato cugino e zio, irrompe in casa mia e, senza nemmeno accomodarsi, mi fa il terzo grado.
A lui dispiace.
Quella linguaccia del mio medico curante, che avrei potuto denunciare per violazione del segreto professionale (ma che naturalmente non poteva sapere dello stato di tensione e di diffidenza in famiglia), gli dice che secondo lui devo operarmi e che io nicchio.
Viene a farmi visita, fintamente sollecito. Non s'informa sul motivo per cui dovrei operarmi. Non mi chiede niente. Invece è molto interessato alla stanza da cucina che mio marito ed io, senza figli, abbiamo interamente ristrutturato.
A lui dispiace.
Viene a trovarmi in ospedale dopo l'intervento e si siede con la placida soddisfazione indifferente di un generale crudele che vede atterrato senza fatica il proprio nemico.
A lui dispiace.
Il salsicciotto che hanno rilevato nel mio addome un paio di anni prima è diventato un palloncino. Ci sono due specialisti che mi hanno offerto di ricoverarmi per eseguire delle analisi sotto controllo. Devo decidere dove andare. Lo comunico a chi si dispiace che, interessato solo che io vada a firmare dal notaio affinché lui possa rilevare l'eredità paterna, mi minaccia: "Ti faccio dichiarare incapace di intendere e di volere!".
A lui dispiace.
Va a casa della madre che lo supplica di telefonarmi per chiedermi come sto. Lo fa di malavoglia, solo per la petulanza della madre.
A lui dispiace.
(...)
A lui dispiace che non sono morta magari senza figli.
Lo zietto di cui in parte porta il nome aveva sempre avuto questo desiderio:  essere figlio unico per ciucciarsi tutta l'eredità.  Destino di un nome.
A lui dispiace.
(...)