Alberto E Genéviènne - 4^ Parte

"Io non sono irrotto (si dice così), è stato il destino a farci incontrare, io, al contrario di te, lo ringrazio. Per rispondere alla tua domanda debbo confessarti che ho conosciuto Lulù, mi ci sono affezionato e te la presenterò quanto prima." "Il mio istinto è quello di riempirti di pugni, come puoi..." "Se stai un attimo buona posso darti una spiegazione. Lulù è un personaggio creato dalla mia fantasia, ha la forma di una goccia d'acqua di color azzurrino con la punta all'ingiù, si appalesa quando la chiamo, è figlia della terra o meglio di un cristallo di rocca con  tante sfaccettature che porto sempre con me. Ha solo gli occhi ma attraverso loro riesce a farsi capire ed a rispondermi quando le parlo, le ho raccontato la nostra storia, si è commossa e dalla sua espressione ho compreso il suo consiglio di attendere la tua chiamata, ha avuto molto intuito, lei non è gelosa... a proposito come stai a gelosia, in passato non eri preda di questo moto dell'animo ma ora..." "Dove sta questo spettro, sono curiosa." Gi tirò fuori da una tasca un sacca color blu: "Lulù vive qui dentro, la estraggo, eccola, me la passo nel palmo delle mani, questo è il mio saluto mattutino, solo io posso toccarla altrimenti sparisce nel nulla, si appalesa solo a me come la lampada di Aladino ma non ha i suoi poteri magici. La leggenda vuole che sia stata una pricipessa orientale che, per non sposare un pretendente scelto dal padre e a lei non gradito, si sia gettata da una roccia. I suoi occhi sono molto espressivi ed in questo momento dimostra tanta gioia." "Ancora una volta mi hai stupito con le tue fantasie è anche questo che amo in te, sei imprevedibile, immaginifico, da parte mia niente gelosia, in questo momento vorrei pranzare con le posate d'argento..." "Non penso che Gina e Carmelo ne abbiano, questo non è il posto giusto pert usarle." "Bel pirla hai perso un'occasione!" Al non aveva compreso subito la proposta di Ge, le posate d'argento si riferivano all'uso di quella deliziosa parte di lei che Al tanto anelava di conoscere a fondo... occasione persa, giusto il giudizio di Ge, bel fregnone! Dopo due ulteriori giorni di permanenza , Al e Ge decisero che, anche se con rammarico, era giunta l'ora di allontanarsi da quel luogo deliziosamente solatio: niente più distensivo silenzio interrotto dal canto degli uccellini, di stormire del vento fra le foglie degli alberi, delle improvvise pioggie che li costringevano ad immediati rientri in casa tutti zuppi col conseguente denudamento e relative piacevoli conseguenze, la bella favola boschereccia stava per concludersi. Al aveva ritrovato Ge, il suo colpo di testa, una piccola pazzia, non aveva intaccato il loro amore anzi l'aveva di più appalesato anche se non ben accetto da parte di Ge che, suo malgrado, aveva dovuto rinunziare alle sue idee di libertà assoluta.  "Cara Gina e caro Carmelo avete il nostro indirizzo, la vostra presenza a casa nostra sarà gradita quando deciderete di abbandonare, anche se per poco tempo, questo paradiso. Carmelo, adesso che faccio mente locale quando verrai a Messina ho intenzione di regalarti uno specchio parabolico." "Sentiamo la battutaccia, a che dovrebbe servirmi?" "Potresti finalmente rivederti l'uccello coperto da quella panzazza che ti ritrovi!" Gina volle affettuosamente baciarli entrambi, si era commossa. "Ge tu andrai avanti con la Peugeot, ti seguirò da vicino, inutile raccomandarti di andar piano, le strade sono scivolose per la pioggia." Tornanti con curve a gomito, brevi rettilinei, di nuovo curve, manto stradale non asfaltato sino all'ingresso in autostrada. Ge appena immessasi nella A/20, non obbedendo alle raccomandazioni di Al, cominciò a spingere sull'acceleratore: 100, 120, 150 km. all'ora. Al era angosciato, non voleva usare il telefonino per paura che la distrazione dalla guida potesse mandar fuori strada l'auto di Ge, si sentiva impotente. Ad un avvallamento del terreno, l'acqua stagnante fece perdere a Ge il controllo della macchina che, dopo vari testa coda, andò ad infrangersi col muso contro il guard rail ribaltandosi nel vicino terreno. Al fermò la Jaguar vicino al guard rail, scese dall'auto e con le braccia fece cenno agli automobilisti che sopraggiungevano per attirare la loro attenzione e non tamponare, a loro volta, la sua macchina. Ge non aveva allacciato le cinture di sicurezza, aveva una ferita sulla fronre, non rispondeva alle sollecitazioni di Al che, disperato, chiamò il 118 indicando il luogo dell'incidente. Dopo circa mezz'ora si sentì il rombo del motore di un elicottero che atterrò in una vicina radura, ne scesero un dottore e un infermiere, il primo controllò lo stato generale di Ge che non aveva ripreso conoscenza. La posero du un grosso telo e, con molta circospezione, la trasportarono sull'elicottero. "Dottore che mi può dire?" "Da quello che ho potutto constatare la signora ha battuto violentemente il capo, è ancora viva ma non riesco a farla rinvenire, la trasporteremo al Papardo. Mi dia un documento della signora, serve per la buriocrazia." Al frugò nella borsetta di Ge e consegnò al dottore la carta d'identità. L'elicottero si librò in volo e sparì dalla vista di Al che si sedette sul guard rail dell'autostrada guardando la Peugeot ridotta ad un rottame, andò a ritirare la valigia di Ge nel portababagli della sua auto. Nella corsia opposta vide una vettura della Polizia Stradale che sarebbe giunta quanto prima sul posto, non aveva intenzione di rispondere alle inevitali domande degli agenti, decise di rientarare a Messina. Ci volle del tempo prima che i battiti del cuore ritornassero quasi alla normalità, riprese la guida a velocità molto ridotta, sentire un tremolio alle gambe, lo stomaco chiuso in una morsa. Si ritrovò sotto casa quasi senza accorgersene, aveva guidato in stato di choc ma l'istinto l'aveva portato a riconoscere il percorso. All'apertura della porta d'ingresso trovò Nadia. "Una mia amica è in ospedale, ha avuto un incidente stradale, l'hanno trasportata al Papardo, devo andare a trovarla." Signorino non è in condizioni di guidare, l'accompagno io." Nadia si mise al volante della Jaguar, Al si sdraiò nel sedile posteriore, si appisolò. "Siamo giunti, la prendo sotto braccio, andiamo al pronto soccorso." Nadia aveva preso in mano la situazioner, aveva domandato al medico di guardia di una signora appena ricoverata che era giunta in ospedale in elicottero. La signora era in sala raggi per accertamenti e non poteva ricevere visite. Su richiesta della fida domestica, Al fu controllato da un sanitario di guardia che, dopo accertamenti manuali, emise il suo verdetto: "Il signore è in lieve stato di choc, se vuole possiamo ricoveraldo per ulteriori accertamenti. Al fece segno di no col capo, sempre a braccetto di Nadia prese posto nella Jaguar nel sedile passeggero. Nadia guidava con sicurezza, una sorpresa per Al che lentamente stava riprendendosi. "Nadia complimenti per la guida, non sapevo che avesso la patente e complimenti per la guida." "Grazie per i complimenti, in quanto alla patente non l'ho mai conseguita, in Ucraina mio padre mi ha insegnato a guidatre il suo camion." Nadia trasportò quasi di peso Al nel bagno, lo spogliò pian piano come una brava mammina, accumulò i vistiti su una sedia, fece accomodare Al nella vasca bagno e prese a lavarlo delicatamente con una spugna, annusò il capo del suo padrone e passò allo shampoo, una risciaquata col telefono della doccia, l'accappatoio ruvido cone piaceva ad Al e poi a letto sempre appoggiato con le braccia sulle spalle dell'angelo custode sino al letto. "Nadia ma tu il pomeriggio non dovevi andare a servizio da una signora?" "Le ho telefonato che stavo male, in parte è vero, sono molto dispiaciuta per quello che è accaduto alla signora, se avrà fame troverà la cena in cucina, vado a prepararle qualcosa di leggero." "Nadia avvicinati, ti dispiace se ti bacio sulle labbra in segno di ringraziamento, non eri tenuta a fare quello che hai fatto." ""Solo per una volta, non vorrei subire le ire della sua amica e poi non vorrei prenderci gusto..." Uno sfioramento di labbra e Nadia si eclissò dalla stanza da letto. Il silenzio ed il buio della stanza contribuirono a far inabissare Al in un profondo torpore. Si svegliò di colpo perfettamente cosciente, lo shock era passato e Al voleva prendere in mano la situazione ma... c'erano tanti ma. Dai documenti di Ge i medici dell'ospedale avevano sicuramente rintracciato il marito al quale non sarebbe stato facile spiegare la situazione, il signor C. si doveva essere posto molte domande. Al voleva conoscere lo stato attuale delle condizioni di salute dell'amata, sino al trasporto in elicottero non era ancora rinvenuta. Trovò dei vestiti pronti per essere indossati appoggiati sul divano del salone, Nadia ancora una volta gli aveva dimostrato il suo affetto, doveva ricompensarla con del denaro. Al aveva dimenticato Lulù, estrasse il cristallo di rocca dal sacchetto di velluto e lei apparve con un'espressione triste, i suoi occhi erano di una mestizia infinita, sembravano lacrimare poi sparì di colpo, forse Lulù conosceva le vere condizioni di Ge. Al volante della Jaguar Al prese la panoramica che portava all'ospedale 'Papardo', era ancora presto, le sette, trovò un posteggio vicino al pronto soccorso. Al medico di guardia chiese notizie di Ge: era ricoverata in rianimazione, non aveva ripreso conoscenza, maledizione alla sua mania di non indossare le cinture di sicurezza! Chiese di poterla vedere, solite domande sulla sua persona. "sono quel signore che ha chiamato l'elicottero sul luogo dell'incidente, sono anche un suo vicino di casa." "Spiacente solo i parenti sono ammessi alle visite, ah ecco il marito, parli con lui." "Dottor C. sono Alberto M. il vostro vicino di casa, ho chiamato io l'eliambulanza sull'autostrada vicino Patti, vorrei notizie sullo stato di salute di Genéviènne." "Vorrei conoscere perchè lei si trovava sul luogo dell'incidente, mia moglie è mancata di casa per molti giorni, lei ne sa niente?" "Sua moglie mi ha riferito della vostra separazione e che conducete vite separate e quin di non è il caso che faccia il marito geloso, i miei rapporti con la sua ex moglie non dovrebbero riguardarla più di tanto!" "In ogni caso lei non ha titolo a far visita a Genéviènne, non le concedo il mio nulla osta." "Mi permetta di insistere, io tengo molto alla sua ex moglie in ogni caso intendo rivederla e starle vicino." "Le ho già detto che non ho intenzione di assecondarla, il nostro colloquo è finito." "Su questa affermazione ho seri dubbi, la prego di recedere da questo suo atteggiamento, sono in possesso di un nastro, consegnatomi dalla sua ex ripeto ex moglie in cui sono incise conversazion interessanti fra lei, la sua amica Dorella e un certo Lollo amico e paesano della sua fidanzata, ne esce fuori un quadretto non certo edificante della sua persona..." Il viso del dottor C. aveva assunto un colorito terreo, gli occhi esprimevano un profondo odio nei confronti di Al che lo fissava in viso in segno di sfida. Tindaro capì di essere in trappola e di dover cedere, invitò Al nella sua stanza. "Non intendo che avvengano pettegolezzi da parte del personale di questo nosocomio, se le permettessi di venire a trovare Genéviènne tutti si domanderebbero quali sono i vostri rapporti, preferisco farla trasferire in una clinica privata, mia moglie è in coma, forse irreversibile... le farò sapere notizie, nella buca delle lettere troverà il nome della casa di cura dove potrà andarla a visitare, ed ora sparisca!" Il dottor C. fu di parola, fra la postaAli trovò una scritto lapidario: "Contatti il professore P. della clinica 'Cremona." Quella frase sembrava una fucilata sparata con odio, forse sapere che un estraneo conoscesse il suo privato aveva mandato in bestia il buon, quale buon quel fetentone di Tindaro che era stato costretto a compiere un'azione non di suo gradimento. Il professor Santi P. ricevette Al nel suo studio, dimostrò subito la sua signorilità alzandosi in piedi all'ingresso di Al, anche il sorriso dimostrava la sua personalità positiva. "Il dottor C. mi ha reso edotto della situazione della signora Genéviènne, parlo del privato, sulle sue condizioni di salute purtroppo non ci sono prospettive a breve termine, non risponde alle sollecitazioni, il colpo al capo è stato violento. Forse la vicinanza di una persona, come dire, a lei cara potrà aiutarla ad uscire dal coma, le parli a lungo come se fosse in condizioni normali, le faccia ascoltare della musica a lei gradita, voci di amici comuni insomma tutto quello che la riporti al suo...al vostro passato, per quello che è in mio potere sono a vostra disposizione." Gi ringraziò il prof.P, era stata una piacevole sorpresa aver conosciuto una persona dai modi signorili, una rarità! Ge era stata trasportata in una stanza, l'ultima del terzo piano, forse una precauzione  per evitare che persone estranee alla clinica passassero dinanzi alla sua stanza e ponessero domande indiscrete. Al si preparò mentalmente al primo approcci con Ge ma non abbastanza da non rimaner shoccato dalla sua visione: era pallida, smagrita, occhi chiusi ma quello che più colpì Al era la sua assoluta ed ovvia immobilità, lei il simbolo della gioia di vivere! Dopo che l'infermiera chiuse la porta alle sue spalle Al restò in piedi ad osservarla: Ge aveva un tubicino che le usciva da un braccio, sicuramente l'alimentazione ed un tubo collegato dalla sua bocca ad una macchina per la respirazione, un monitor segnalava la frequenza cardiaca ed altri parametri, una scena straziante alla quale Al capì di doversi abituare. Si seddette su una sedia a fianco del letto, le prese una mano, l'avvicinò alle labbra, rimase in questa posizione per assaporare la sua fragranza. Il bussare alla porta d'ingresso, un infermiera: "Devo massaggiare la paziente per evitarle piaghe da decubito, se vuole può restare." Al si ritirò in fondo alla stanza, l'inferniera dimostrava professionalità ed esperienza, spostava il corpo di Ge con delicatezza prima su di un fianco poi sull'altro. Al la osservò attentamente: non molto alta, robusta, capelli biondi, occhi azzurri, non aveva l'aria di una donna mediterranea. "Mi chiamo Ingrid, verrò ogni mattina tranne la giornata di riposo settimanale. "Alberto M., vorrei..." Al aveva messo mano al portafoglio, Ingrid con un sorriso gli fece cenno di non voler accettare mance. Il primo giorno Al era confuso e non riuscì a prendere alcuna iniziativa. A casa preparò un piano di guerra, il vocabolo era appropriato, doveva sconfiggere quel maledetto coma, in greco significava sonno profondo, doveva svegliarla, farla rinvenire alla vita. Dagli occhi gli scesero lacrime di commozione, di rabbia, d'impotenza, strinse i pugni, era stato sempre un combattente nato, mai piegarsi dinanzi alle difficoltà, lo aveva imparato nella dura vita militare. Asciugò le lacrime, niente atteggiamento da sconfitto, andò nell'armadio, recuperò un lettore CD, trovò anche degli CD che aveva acquistato per rilassarsi, uno in particolare sembrava il pù adatto 'l'efficienza della mente' pensò: niente di più appropriato. Il giorno seguente di presentò alla 'Cremona', nessuna domanda all'ingresso, il prof. P. doveva aver dato disposizioni circa il suo ingresso in clinica. Entrò nella stanza, sedette su una sedia ad osservare Ge, alzò lo sguardo sul monitor che registrava i parametri delle funzioni, sembrava tutto regolare. Mise il lettore sul cuscino di Ge, la stanza fu invasa da suoni distensivi, Al le prese una mano, cominciò a baciarle le dita e ripensò...una contrazione allo stomaco, lacrime agli occhi, maledizione non poteva seguitare così, si stava distruggendo senza poter aiutare Ge, doveva seguire le istruzioni del prof.P.. Ingrid fu puntuale, erano le dieci, prima di iniziare i massaggi: "Non vorrei essere invadente ma penso che questa musica non sia adatta per dame, forse serve più a lei, frau ha bisogno di sensazioni forti per uscire dal coma." Cacchio non  ci aveva pensato, guardò Ingrid negli occhi: "Grazie, le sono molto grato, se può darmi qualche consiglio l'accetto volentieri, frau, come dice lei, mi è molto cara..." "Lo vedo dalla sua espressione, può provare con voci di persone conosciute, anche mezzi visivi purchè con sottofondo di musica e parole, anche stimoli tattici, la tocchi e, se mi permette dati i vostri rapporti, può anche baciarla delicatamente..." Ingrid era diventata rossa e si era recata in bagno, era in imbarazzo, piuttosto strano per in'infermiera. A casa Al pensò a lungo quale musica far ascoltare a Ge, gli ritornò in mente quell'incontro particolare avuto con la bionda a casa sua, gli vennero in mente le melodie di Ravi Shankar, non aveva quei CD, si vestì in fretta e in macchina raggiunse il centro città, lo trovò nel secondo negozio di dischi. Ormai la vita di Al era: casa ‐ clinica, Nadia era stata informata della situazione e seguitava ad effettuare i servizi di casa come sempre, domandava notizie di Ge e, una volta, accennò a delle persone strane che frequentavano l'appartamento del dirimpettaio, per quanto potesse fregarne ad Al... ormai Tindaro aveva la casa tutta per sè, si dava alla pazza gioia! Anche le musiche si Ravi Shandar non incontrarono l'approvazione di Ingrid: "Sono ripetitive e configurano un'atmosfera sensuale, trovi qualcosa di più vigoroso, se la sua... frau è un'appassionata di motori potrebbe provare con la registrazione di una corsa di formula uno, anche di moto, deve essere uno shock per combattere quello subito nell'incidente." Ancora una volta Ingrid aveva fornito un suggerimento valido, Al seguì il consiglio dell'infemiera, avvicinò la sua bocca a quella di Ge, le sue labbra erano fredde, una sensazione spiacevole. A casa trovò delle cassette su cui aveva registrato varie corse di formula uno, le provò tutte, scelse quelle in cui era più accentuato il rumore dei motori ma sorse una problema: non aveva l'attrezzatura per passare le cassete in un lettore, sicuramente era meglio che fossero poiettate anche delle immagini e non solo dei suoni. Telefonò in clinica per conoscere se fosse disponibile un televisore con un riproduttore di DVD, ne erano sprovvisti. Gi decise di comprarne uno nuovo, di corsa a piazza Cairoli in un  fornito negozio di elettrodomestici, contattò la direttrice della sala, secondo la donzella il suo problema era facilmente risolvibile. Gi fornì l'indirizzo della clinica, il numero della stanza dove trasportare il materiale e contemporaneamente telefonò alla casa di cura per informarli dell'acquisto; si sentì, sollevato, sperava di aver migliorato la situazione. Dopo cena scese nel cortile. aveva intenzione di girovagare un pò con la Jaguar, non se la sentiva di rintanarsi tutte le sere in casa. Passò dinanzi al posto macchina di Ge, vuoto naturalmente, chissà se quel bisonte del marito aveva provveduto a far rimuovere la Peugeot ma in fondo che gliene poteva fregare... Preferì un itinerario insolito, si diresse verso Messina sud sulla strada statale 114, un caos indescrivibile, quello era il motivo per cui aveva deciso di acquistare un'abitazione a Messina nord, a parte che quest'ultima zona era più signorile. S'incolonnò nel traffico, tutt'attorno automibilisti imbufaliti suonavano il clcson in continuazione come se quel gesto potesse migliorare la situazione, una nevrosi colletiva! Da lontano Al intravide una facciata illuminata da un neon con la scritta 'Multisala'. Si fermò al parcheggio, non desiderava rientare a casa. Alla cassa la bigliettaia: "Signore che film desidera vedere?" "Mi dia un biglietto qualsiasi..." La perplessa cassiera gli consegnò un biglietto: "Sala A, la scala a sinistra, la prima porta che incontra." La sala era semivuota,, Gi scelse un posto all'ultima fila e si sbracò, la poltrona era comoda, un gomito su un bracciolo, il viso appoggiato sulla mano sinistra. Si appisolò ma per poco, l'altoparlante era stato posto vicino a lui, il volume troppo alto lo svegliò da un leggero torpore, stava per andarsene quando sullo schermo apparve una bionda velata, non alta, che giaceva su un sofà languidamente sdraiata, musica orientale, un califfo o qualcuno similmente vestito si stava avvicinando alla sorcona con intenzioni facilmente intuibili e infatti... La scena lo riportò a quella famosa avventura procacciatagli da Ge, chiuse gli occhi e ripercorse tutte le fasi del loro eccitante incontro, talmente eccitante da far risvegliare 'ciccio' dormiente dal giorno dell'incidente. Strana situazione, 'ciccio' vista l'inutilità del suo risveglio, ritornò, malvolentieri, nel mondo della realtà. Uscì dalla sala prima della fine del film, passando dinanzi alla cassiera si beccò altro sguardo interrogativo della stessa. Durante il tragitto di ritorno gli venne in mente di rintracciare quell'amica bionda di Ge, rintracciare, ma come? Non conosceva nemmeno il suo nome. È risaputo che la necessità aguzza l'ingegno, Al ricordò di essere ancora in possesso della valigia e della borsetta di Ge e, giunto a casa, si mise a frugare ma nella valigia non trovò nulla oltre agli effetti personali, annusò la vestaglia ancora impregnata del suo odore, una tortura, le scaraventò nella valigia con rabbia. Miglior fortuna ebbe nel rovistare nella borsetta, un'agenda in pelle color rosa antico con  una rubrica. Trascrisse su un foglio di carta solo quelli femminili, erano una diecina e questo non lo aiutava molto, il giorno dopo avrebbe ripreso il suo antico mestiere di segugio con qualche difficoltà dato che in rubrica erano riportati solo i nomi di battesimo ed il numero telefonico delle varie dame. Primo nominativo: Alessia, nome intriso di nobiltà ed anche un pò snob, in ogni caso non certamente siciliano. "Pronto vorrei parlare con la signora Alessia." "Signora Alessia assente, scrivo suo nome." Ci mancava pure la domestica filippina, che messaggio poteva lasciare? Quale messaggio, doveva conoscere qualcosa di più sulla titolare di quel nome. "Sono Arturo il suo parrucchiere, la signora doveva venire oggi a tingersi i capelli di biondo." "Sognora già bionda, si trova in negozio di bestie in viale Libertà, ciao." La fantesca l'aveva messo sulla buona strada, doveva percorrere tutto il viale per scovare il negozio di animali. Scese con la macchina in viale Annunziata, percorrendo viale della Libertà scorse un negozio di animali ma, per essere sicuro che non ce ne fossero altri, percorse tutto il viale sino alla Prefettura e ritornò indietro, negozio unico e solo, non poteva sbagliare. Fuori del locale c'erano conigli in gabbia, cuccioli di cane in un contenitore di plexigas intenti a giocare fra loro,  piccoli pappagalli in una stia ed uno, di grandi dimensioni dai colori vivaci, un pò spelacchiato appollaiato su un trespolo con una catenella legata ad una zampa. Gi ebbe una pessima impressione, per lui gli animali erano simbolo di libertà. Entrando nel locale alla sue narici pervenne un olezzo penetrante indice di poca pulizia, in fondo gabbie con tartarughe, gatti e poi cani di taglia più grande ammucchiati all'interno di un recinto. Quella signora corpulenta di mezza età non aveva nulla in comune con le deliziosa biondina del suo incontro. Madame gli si fece incontro con un sorriso approntato per un probabile cliente. Notevolmente nauseato Al: "Signora mi occorre un alano ma non ne vedo in giro." Il sorriso si spense sul viso della dama,: "Signore è una razza che non trattiamo, scelga fra le altre, troverà un animale di suo gusto  "Grazie, volevo un alano." Rientrato fra le mura domestiche Al si interrogò: che senso aveva  cercare una donna quando Ge...si scaricò addosso tutti gli aggettivi dispregiativi di sua conoscenza! Il giorno dopo, entrando nella camera di Ge, trovò Ingrid controllare i vari tubi fonte di vita artificiale per Ge, mostrò all'infermiera i DVD e li depose nell'étagère sutto la tv. "Proviamo per primo Monza, è un circuito veloce e rumoroso e, in sottofondo, il tifo degli spettatori. Gi alzò il volume al massimo., avvicinò il suo viso a quello di Ge cercando di scoprire eventuali reazioni. Dopo circa un quarto d'ora GiAl guardò interrogativamente Ingrid. "Non può sperare in un effetto subitaneo, ho esperienza in questo campo, ci può volere molto tempo, tutto dipende dal trovare il giusto stimolo, proviamo altri due giorni poi cambieremo programma." Al mise al corrente il prof. P. dei suoi tentativi, il direttore fu d'accordo e gli suggerì anche di parlare a lungo con Ge raccontandole qualcosa del passato e mettendola al corrente degli ultimi avvenimenti. Il terzo giorno Al si sedette sul letto di Ge, le prese una mano e cominciò a ricordarle come si erano conosciuti, tutti i particolari soprattutto quelli più esilaranti riguardanti loro due e poi le scene, ascoltate attraverso le microspie, di suo marito, di Dorella e di Lollo. Nei giorni successivi Al parlò dei primi anni della sua vita, le prime esperienze con le ragazze.