Devoto servitore

I primi 4 capitoli del nostro libro "Devoto servitore ‐ Le ambigue interazioni tra una ricca signora e il suo maggiordomo".

Adulti, contenuto erotico esplicito/pornografico.

Capitolo I
È molto riduttivo definire “professione” il mio ruolo. Ritengo invece che esso sia una vera e propria missione, dove sono indispensabili requisiti di assoluta onestà e serietà, dedizione al proprio datore di lavoro e amplissima disponibilità a soddisfarne ogni richiesta in assoluta assenza di definiti orari di servizio.
Occorre altresì avere capacità di ascolto, riflessività, garbo, pazienza, essere disponibili ad entrare in completa empatia con il proprio “padrone” e in grado di conoscerne le necessità, prima ancora che egli si renda conto di averle.
Nel mio caso specifico, il “padrone” è una signora. E che signora: oltre che ricca e di grande successo, è bellissima, ha una classe fuori dal comune e una vita privata e professionale molto attiva e variegata.
Mi onoro di essere al suo servizio da oltre vent’anni, da quando, lei poco più che trentenne, quasi all’apice della sua carriera di donna di spettacolo, mi assunse alle sue dipendenze come autista, assistente personale e segretario.
In realtà, iniziai come maggiordomo ma, dopo breve tempo, mi chiese di ricoprire anche gli altri ruoli menzionati, viste le qualità che ella ravvisò nella mia persona. Dato che la Signora, tra i suoi tanti pregi, è anche molto generosa, mi corrisponde un sostanzioso stipendio, commisurato a tutte le mansioni che svolgo.
Per rispetto nei suoi confronti e per dovere di riservatezza, non posso e non voglio dare troppe indicazioni sulla sua identità ma, dato che in questo scritto ricorrerà di frequente il modo in cui mi rivolgo a lei, tengo a precisare che ella ama fregiarsi del titolo di “Contessa”, essendo l’ultima discendente da una casata nobiliare molto importante.
Com’è facile supporre, la signora Contessa ha grandi disponibilità economiche, in parte provenienti dal patrimonio di famiglia e, per il resto, dalla sua professione nella quale è ancora richiestissima.
Viviamo in una favolosa villa disposta su più livelli, con dieci stanze da letto, quindici bagni, grandi saloni, una piscina hollywoodiana e un parco perfettamente mantenuto.
Oltre al sottoscritto, alle dipendenze della signora Contessa ci sono una governante (la signora Matilde), una cameriera (Guendalina) e un giardiniere (il signor Emilio). Queste persone riportano direttamente a me, che sono anche responsabile di tutta le gestione di casa che, ovviamente, richiede un notevole impegno.
Molti si chiedono dove trovi il tempo e le energie per fare tutto ciò. Sinceramente, l’unica risposta che posso azzardare è che quando si vive il proprio lavoro con grande entusiasmo e motivazione, il tempo e le energie non si fatica a trovarli.
Non ero di questa opinione quando, appena adolescente, mi iscrissi alla scuola alberghiera e, successivamente, frequentai una delle più famose accademie professionali per Maggiordomi, dove appresi tutte le competenze pratiche necessarie al mio ruolo.
Terminati gli studi, potei fare un po’ di “gavetta” presso un anziano gentiluomo londinese, il quale fu capace di affinare il mio carattere e le mie personali predisposizioni. Quando egli mancò, dopo pochissimo tempo ricevetti una richiesta di impiego da parte di un’agenzia italiana specializzata.
Tornai in patria molto volentieri ma, quando appresi che il mio datore di lavoro sarebbe stata una donna, di primo acchito rifiutai categoricamente. Fu necessaria una strenua opera di convincimento da parte della titolare dell’Agenzia solo per farmi avere un colloquio preliminare con la signora Contessa.
Dopo pochi minuti in sua compagnia, tutte le mie riserve e i miei pregiudizi svanirono, di fronte alla solarità, all’estrema empatia e, non da ultimo, all’assoluta bellezza della mia futura padrona.
Non ho alcuna remora, né pregiudizio a definirla “padrona”, perché sarei disposto a dare la mia vita per lei e a sottopormi a qualsiasi sacrificio per farle piacere e assecondare ogni suo desiderio.
Detto ciò, non posso nemmeno più nascondere che, sin da quando la incontrai per la prima volta, ne sono profondamente e incondizionatamente innamorato, e lavorerei per lei anche gratis, pur di non rimanerne lontano un solo giorno.
Qualsiasi sua richiesta, sia la più semplice che la più bizzarra, è per me, prima di tutto, un onore soddisfarla e metto sempre il massimo impegno per non deluderla.
Il mio più grande premio, a parte la sua gratitudine, è il suo sorriso smagliante e le scintille che sprizzano dai suoi splendidi occhi, che sembrano sorridere all’unisono con le sue labbra.

Capitolo II
Fatto questo indispensabile preambolo, è ora di togliere altre curiosità che sono sicuramente nate nella mente dei miei lettori, ad esempio…
“Gualtiero? Dov’è?”
“Eccomi, signora Contessa. Arrivo subito.”
Chiedo scusa ma, come dicevo, è mio dovere primario precipitarmi immediatamente ad ogni chiamata, tralasciando qualsiasi cosa stia facendo, perché non c’è niente di più importante o prioritario delle necessità della mia padrona.
“Buongiorno, signora Contessa. Ben svegliata. Le servo la colazione a letto, oppure preferisce scendere in sala?”
“Buongiorno, Gualtiero. Grazie. Farò colazione a bordo piscina, ma prima voglio farmi una bella doccia.”
“Gliela preparo subito. Desidera che chiami Guendalina per assisterla?”
“No, grazie. Faccio da sola. A dopo.”
“Senz’altro, signora Contessa. Con permesso…”
Bene. Ora scendo a dare disposizioni a Guendalina per la colazione della signora Contessa.
Nel frattempo, posso rivelarvi che ieri sera ho accompagnato la signora Contessa ad un elegante ricevimento, al termine del quale l’ho riportata a casa in compagnia di un distinto signore con il quale ha trascorso parte della notte.
Succede spesso che la mia padrona, durante qualche serata, faccia amicizia con gentiluomini e, talvolta, anche con giovanotti che immancabilmente finiscono nel suo letto.
La signora Contessa ha una vita sessuale molto intensa e, da quando sono al suo servizio, non ho mai notato un calo nella quantità dei suoi incontri che mantengono un numero di tutto rispetto, nonostante il trascorrere degli anni.
Ho stimato che, in media, abbia dagli ottanta ai cento incontri ogni anno. La maggior parte con uomini sempre diversi, ma sono abbastanza numerosi anche i suoi amanti più assidui, nessuno dei quali, però, intrattiene con lei un legame sentimentale o si è fermato in casa fino al mattino seguente.
Su questo la signora è sempre stata tassativa, tanto che è sempre stato mio compito riaccompagnare il suo ospite di turno, dopo che ella ha deciso di congedarsene.
Vi chiederete: “Ma, mentre la signora si intrattiene nella sua camera da letto, tu come passi il tempo, in attesa di riportare a casa il suo amante?”
Semplice, rispondo: dopo i primi tempi che ero divorato dalla gelosia di saperla tra le braccia di altri uomini, ho fatto di necessità virtù, scoprendo che in me alberga quel particolare feticismo, oggi chiamato “cuckolding”, che porta un uomo a godere immensamente nel vedere la donna amata fare sesso con altri.
Vi domanderete: “Ma come fai a vederla?” Rispondo nuovamente in maniera molto semplice: la vedo perché mi sono messo nella condizione di osservarla attraverso alcuni “spioncini” che ho installato in punti strategici della sua camera da letto, e che mi permettono di non perdermi nulla di ciò che lì avviene.
Lo so, ciò non è assolutamente corretto ed è molto disdicevole per una persona che si vanta di essere un fedele, onesto e devoto servitore, ma è l’unica concessione che ho fatto alla mia lealtà verso la signora Contessa. Senza tale deroga, non avrei potuto sopravvivere per tutti questi anni.
Talvolta ho persino i rimorsi di coscienza, ma poi, con un certo egoismo, rivedo nella mia mente i suoi amplessi e concludo che tali spettacoli sono solamente un piccolo extra, una mancia, per tutto ciò che faccio per lei, senza risparmiarmi minimamente.
In fondo, la considero e la rispetto ben oltre di quanto normalmente gli uomini facciano con le proprie mogli o compagne, anche se, ad onore del vero, nel tempo, non ho solo assistito agli incontri sessuali della mia padrona ma, più di una volta al mese, sono io ad essere nel suo letto.
Proprio così: tra noi due si è instaurato un particolare e tacito accordo che, quando è lei ad avere voglia di me, sempre con molta classe ed eleganza, me lo fa capire. Così, ci facciamo una splendida scopata, durante la quale ella non risparmia di rendermi partecipe e oggetto delle sue grandi abilità sessuali.
Normalmente, ciò non avviene in particolari momenti della giornata, bensì in maniera per me sempre del tutto inaspettata.
Capita che mi chiami come farebbe per qualsiasi altra esigenza, ma poi la trovo sdraiata sul letto, con indosso un elegante completo intimo, spesso anche con una vestaglia trasparente, che mi invita su di lei protendendo le braccia nella mia direzione e con l’immancabile sorriso ammaliante.
Le prime volte, soverchiato da dubbi e remore di etica professionale, fui titubante e guardingo ma, con il passare del tempo, misi da parte ogni scrupolo e accettai, molto volentieri, anche il ruolo di suo amante “periodico”.
In questi momenti, in quanto suo amante, rinuncio ad ogni formalità e mi dedico totalmente al suo piacere. L’unico aspetto di “protocollo” a cui non vengo meno è quello di continuare a chiamarla “signora Contessa”, sia per il massimo rispetto che nutro nei suoi confronti ma, soprattutto, perché sentirmi sottomesso anche quando la scopo furiosamente mi eccita da morire.
Invece, lei mi dà del “tu”, dal momento che l’abbraccio fino a quando non ci stacchiamo al termine dell’amplesso.
Nel frattempo, è mia consuetudine iniziare accarezzandola dolcemente, a partire dai fianchi, per poi risalire sugli splendidi seni, ancora sodi e reattivi.
Gradisce molto che, dopo averle fatto inturgidire i capezzoli pizzicandoli delicatamente, scenda a baciarla nella zona dell’ombelico.
Quando ne ha a sufficienza, è lei a spingermi la testa verso il suo ventre e adora che le lecchi la passera con ancora indosso le mutandine.
Ormai capisco anche quando desidera che gliele tolga e continui a lapparle il sesso, fino a quando le penetro la vagina con la lingua.
Di solito, dopo pochi minuti di tale trattamento, le faccio raggiungere il primo orgasmo, che lei manifesta divaricando smisuratamente le cosce, pochi attimi prima di squirtare come una fontana.
Le piace credere che, non dicendomi nulla, mi faccia una sorpresa, godendo nel vedere il mio volto investito dall’abbondante getto del suo liquido sessuale.
Terminati gli spasmi di piacere, mi invita a risalire verso il suo volto e, mentre con una mano mi tiene la testa in modo da potermi baciare appassionatamente, con l’altra va alla ricerca del mio cazzo che poi impugna, posizionandolo all’ingresso della vulva.
Adora che glielo tenga puntato per un po’, mentre muovo i miei fianchi.
L’effetto “ventosa” che le sue labbra creano è piacevolissimo per entrambi, tanto che, diverse volte, vinto dalla libidine, fui sul punto di eiaculare incontrollatamente.
Ebbi sempre l’abilità di controllarmi, per passare a scoparla lentamente ma con affondi netti e molto diretti. Ne ho fatto sempre un mio vanto per aver compreso, sin dalla prima volta, come alla signora Contessa piace essere scopata.
Non gradisce ricevere interminabili penetrazioni ma, come a me, le piace la scopata appassionata, intensa e piuttosto veloce.
Quasi sempre riusciamo ad arrivare contemporaneamente all’orgasmo, dal quale ne usciamo devastati e completamente appagati.
Talvolta capita che sia io ad avere necessità di eiaculare prima di lei, e lei mi incita a fare i miei porci comodi e a riempirla di sperma senza scrupoli o riguardi.
Dopo avermi soddisfatto, la masturbo con la mano o, spesso, riprendendo a lapparle la fica mentre cola fuori lo sperma, che lecco avidamente, ripulendola diligentemente in attesa che venga e mi inondi con una nuova squirtata.
Le volte che è successo che fosse lei a venire per prima, mi ha sempre chiesto come desiderassi essere soddisfatto, e non si è mai tirata indietro quando, invece di venirle dentro, le chiedevo di farmi sborrare nella sua bocca, dopo avermi regalato un incredibile pompino.
Dopo il sesso vissuto con indicibile trasporto e complicità, ognuno torna nel proprio ruolo.
Appena mi alzo dal letto, la signora Contessa torna a darmi del “lei”. Io mi rivesto velocemente e, con il consueto tono rispettoso, le chiedo se necessita di bere o se gradisce che le prepari un bagno ristoratore. Quindi, soddisfatte le sue richieste, mi congedo, tornando alle mie occupazioni.

Capitolo III
Oh, mi pare di averla sentita scendere le scale…
Eccola: splendida e leggiadra, veste una semplice tunica bianca, lunga fino ai piedi, che permette alle sue lunghissime gambe di mostrarsi attraverso gli spacchi laterali, tramite i quali noto che sotto indossa solamente un minuscolo perizoma bianco che non nasconde nulla della sua anatomia femminile.
Nonostante senta il sangue ribollirmi nelle vene per un’immagine di tale estremo erotismo, mi sforzo di rimanere impassibile mentre le vado incontro.
“La colazione è servita in veranda, signora Contessa.”
“Grazie, Gualtiero. A che temperatura è l’acqua della piscina?”
“A 27,5 gradi, signora Contessa.”
“Magnifico! Allora credo che mi farò subito una nuotata.”
Lascio che mi preceda, mentre attraversiamo il salone e la sala da pranzo dirigendoci all’esterno. Arrivata a bordo vasca, con estrema disinvoltura scosta le spalline della tunica e lascia che cada a terra.
Si piega in avanti per tuffarsi e il suo splendido culo mi si mostra in tutta la sua maestosa perfezione. Tra la parte alta delle cosce, non posso non notare la sua vulva, solo parzialmente avvolta dalla minuscola mutandina.
In un attimo, la Dea scompare sotto il pelo dell’acqua e riemerge solo quando arriva al bordo opposto della vasca.
Nel frattempo, senza distogliere lo sguardo da lei che accarezza il fondo con il corpo, raccolgo il vestito, lo piego accuratamente e lo appoggio su uno dei lettini prendisole.
Attendo sotto la veranda che esca dall’acqua. Appena intuisco che ha terminato il bagno, mi affretto nella sua direzione e mi faccio trovare pronto ad aiutarla ad indossare l’accappatoio.
Il minuscolo perizoma bianco, ora che è bagnato, è diventato praticamente trasparente, lasciando alla mia visione il suo solco intimo, sovrastato da una strisciolina di pelo biondo, corto e curatissimo.
Si asciuga camminando verso la tavola apparecchiata all’ombra della pergola. Nel mentre, la precedo e, dopo che si è seduta, le verso il caffè nella tazza, al quale aggiungo una nuvola di latte caldo.
“Che splendida giornata è oggi. Non trova, Gualtiero?”
“Davvero magnifica, signora Contessa.”
“Questa mattina rimarrò in piscina. Invece, dopo pranzo, andrò in centro a fare un po’ di shopping.”
“Perfetto, signora Contessa. Le faccio trovare pronta la cabrio?”
“Grazie, Gualtiero. Adesso può andare.”
Dopo essermi assicurato con una rapida occhiata che sul tavolo della colazione ci sia tutto e in perfetto ordine, mi congedo da lei facendole un mezzo inchino. Quindi, vado in garage a preparare l’auto che useremo più tardi.
Il parco macchine della signora Contessa è composto da una Bentley GT convertibile, color rosso fuoco, con gli interni in pelle color bianco caldo e rifiniture in radica rossa, e da un’elegantissima Jaguar XJ nera, con interni in pelle e camoscio neri.
Per ogni vettura, tengo un registro sul quale annoto scrupolosamente il chilometraggio ad ogni utilizzo, i rifornimenti di carburante e tutti gli interventi di manutenzione, sia ordinaria, sia straordinaria.
Quando le auto sono nella rimessa, rimangono coperte. In vista di un’uscita, come quella di questo pomeriggio, scopro quella scelta dalla signora Contessa e mi assicuro che sia perfettamente in ordine.
Controllo che non ci sia polvere all’interno e che vetri e carrozzeria siano intonsi. All’occorrenza, la porto all’autolavaggio e provvedo personalmente alla sua pulizia.
Generalmente, per le uscite diurne si usa la cabrio, mentre la “limo”, come la mia padrona chiama la Jaguar, è quella da lei preferita per le uscite serali.
Anche le mie divise da autista sono intonate con ciascuna automobile: color beige quella da giorno e blu scuro quella da sera, con tanto di berretti coordinati.
A parte l’eccessiva vistosità, almeno per i miei gusti, la Bentley è la mia favorita, non tanto per la sua esclusività o per il tipo di guida, ma perché, ogni volta che ci salgo e sento il profumo dei suoi sedili, mi tornano in mente le numerose volte che, al rientro dal mare o da qualche gita, la signora Contessa mi ha ordinato di trovare un luogo appartato, dove abbiamo consumato infuocati amplessi.
Mentre lascio il garage, ricevo sul cellulare il messaggio della signora Contessa che mi chiede di raggiungerla in piscina.
Mi precipito a passo svelto. La vedo già da in fondo al giardino: è sdraiata a pancia in giù e culo all’aria. Il perizomino che porta è così piccolo che sembra non indossi nulla.
“Eccomi, signora Contessa.”
“Gualtiero, non abbiamo deciso per il pranzo. Visto che devo uscire, vorrei stare leggera. Dica a Matilde di preparare un po’ di scampi al vapore, conditi con olio e limone, e un’insalata verde. Nient’altro.”
“Faccio subito, signora Contessa.”
“Aspetti, dove corre? Non ho finito! Avrei bisogno che, gentilmente, mi spalmasse la crema abbronzante sulla parte posteriore. Se non le dispiace…”
“Senza meno, signora Contessa. Sarà un piacere.”
“Grazie, Gualtiero. Questo è il flacone. Ne usi in abbondanza, per cortesia.”
“Come desidera, signora Contessa.”
Prendo il flacone, riempio di lozione il palmo della mano destra e inizio a cospargerla sulla schiena con movimenti rotatori.
Lei si rilassa e appoggia la testa al cuscino del materassino che copre il lettino prendisole. Tiene gli occhi chiusi e il suo viso pare molto compiaciuto del mio massaggio.
Dopo qualche minuto, mi esorta: “Adesso si sposti più in basso, sui glutei e sulle gambe. Non abbia riserve.”
“Sì, signora Contessa.”
Eseguo diligentemente, partendo dalle caviglie e risalendo fino alle cosce, che ammiro per quanto sono sode e prive di qualsiasi traccia di cellulite, nonostante la signora Contessa abbia superato i cinquant’anni.
Mentre sono rapito dallo spettacolo che mi viene offerto dal suo culo che sembra scolpito nel marmo, riceve una telefonata: “Oh, ciao caro. Come stai? Sì, io tutto bene. Sto godendomi un po’ di relax in piscina… Ah, ah, ah! Magari, caro, ma mi aspetta una settimana piuttosto intensa. Ho un sacco di impegni di lavoro… Eh, eh. Quello non manca mai. Dimmi tutto…
Mah, ti dirò: l’amico che mi hai presentato è una frana. Scusa se te lo rendo noto… Sì, siamo usciti ieri sera, poi è venuto a casa mia… Guarda, sai che sono sempre gentile e non tratto male mai nessuno, ma lui mi ha veramente delusa… Perché? Ti dico solo che sarà durato, si e no, due minuti. Non mi ha dato nemmeno il tempo di scaldarmi ed era già in un lago di sperma…”
Ascolto le parole della signora Contessa sogghignando tra me e me. Ciò che sta raccontando al suo interlocutore è la pura verità. Ho osservato la scena e nemmeno io ho fatto in tempo ad iniziare a smanettarmi che era tutto finito.
Nel mentre di questa riflessione, le mie mani sono sui suoi glutei e glieli sto impastando energicamente. Lei sembra gradire molto, visto che accompagna i miei massaggi spostando il bacino a destra e a sinistra, come fa quando scopa a pecorina. Mi faccio più audace e porto una mano nell’interno coscia.
Il lato del mio dito indice sfiora più volte il tessuto che tiene impacchettata la sua vulva, tanto gonfia e carnosa che sembra venirne trattenuta a stento. Intanto, lei rimane impassibile e continua la sua conversazione.
“Eh, poveretto: posso capire che uno, preso dall’eccitazione della novità, non riesca a trattenersi, ma poi chiedi scusa alla tua dama e, magari, ti preoccupi di soddisfarla diversamente, se non ti torna più duro. Invece, ha fatto come se fosse il più grande stallone del secolo, vantandosi di quanto prima lo avesse grosso, di quanto fosse duro, etc., non preoccupandosi minimamente del fatto che mi ha lasciata lì come una scema, manco fossi una bambola gonfiabile. Si è rivestito, mi ha dato un bacio in fronte e pretendeva anche di accendersi una sigaretta, senza chiedermi se mi desse fastidio il fumo. Ok, bambolo, a parte la maleducazione, ma se poi duri come un fuoco di paglia, sai cosa me ne frega se il tuo pisello rischiava di sfondare le mutande mentre salivamo in camera?...
Ma certo… certo… Ah, ah, ah! Vorresti rimediare tu? Mmm..., va bene, quando vuoi… Domani sera? Perfetto! Passo a prenderti io, diciamo verso le 20:30? Ok, cena al “Gatto Nero” e dopocena a casa mia… Prenoti tu il ristorante? Grazie, caro. Allora, a domani… Baci.”
Terminata la chiamata, dà una veloce occhiata ai messaggi, poi posa a terra il telefono e torna a rilassarsi. Continuo imperterrito a massaggiarla, facendo sembrare che le mie toccate alle sue parti intime siano del tutto casuali e involontarie, ma lei non ci casca: “Mmm…, Gualtiero. Ma che mani birichine ha, questa mattina…” afferma a bassa voce, tenendo gli occhi chiusi.
“Chiedo umilmente perdono, signora Contessa. Sono costernato…”
“Non si preoccupi, Gualtiero. Anzi, continui pure…”
Al che, inarca maggiormente la schiena per favorirmi il passaggio della mano tra le sue cosce. Sotto i polpastrelli, percepisco il liscio e sottile tessuto del perizomino, modellato sulle forme della sua intimità. Le mie dita affondano nel suo solco e le sento impastarsi di denso miele femminile.
Proseguo per alcuni minuti. Sto per farle avere un orgasmo ma sono costretto ad interrompermi bruscamente, perché vedo Emilio passare in lontananza. La signora Contessa, non poco sorpresa, apre gli occhi e capisce la mia mossa.
Un istante dopo, mi dice: “Non può mica lasciarmi così! Se vuole, si faccia trovare in camera mia tra mezz’ora esatta.”
“A sua disposizione, signora Contessa.” concludo, chiudendo il flacone della crema che mi premuro di pulire, riponendolo sul tavolino.

Capitolo IV
Al momento convenuto, attendo la signora Contessa davanti alla porta della sua camera. Quando mi appare nel corridoio, indossa nuovamente la tunica bianca. Non dice nulla. Mi viene incontro sorridendo maliziosamente, apre la porta e io la seguo, richiudendola delicatamente dietro di me.
“Si avvicini, Gualtiero.” mi esorta con tono deciso, facendo scintillare gli occhi. Eseguo e, quando sono a pochi centimetri da lei, mi abbraccia e prende a baciarmi appassionatamente. Ricambio con trasporto, ma senza toccarla: dev’essere lei a darmi il suo “via libera”. Le regole sono queste.
“Cosa aspetta? Riprenda ciò che stava facendo.” mi ordina, mentre scosta abbastanza percettibilmente le gambe e protende il pube in avanti.
Senza esitare, le metto la mano sull’albicocca e gliela stringo nel palmo, usando il pollice per stuzzicarle il clitoride. Chiude gli occhi, si morde il labbro inferiore e sento il suo corpo vibrare.
Dentro di me, sono molto compiaciuto, perché, avendo potuto osservare la maggior parte dei suoi incontri sessuali degli ultimi vent’anni, sono certo che nessuno delle centinaia di uomini che ha avuto è stato in grado di farla godere come me. Nessuno di loro ha saputo toccare le corde del suo piacere come faccio io.
Credo proprio che lei ne sia consapevole e, spesso, mi domando perché continui a perseverare in quel turbine di incontri sessuali che, per la maggior parte, la lasciano insoddisfatta e inappagata anche emotivamente, mentre invece ha me che, ad ogni schiocco di dita e in qualsiasi momento, sono pronto a soddisfarla come meglio non si potrebbe.
Probabilmente, il sesso con tanti uomini contribuisce a farla sentire ancora giovane e desiderabile, sebbene una strafica che non dimostra nemmeno quarant’anni non ne ha certo bisogno. Invece, avere un unico amante, potrebbe darle l’impressione di monotonia e di abitudine. Chi lo sa?
A me va molto bene anche così: più sono gli amanti che la lasciano insoddisfatta, più aumenta il suo attaccamento a me e si incrementano le mie occasioni di fare sesso con lei.
Insisto senza ritegno a pastrugnarle la patata. Lei viene scossa da frequenti e intense contrazioni, specialmente lungo le gambe, tanto che è costretta a sorreggersi a me. Lo fa mettendomi le braccia intorno al collo. Siamo guancia contro guancia e percepisco il suo naturale profumo, oltre a sentire i suoi seni che premono ritmicamente contro il mio petto per assecondare il flusso del suo respiro.
“Fermati un attimo…” mi supplica, andandosi a sdraiare sul letto. Si alza la veste e spalanca le cosce. Mi ci tuffo in mezzo e appoggio le labbra contro la fica che ormai ha infradiciato le mutandine, diventate nuovamente trasparenti, ma questa volta perché bagnate dai suoi succhi.

Continua...