Capodanno: Botte di piacere 2

LA SECONDA ‘BOTTA’

L’uomo si avvicinò all’auto e aprì lo sportello:
«L’ho mandato a cercare delle sigarette… ci metterà un po’.» mi guardò allegro «Tutto bene? Vi siete divertiti?» Io diventai rossa come un peperone, nella foga del piacere non avevo proprio pensato a quanto equivoca fosse la mia situazione. Quell’uomo sapeva perfettamente che ero rimasta lì per essere scopata, una confidenza veramente eccessiva ci legava.
«Hai fatto la pipì? Qui ti puoi liberare, non c’è proprio nessuno stamattina.»
Effettivamente, sia per il freddo che per il sesso sentivo il bisogno di farla una bella pipì, per liberarmi la vescica.
«Scendi,» disse «dai non fare la schizzinosa… non ti guardo, non ti preoccupare…» e intano sorrideva beato e sicuro di sè. Scesi per cercare a mia volta un posticino appartato ma non pericoloso; in realtà ero anche assai costipata per la notevole quantità di liquido che il fratello mi aveva riversato in corpo, appena pochi istanti prima.
Era quasi mezzogiorno, ma era il primo di gennaio, quindi faceva un bel freschino e io ero a gambe nude, solo col golfino e la mini. Cercai di fare in fretta, stando attenta di non essere seguita. Mentre spingevo per orinare, sentii dei rumorini dal culetto: lo sperma traslucido veniva fuori copioso insieme ai mie umori lubrificanti… in pratica: ero inzuppata proprio per bene!
Da dietro l’albero più vicino spuntò una ma mano tesa, stringeva un rotolo di carta igienica, e sentii la voce del nostro “autista” improvvisato:
«Ti serve?»
Che domande, era provvidenziale; mi mossi come una rana zoppa per non sporcarmi, riuscii con un guizzo a prendere la carta, ma non feci in tempo a gridargli di non guardarmi, che quello già sbirciava, canzonandomi col suo sorriso sicuro.
«Dai, non te la prendere… mica sei la prima ragazza a cui vedo la passerina.» Ormai ero sputtanata su tutti i fronti con quell’uomo, che significato poteva a vere mostrarsi ipocritamente pudica? Sbuffai e fregandomene di lui, mi coprii alla meglio con la gonna e mi pulii, gettando poi la carta dietro un cespuglio.
«Fine dello spettacolo… contento?» dissi senza rabbia.
«Ma dai, non fare la difficile, dopotutto è naturale, è tutto naturale: fare la pipì, fare l’amore… tu sei una bella ragazza, molto “bona” nonostante l’età, vuoi che un maschio non ti guardi? Non ti desideri?»
Camminavo davanti a lui e ne sentivo lo sguardo sulla nuca e sulle chiappe, e in quell’istante imparai un altra cosa sulla mia femminilità che non sapevo… una donna è diversa dall’uomo solo a chiacchiere e solo fino a un certo punto, quando la vicinanza del maschio superava certi “limiti” di sicurezza, quando l’eccitazione era tanta, anche una donna può desiderare semplicemente il sesso. Un piacere nudo e crudo. Tutt’altro che l’amore, le cotte e i sentimenti sublimi… in certi momenti una donna a voglia di cazzo, voglia di essere sbattuta con forza, voglia di godere e di gridare mentre sta godendo!
Dopo l’inculata, la prima della mia vita, ero rimasta su di giri, sessualmente parlando ma cosa significasse questo per i miei ormoni ancora non potevo saperlo.
Il fratellone del mio ragazzo, invece, doveva essere un vero esperto: agiva con calma, senza incalzarmi né darmi fretta, ma con determinazione e sicurezza.
Mi accompagnò fino alla macchina e mi fece sedere.
«Ecco, in macchina stai più calda.» disse, mentre con la manovella faceva scorrere in basso tutto il finestrino. Si guardò prima intorno per controllare, poi senza aggiungere altro, si appoggiò allo sportello e con disinvoltura si aprì la patta e tirò fuori il suo cazzo.
La mia mente era scioccata da tanta sfacciataggine ma il mio corpo di femmina eccitata la pensava diversamente; come se avessi dovuto portare a termine un dovere, un incombenza, accettai la situazione… e allungai la mano verso quel cilindro di carne, barzotto e bollente. Il pene del fratello era di tutt’altra misura, era lungo e spesso, la pelle intorno era scura, lo scroto gonfio e grosso: meraviglioso e possente nella sua oscenità. Quando lo toccai aveva la consistenza della seta, le grosse vene che gli giravano intorno si gonfiarono, mentre il membro cresceva. La sua punta ora tesa, gonfia e rubizza sembrava una piccola mongolfiera, mentre s’innalzava irrigidendosi al tocco delle mie dita.
Mi sollevai il giusto per assaggiarlo, prima timidamente, poi con decisione. A pochi minuti di distanza facevo il mio secondo bocchino e per giunta a un uomo diverso: non c’è che dire, per essere timida e imbranata avevo cominciato alla grande!
Questo pompino fu diverso, però… non era accennato ma convinto e deciso. Lo volevo, lo desideravo in bocca e me ne saziavo, esagerando nell’ingoiarlo fino a sentire allargarsi la gola, fino a provocarmi, senza ritegno, conati di vomito e rigurgiti di saliva. Sembravo assatanata di cazzo… e lo prendevo senza reticenze, quasi con gioia.
L’uomo mugolava e si inarcava in avanti, sollevandosi sulla punta dei piedi dal piacere.
Me lo trasse di bocca quasi con forza, poi aprì lo sportello e mi fece scendere. Mi prese per mano e mi tirò verso il cofano della vettura. Con modi spicci mi spinse in avanti, facendomi chinare sul metallo freddo.
Adesso era assai arrapato, aveva fretta e si guardava intorno come una spia; forse lui stesso non pensava di spingersi tanto oltre con me, forse si preoccupava davvero che il fratello tornando ci vedesse insieme. In effetti sarebbe dispiaciuto anche a me, ma chi ci riusciva a sottrarsi a quel cazzo enorme e teso? Come lo scettro di un re aveva potere sul mio sesso.
Non parlai, non mi ribellai, nonostante avessi la figa che sbrodolava, ebbi timore per il mio povero culetto, il cazzo dell’uomo era più del doppio di quello del “fratellino”.

Ma avevo sbagliato i conti di brutto, l’uomo alle mie spalle non era interessato al culo. Mi ficcò la capocchia tra le grandi labbra e poi spinse, trovandomi tutta bagnata, perfettamente lubrificata. Capii troppo tardi come stavano andando le cose, non riuscii a parlare, a fermarlo, nemmeno con le mani, che cercai di tendere all’indietro per bloccargli i fianchi.
Con un solo colpo, preciso e sicuro, lui mi sfondò completamente, distruggendo il mio prezioso imene come fosse un foglio di carta velina. Più che da un dolore venni invasa da un calore tremendo, che mi attraversò dentro, dall’inguine fino alla testa. Non saprei dire se lui capì che ero vergine ma ormai la frittata era fatta e non si sarebbe più fermato. Io iniziai a provare un piacere che nemmeno conoscevo, mi accasciai addolorata e felice sotto il cazzone che mi viaggiava in corpo.
Cominciai a venire; l’orgasmo a lungo trattenuto mi esplose dentro e iniziai a mugolare di piacere senza riuscire a controllarmi più. Lui era bravo, bravissimo. Mi fece arrivare a lungo, poi, non avendo alcun preservativo, al momento giusto lo tirò fuori e mi fece girare. Riuscii a malapena a salvare la maglietta, calandomela sotto i seni. Accovacciata davanti al suo cazzo venni irrorata da fiotti di sperma bollenti, che mi flagellavano i seni, le labbra, il volto; goccioloni biancastri mi arrivarono persino tra i capelli arruffati dal sesso.

Tornai in macchina sconvolta e sfinita. Ancora una volta la carta igienica risultò provvidenziale.
Non parlammo. Non dicemmo una parola… eravamo più estranei che mai, adesso. Dopo il fattaccio.
Ora che ero tornata in me mi pentii di quanto ero stata disponibile, di quanto ero stata zoccola. Mi sentii sporca nei confronti del mio “amore”: quello che doveva essere il coronamento erotico del nostro giovane amore platonico si era trasformato in una vera porcata… e non potevo certo incolpare solo il fratello maggiore, per quanto si fosse comportato come una merda. Io ero complice… e me l’ero goduta tutta, dovevo ammetterlo. Persino peccare in quel modo insano mi aveva provocato scosse di piacere.
Qualche istante dopo il mio lui tornò. Era silenzioso; non sapevo se avesse visto qualcosa; magari aveva solo capito.
Passai dietro, sul sedile. In silenzio l’altro mise in moto e andammo via lentamente dal Bosco.
Ero spossata, dispiaciuta e confusa. Il rollio della macchina sull’acciottolato e il tepore del riscaldamento mi fecero assopire per qualche istante, sul comodo sedile posteriore.
Arrivati nel nostro quartiere aprii immediatamente gli occhi, non avevo veramente dormito. Adesso non desideravo altro che correre a casa e chiudermi in camera mia.
Il fratello discese e si allontanò in fretta, Gianni, invece era girato verso di me e mi fissava in maniera strana. Non sembrava più il ragazzino per il quale avevo perso letteralmente la testa; ora mi fissava con sguardo adulto, quasi cattivo.
Poi, con freddezza, mi disse:
«Guarda che sei sporca… lì!» lo disse con chiarezza, senza emozione… ma io arrossii pur non comprendendo subito, infatti mi passai la mano nei capelli e sulla maglietta, istintivamente.
Non trovai tracce di bagnato… poi intuii e abbassai lo sguardo.

Da sgualdrina quale ero diventata in quelle poche ore, ora non stavo più nemmeno attenta a chiudere le cosce. Mentre sonnecchiavo la mini era salita su, molto su, lasciando esposta la mutandina… sulla parte centrale, quella tra le cosce, c’era una grossa macchia rossa di sangue fresco. Saltai indietro per aggiustarmi, per coprire il misfatto… ma inutilmente: Gianni era già andato via e, da quella mattinata assurda, non lo rividi mai più.

EPILOGO

«Signurì, bentornata!» mi gridò dietro il portiere, che mi conosceva da bambina «Mado’ e come site cresciuta, comme ve site fatta bella…» nonostante fosse vecchio guardò con bramosia le mie cosce troppo scoperte per quell’ora del mattino. «E o’ Veglione? Com’è andato? Ve site divertita? Avete sparato?»
Sorrisi impacciata, per cortesia, mi allontanai mentre dicevo, più che altro a me stessa:
«Si… solo due “botte”… ma molto forti… per cominciare bene l’anno nuovo!»