Donne di contrada

Dalla veranda delle cascine di campagna, ecco, appaiono loro, le nostre donne, avvolte nei loro grembiuli a fiori, attaccate alla terra dei loro padri e ai loro uomini lontani.
Donne che parlano poco, gli sguardi silenziosi ma fermi, pungenti come capocchie di spillo, severi. Scavate nel volto e nel cuore, col rosario in mano, riservate ma attente, nell’attesa di un ritorno. Stanno appoggiate al silenzio di pietre vecchie, il volto brunito sfaldato dalle intemperie dell’amore.Osservano il cielo e i campi: sanno che il loro tempo e quello del loro cammino sta per finire.
Negli occhi danzano le immagini e i miraggi di terre fertili, di passioni tenaci, di amori taciuti, di ricordi racchiusi, laggiù, in fondo al filare sperso nella bruma, laggiù, dove il sole si scioglie tra il grano, dove i canti si mescolano al vento nei sussurri fra i rami, le mani ferite e dure, le carezze fugaci e schive, i passi frettolosi e silenti.
Trascorrono il tempo con negli occhi la tenerezza calda del pianto, mute figure mescolate alla notte, senza sonno.
Raccogliamo noi le loro storie, continuiamo noi il loro passo, portiamole lontano, oltre la fatica e il distacco, oltre il sentiero lungo i canali, oltre l’alba buia di gennaio; diamo voce ai loro sogni di donna, di ragazza ancora leggera, di mamma china sulla culla.
Di loro cosa rimarrà se non i ricordi che solo noi possiamo portare avanti?