Alberto Il Detective

Alberto Manzoni (nessuna parentela col celebre scrittore) apparteneva alla Polizia Tributaria di una città lombarda, rivestiva il grado di  Luogotenente, specializzazione: verifiche tributarie. Era stimato dai superiori di grado sia per la sua competenza professionale che per la correttezza in servizio. In passato alcuni suoi colleghi avevano visto il ‘sole a strisce’ per aver incassato tangenti. I cotali, oltre a dimostrarsi disonesti avevano peccato di ingenuità, avevano intestato beni immobili a loro stessi ovvero a parenti stretti. A trentotto anni, ancora scapolo per libera scelta aveva affittato un monolocale per evitare di dormire in caserma e dover sopportare i rumori tipici, vitto  alla mensa del Comando. Il motivo era anche un altro, voleva poter essere libero di invitare a fargli ‘compagnia’ qualche signora o signorina che aveva modo di conoscere durante i servizi. In giro per la città soprattutto quando indossava la divisa,  grazie anche al suo metro uno e ottanta riusciva ad attirare l’attenzione di qualche lombarda disponibile. Talvolta si recava a casa delle interessate, più spesso nel suo rifugio. Era entrato in confidenza col portiere dello stabile dal classico nome lombardo di Ambrogio. Una mattina Alberto, dopo una notte passata con una milf (signora non più giovanissima ma finanziariamente generosa), nel transitare dinanzi alla guardiola vide il portiere con la testa fra le mani. “Ambroes che problemi hai?”“Beatt luu che nò ha fioeu!” “Non mi dire che hai di nuovo la moglie incinta…allora proprio non sai  scopare, tieni cinquanta Euro, comprati tanti preservativi!” Il portiere era cattolico osservante come pure la consorte, ora i pargoli avrebbero raggiunto il numero di cinque! Si avvicinavano la vacanze di Natale, in Lombardia la nebbia era di casa, Alberto preferiva la pioggerellina romana, ottenne trenta giorni di licenza, si ‘imbarcò’ sulla vecchia sua Giulia con cui aveva percorso tanti chilometri. Affezionato al marchio Alfa Romeo avrebbe voluto acquistare una  ‘Stelvio’ ultima nata in casa A.R. ma il prezzo era superiore alle sue disponibilità finanziarie. Diretto a casa sua nella capitale, partì dopo pranzo quando la nebbia aveva lasciato il posto a qualche squarcio di sereno. Stava arrivando alla sua abitazione in via dei Serpenti quando, fermo ad un semaforo fu tamponato da un’auto. Sceso dalla Giulia, accertò lievi danni al posteriore alla sua auto, alla guida dell’auto investitrice, una Volvo 60, una un uomo di mezza età che stava quasi piangendo. “Non posso fare denunzia alla mia assicurazione, è il terzo incidente che provoco in un mese, non mi rinnoverebbero la polizza,  rischio anche il ritiro della patente. Questo è il mio biglietto da visita, faccia lei.” I danni sono lievi, nessun rimborso, sono un Luogotenente della Polizia Tributaria vada pure.” “Mi venga a trovare in ufficio.” Arrivato a casa grandi feste da parte della madre Lucrezia e della nonna Ottavia (Era l’ottava di otto figli). “Mamma stai diventando una palla, guarda tua madre a ottant’anni un figurino.” “Sono magra come un uscio” La vecchia parlava col classico accento e dialetto viterbese, era nata e vissuta a Grotte di Castro dove aveva insegnato lingue alle scuole medie sino al giorno dell’invio in pensione. Alberto cercò di rintracciare dei vecchi compagni di scuola, nessuno dei loro cognomi risultava nell’elenco telefonico. Stanco dei pranzi e cene materni  prese una decisione draconiana: ‘Domani digiuno assoluto.’ Scese in strada, salì in macchina e, aprendo il cassettino del cruscotto rinvenne il biglietto da visita consegnatogli dall’investitore della sua Giulia. ‘Cav. Ermanno Colombo – Agenzia di Investigazioni Private – ‘Le Orme’ – via Urbana n.21 – Roma. Alberto pensò di andare a trovare il cavaliere, raggiunse la via Urbana, posteggiò, citofonò al numero 21. Voce di donna: “Desidera?” “Il cavalier Colombo, ho un suo biglietto da visita. “ All’apertura della porta d’ingresso una bruna alta, gradi occhi, sicuramente una sud americana. Nel frattempo si era appalesato il titolare: “L’aspettavo, mi fa piacere che sia venuto, venga nel mio ufficio.” “La vedo più rilassato, forse l’aria natia?” “Proprio così purtroppo non ho trovato nessuno dei vecchi compagni di scuola.” “Se ne farà di nuovi, le confido che mi piacerebbe associarlo al mio studio, gli anni  cominciano a pesarmi e poi mi farebbe comodo avere uno specialista in materie tributarie, io e mia figlia Isabella, laureata in giurisprudenza, unitamente a Daiana Da Silva una brasiliana, trattiamo i soliti argomenti: a richiesta dei clienti solite indagini  ed  accertamenti i soliti  per un investigatore privato, mi manca però una persona pratica di materie tributarie, lei sarebbe la persona adatta.” “Lasciare il certo per l’incerto…” “Le posso assicurare che non le mancherebbe il lavoro ed il guadagno, la mia agenzia gode di buona fama, ho risolto casi complicati, ci pensi, la invito a pranzo.” “Cavaliere mia madre mi sta facendo diventare un porcellino, per oggi ho deciso un digiuno totale.” “Allora l’invito è per domenica prossima a casa mia, abito qui vicino in via Arenula 65.” Alberto seguitò a fare il turista per Roma, erano sorti nuovi quartieri che lui non conosceva, ma la vecchia Roma era sempre là. Passando vicino al Colosseo rammentò quando studente del liceo scientifico in via Cavour faceva ‘sega’ a scuola e con i suoi compagni  si recava al  vicino Colosseo, verso sera rientrò a casa.  “Ero in pensiero per te, sarai affamato!” Inutile spiegare alla genitrice che ancora doveva digerire i passati pasti, si sdraiò sul divano dinanzi al televisore e si addormentò. Si svegliò la mattina al caldo di due coperte, la madre aveva esagerato con le premure. “Mamma mi hanno offerto un posto di lavoro a Roma, sono indeciso…” “Chi lascia il lavoro vecchio per il  nuovo sa quello che lascia ma…” “Ho capito, sei una conservatrice, deciderò da me.” Alberto si presentò a pranzo la domenica mattina a casa del cavaliere in via Arenula, un mazzo di fiori bianco per Elisabetta la padrona di casa, un mazzetto di violette per la figlia Isabella, restò a mani vuote Daiana.  “Scusa, ho dimenticato  la tua presenza, ti ricompenserò con un passaggio sulla ‘Stelvio’ che intendo acquistare con i soldi dell’ingaggio del cavalier Colombo!” “Benvenuto fra di noi, domani stesso potremo andare dal concessionario dell’Alfa Romeo mio conoscente.” Alberto fu fortunato, trovò una ‘Stelvio’ color rosso con tutti gli optionals, una meraviglia.  Provvide ad inoltrare al suo Comando di Milano la domanda di invio in pensione allegando tutti i documenti necessari, dopo una settimana gli giunse a casa il Foglio di Congedo, in fondo gli dispiaceva aver abbandonato la divisa ma ormai… Si installò nell’ufficio del cavalier Ermanno dove trovò per lui una scrivania in aggiunta a quella del titolare che: “Anche se non penso ce ne sia bisogno voglio illuminarti sul nostro lavoro: prove scritte e fotografiche richieste dai clienti, accertamenti sui comportamenti dei dipendenti e in generale di ogni persona, separazioni legali, affidamento dei figli, assenteismo in servizio, investigazioni anche in ambito penale insomma tutte le indagini possibili ed immaginabili sempre nell’ambito della legalità, ad alcuni miei colleghi hanno ritirato la licenza per loro comportamenti scorretti, ed ora visione delle pratiche in sospeso.” Alle tredici pranzo nella vicina trattoria dove la sora Lella si fece onore, Alberto assaggiò metà delle abbondanti razioni di ogni piatto. Al tavolo erano in quattro, Alberto poté dedicarsi all’esame delle due dame: Isabella aveva un bel viso da adolescente, non dimostrava i suoi trenta anni, capelli castani come pure gli occhi, seno non eccessivo, gambe affusolate. La brasiliana  Daina aveva tutte le caratteristiche delle donne della sua terra, lunghi capelli neri sparsi sulle spalle, bel viso con grandi occhi, seno prorompente, classico sedere e gambe chilometriche, coi tacchi superava in altezza. Alberto che  si rammentò della promessa fattale e la invitò  a fare un giro con la Stelvio. “Dove preferisci che vada?” “Fuori Roma, in campagna, io sono nata campagnola, il mio paese Azul si trova vicino Buenos Aires.” Daiana si era abbigliata tipo sfilata del Carnevale di Rio, era molto appariscente, fece un certo effetto a ‘ciccio’ che fu tacitato dal ‘titolare’. La vicina di macchina se ne accorse, fece finta di nulla. Giunti in un spiazzo lontano dal traffico Alberto fermò la Stelvio, si accorse che Daiana aveva un’espressione particolarmente triste. “Voglio svelarti il mio segreto, sono un trans, è la tragedia della mia vita. I miei genitori non hanno accettato sin dalla mia nascita questo mio stato, sono stata allevata in un orfanotrofio dalle suore che mi hanno fatto studiare sino al diploma di liceo classico, ho imparato oltre al portoghese anche l’inglese e l’italiano. Sono giunta in Italia per un caso fortuito, il cavalier Colombo era a Rio del Janeiro in vacanza a casa di un suo parente, il dottor Gabriel, ero la baby sitter dei suoi figli. La polizia brasiliana al contrario di quanto si possa credere non è tenera con  i trans, chiesi al cavalier Ermanno di portarmi con sé in Italia. Il dottor Gabriel acconsentì e tramite un amica pure lei trans impiegata al Ministero ottenni un passaporto in cui risultavo donna. Ho imparato la professione di detective, la mia nazionalità mi è utile per indagare in certi ambienti particolari, non mi posso dire felice ma almeno sono serena.” Daiana stava piangendo, Alberto preso da compassione la abbracciò ma ‘ciccio’ sempre all’erta si alzò in tutta la sua altezza, fu introdotto in una bocca caliente con ovvia conseguenza, Daiana fece il pieno di ‘vitamine’. La cosa non finì lì, Alberto penetrò nel popò della brasiliana che sfoderò una battuta amara: “Scusa se non ti faccio entrare in fica!” Al ritorno in ufficio Isabella li ‘sgamò: “Belli di zia vi si legge in faccia!” “Sento un po’ d’invidia nel tono tua voce!” “Se voglio un uomo ne trovo quanti ne voglio, andate da mio padre che ha un diavolo per capello…” “Cavaliere…” “Lascia stare i titoli e dammi del tu, tramite un amico sono venuto a conoscenza che domani avrò una visita della Guardia di Finanza, controlla le mie carte!” “Alberto di mise al lavoro, accertò un disastro nella contabilità, guardò in viso Ermanno che comprese.”Cercherò di tappare i buchi, la tua contabilità è un ginepraio, mi ci vorrà tutta la notte per dargli una sistemata.” Alberto lasciò un biglietto sulla scrivania di Ermanno ‘Penso di essere riuscito a regolarizzare la contabilità in meglio possibile, vado a casa a riposarmi, se arrivano i miei ex colleghi chiamami.” Arrivò una pattuglia al comando di un Luogotenente, Alberto avvisato giunse in ufficio dopo una mezz’ora, si presentò all’ex collega che per caso era un suo compagno di corso, la cosa facilitò di molto la verifica, Cesare Mattioli, questo il suo nome, sorpassò su tante  infrazioni, stilò un verbale con cui furono constate solo piccole omissioni.  A casa sua, dopo due giorni, il Natale era vicino, giunse un cestino grossissimo contenente dolci, un classico panettone,  cioccolato e due bottiglie di spumante.  Isabella abbracciò Alberto: “Non so come sarebbe finita senza il tuo intervento!” “Vorrei una ricompensa fattiva…” Alberto era stato chiaro ma aveva messo in crisi la damigella che pensava alla liaison fra Alberto e Daiana. Non se ne fece nulla, rientrando a casa arrabbiato: “Mammina pensi solo a mangiare, immagino il menù per le feste, da domani tutto cambia: pane e pasta solo integrali, grandi contorni di insalata senza sale, con poco olio e tanto succo di limone, molto pesce soprattutto quello azzurro, niente carne rossa, solo pollo e coniglio, condimenti pomodori semplici, per frutta solo mele quelle verdi e kivi.” A Lucrezia venne da piangere, che era successo a suo figlio, quel tono imperioso, tuttavia seguì i suoi ‘ordini’. Nonna Maria si espresse in latino. “Ab hodie nova incipit vita!