Che dici? Apro?

La stuoia vegetale non trattiene aghi di luce colorati. Le palpebre fremono una ultima difesa, invano. L'immobilità del sonno profondo si dissolve man mano. Ritorna la coscienza del mio corpo. Il fragore delle onde, alla barriera corallina, si trasmette, da terra, con minime vibrazioni, al mio orecchio, poggiato sul cuscino. Un uccello manda due note, ritmate, incessanti.
‐”Che dici? Apro?‐ mi chiedo. Entro in una realtà sognata, o la centellino come una pozione salutare. L'odore acre del Baygon di ieri sera, perde al profumo del mango, tagliato a fette, sulla mensola, ed ora pasto per formiche e mosche. Fuori un tonfo, netto, sordo. Un cocco è precipitato dall'alto, staccato dal vento. L'abbaiare rabbioso del cane del custode. Il sibilo di una sega elettrica, a tratti. Il riso gorgogliante di una giovane dallo chalet accanto. Sa di felicità. Giunge dal forno il profumo del dolce al cocco. Si prepara le petit dejuner.                                                                                     
‐”Che dici, apro?”‐

da Un isola che c'è.