Delitto in casa Montalbano

Il tutto accadde nell’anno in cui la tradizionale rimpatriata dei Commissari, Tenenti, Marescialli, resi famosi da innumerevoli film, serie televisive, romanzi, si tenne a Vigata.
Proprio alcune settimane prima, tale paese aveva vissuto il suo momento di gloria eterna, entrando nel Guinness World Records, con la seguente motivazione: “In tempo di pace, Vigata ha raggiunto il numero più alto al mondo di vittime per morte violenta in rapporto al numero di abitanti”.
Il Comune contava 128 residenti e nell’ultimo quinquennio aveva totalizzato 256 ammazzatine.
Naturalmente le vittime ritrovate sul territorio comunale non erano tutte di Vigata, anzi, la maggior parte proveniva da Montelusa e dintorni.
Il sindaco era disperato e non capiva il perché di quell’attrazione fatale verso il paese da lui amministrato.
‐Ma tutti a Vigata devono finire gli sparati? ‐ ripeteva in continuazione.
Quel commissario Montalbano gli faceva girare un tanticchio gli zebedei: sembrava moltiplicare gli ammazzati, come Gesù con i pani e i pesci.
Per non parlare di quando incontrava gli altri sindaci: appena pronunciava il nome di Vigata, loro si toccavano senza alcun pudore.
La rimpatriata si tenne a casa di Montalbano, quella con vista sulla solitary beach.
Il primo ad arrivare fu Ezechiele Sheridan, investigatore della Polizia di San Francisco, squadra omicidi.
Si presentò con una cassa di bottiglie contenenti un liquido giallo paglierino.
Mii, che è questa roba? L’esame dell’urina delle 24 ore? Pensò Montalbano.
‐Hallo big boss Montalbano, ho portato un po’ di bottiglie di Biancosarti: l’aperitivo vigoroso. ‐ disse Sheridan mostrando la cassa. ‐ Volevo portare anche qualcosa da sgranocchiare, ma poi mi sono detto: la Sicilia manda olive e pistacchi in tutta l’America, e io che faccio? Li riporto indietro?
…Mi sembra tranquilla Vigata in questo periodo.
‐Ma lascia perdere,‐ rispose Montalbano, ‐ anche stamattina due ammazzatine.
Subito dopo arrivò Er Monnezza, profumato che sembrava un pesciarolo dopo dodici ore di lavoro con due orate sotto le ascelle.
Lui adesso era Nico Girardi, agente della Squadra antiscippo di Roma e ora lo chiamavano Er Pirata; ma la nomea di Er Monnezza gli era rimasta addosso: si vedeva e, soprattutto… si sentiva.
Salutò i presenti con un movimento dell’occhio che ancora era discretamente aperto e poi posò sul tavolo due teglie di focaccia romana.
‐E’ bona, è del Bonci. – Poi guardando le bottiglie di Biancosarti aggiunse: ‐Ammazza quanto siete antichi! Ancora con quell’aperitivo che pare piscio! Comunque non stiamo a fare i raffinati, basta che se beve.
A ruota di Er Monnezza o Er Pirata, fate voi, arrivò, alquanto confuso e trasandato, il Tenente Colombo, in forza al dipartimento di Polizia di Los Angeles squadra omicidi.
Salutò i presenti e poi, portando alla testa le due dita che stringevano un mozzicone puzzolente e insalivato, disse: ‐Un’ultima cosa, torno in macchina a prendere i sigari che ho comprato per voi a Montelusa.
‐Come minimo nel tragitto da Montelusa a qui ne avrà già fumati la metà. – chiosò Sheridan rivolto a Montalbano.
Mentre Colombo tornava alla macchina, fece il suo ingresso Rocco Schiavone, Vice Questore aggiunto di Polizia in servizio ad Aosta.
Faceva caldo, ma lui portava ancora il Loden e le Clarks modello Desert Boots.
Al che Montalbano pensò: Sheridan e Colombo si presentano con l’impermeabile, questo con il Loden, Er Monnezza con una tuta da meccanico e una capigliatura che pare un riccio di mare gigante; inoltre sono qui da pochi minuti e in casa c’è già un mix di odori pestilenziali, con sentori di sardine sotto sale.
Quando tutti furono seduti (chi sul sofà, chi da sol, chi là), si senti una strana canzone uscire dal telefonino di Montalbano: “Bang bang, io sparo a te/ Bang Bang tu spari a me/ Bang Bang vincerà/ Bang Bang chi al cuore colpirà...”
‐Pronto Montalbano sono!  Presentare si può?
‐ Maresciallo Vitrano sono! Della Caserma dei Carabinieri di Borgo San Vito. Qui fuori sto, aprire mi può?
‐E chi è sto Vitrano e soprattutto come cazzo parlate? chiese Colombo.
‐E’ il maresciallo di un romanzo di un certo Claudio Bro. – rispose Montalbano.
‐ E chi se ne frega! replicò Colombo.
‐ Te lo dico in neretto così capisci: Claudio Bro è un amicone dell’autore di questo racconto.
‐ Ah beh, allora cambia tutto, non stiamo qui a fare le pulci alle zecche! – disse Colombo chiudendo la discussione; poi di scatto si alzò e andò ad aprire la porta al Maresciallo.
‐ Buongiorno Vitrano, prego venga avanti, faccia come se fosse a casa mia. ‐ disse Colombo; poi, portando alla testa le due dita che stringevano un mozzicone di sigaro puzzolente e insalivato, in seconda battuta aggiunse:
‐ Un’ultima cosa, sono lieto di essere il primo a fare la sua conoscenza.
Che ruffiano sto Colombo!  Pensò Montalbano.
Trascorsero le prime ore del mattino come vecchi amici che si ritrovano tra i fumi di un’osteria di paese.
Le dodici bottiglie di Biancosarti, le olive, i pistacchi e la focaccia del Bonci, gli arancini, rigorosamente di Montalbano, si esaurirono a tempo di record.
Quando arrivò la pasta incasciata, preparata con tanto amore dalla domestica di casa, erano talmente sazi che nemmeno la sfiorarono.
Però ai cannoli e al passito “Morsi di luce” nessuno rinunciò; tranne, in un primo momento, il Tenente Colombo, che quando gli porsero il cannolo disse: ‐No grazie, fumo solo i miei sigari.
Nel pomeriggio Montalbano, per riempire il tempo (lo stomaco non ne aveva bisogno) fece venire a casa sua il Mago Silvan, che in quei giorni era in tournée a Montelusa. Non fu difficile convincerlo a fare uno spettacolo extra, gli bastò dire: ‐Montalbano sono!
Il mago avvolse il tavolo con un telo nero e sopra vi posò una cassa rettangolare in cui fece entrare la sua valletta, da una parte usciva la testa, dall’altra i piedi; poi, presa una grossa sega, tagliò a metà la cassa.
Al termine di quella operazione di grezza falegnameria, la aprì e in mezzo c’era il vuoto.
Mii, che brutta fine!   Pensò il padrone di casa. Un’altra morta ammazzata!
Già vedeva i titoli dei giornali in edizione straordinaria: “Delitto a casa del Commissario Montalbano”.
Ma guarda a cosa mi tocca assistere! Ma sto minchia di scrittore non poteva lasciarmi nel libro di Claudio Bro? Pensò il Maresciallo Vitrano.
‐Sim salabim! ‐ disse Silvan nell’atto di aprire in due la cassa.
Er Monnezza scattò in piedi e rivolgendosi al mago disse: ‐ Adesso per te sono uccelli per diabetici.
Così detto fece partire una palmata che colpì in pieno volto Silvan.
Il povero mago fece tre giri su sé stesso e poi stramazzò al suolo.
‐Che botta che gli hai dato! E chi sei? Bud Spencer? – disse il Tenente Sheridan. ‐Ora però ci tocca chiamare Giucas Casella per svegliarlo.
‐Bravo! Bravo! – disse Schiavone a Er Monnezza. ‐ E adesso chi è che la rimette insieme sta donna?
All’improvviso, da sotto il tavolo, uscì la valletta che subito rassicurò i presenti, preoccupati più del danno di immagine che del delitto, a quello, del resto, c’erano già abituati: operavano nella squadra omicidi, mica nella sezione gattini scomparsi.
‐Ragazzi, tranquilli! E’ solo un trucco, sono ancora intera.
Montalbano tirò un sospiro di sollievo, ‐ Va beh, tutto è bene ciò che finisce bene, ma qualcuno apra la porta che qui c’è un’aria che fa schifo.
‐Un’ultima domanda, – disse il Tenente Colombo (facendo il solito gesto che non sto di nuovo a descrivere perché ormai l’avrete imparato a memoria), – un’ultima domanda: facciamo il caffè o scaldiamo la pasta incasciata?