Enri Monroe part 2

Perché a quella porta si presentava un uomo?
Pensò che la fortuna non fosse dalla sua.
“ La famiglia Frangipani forse?” domandò in maniera da escludere l’errore mentre stagliava un cordiale sorriso.
Ci fu un istante un cui ebbe l’impressione che la finzione non avesse retto.Il proprietario dell’appartamento lo scrutò di tutto punto. 
Allora ripeté:“ Frangipani?”, ma adesso non rideva.
Desiderava andare via.
Erni Monroe pensò che avrebbe potuto mettere da parte quell’inquietudine che l’assaliva.
Tirare le redini al cervello e ricondurlo alla ragione.
Prendere un calmante e mettersi a sfebbrare nel letto.
“No. No! Non sono io! “ esclamò l’altro, “ Frangipani abita sotto di noi!”.
Quindi osservò:
“Lei è  salito un piano di troppo”.
“Ops! Scusi tanto!”, rispose Erni.
Ovviamente era un trucco.Badare ai nomi impressi sui campanelli a partire dal piano più basso l’aiutava nella conversazione.
A chi avesse aperto e si fosse dimostrato poco furbo a farlo, avrebbe asserito che in qualche modo questo o quel condomino lo aveva inviato da lui perché era un uomo di cultura o donna molto intelligente.
Davanti a un tavole e un caffè avrebbe stretto un bell’ordine per un’enciclopedia.
Poco contava che il giorno seguente si accorgesse della bufala.
Sarebbe apparso chiaro che il complimento fosse offerto per accaparrarsi un minimo di amicizia da parte di chi gira il mondo e sbarca il lunario vendendo a porta a porta.Insomma, unicamente: una bugia a fin di bene!
Ora utilizzava quell’esperienza per togliersi dall’impaccio.
“Aspetti l’accompagno. Sono amici!”. Aggiunse il tale.
Erni Monroe ritenne avere esagerato con il sorriso.
Era in un guaio.
Quell’uomo panciuto e in apparenza burbero lo avrebbe accompagnato dai Frangipani e cosa avrebbe inventato una volta che avessero aperto?
“No. No. Non si disturbi.  È una sorpresa! “ disse allontanandosi.
Era già a mezza scala quando udì il soffio della porta che si richiudeva e s’innestava nuovamente il fermo metallico.Il pericolo però non era scampato.
Tra un’oretta l’inquilino sopra ai Frangipani sarebbe sceso a informarli della visita e vedere come stavano realmente le cose.
Caso mai fosse un parente, avrebbero riso sulla circostanza e bevuto un liquore assieme a loro.
Tuttavia, nel caso che Erni Monroe  si fosse allontanato, probabilmente non sarebbe seguito nulla.In città si è abituati ai ladri, ai venditori e, a parte qualche interrogativo, ci sarebbero passati sopra pensando anche loro come a un pericolo acquisto scampato.
Ed era nel sottoscala al compimento della considerazione.
Perché si fosse infilato là, lo sa il Diavolo e il Signore.
Possibile volesse far perdere le tracce passando dal garage coperto.
Pure che fosse talmente confuso da non riconoscere dove si trovasse.
Fatto è che quanto di più ambiva lo scoprì  davanti agli occhi:
Nemmeno trent’anni.
Mora con tacchi.
Una ragazza magra, carina e avvenente.
Nessuna fede al dito.
Fu a quello che badò, principalmente.
Escludere che un uomo l’attendesse con impazienza, era importante.
Quella donna doveva essere la figlia di qualcuno nello stabile.
Si augurò non fosse della famiglia Frangipani, ma neppure questo caso lo preoccupò.
Non doveva nulla a costoro e aveva stimato in un’ora circa,  l'arco temporale in cui avrebbe cominciato a circolare la voce di un estraneo nel palazzo.
Per avere soddisfazione non occorreva che qualche minuto.
Lei lo osservò cercando di riconoscerlo.
Quell’uomo la scrutava in maniera strana.In qualche maniera s’intuì la domanda:
“Che cosa fa questo nella zona riservata sotto lo stabile?”.
Nemmeno fu scaltra da comprenderlo velocemente e scappare.
Voltò la testa in direzione dell’ascensore che non era al piano.
Fosse stato presente, si sarebbe infilata dentro e diretta in casa.
Mai che una cosa funzioni come deve, quando serve al bene. 
Il dolore nella testa di Erni Monroe divenne furibondo.
Osservò anche lui in direzione della cabina mancante.
Ebbe il tempo di leggere accanto a quell’uscio metallico la parola “Stanzino”.
Una cosa in grassetto su un foglio di carta mantenuto sulla superficie da un nastro trasparente  ingiallito.
Chissà perché creano alcove nei punti più strani.
Quanto la gente normale considera meno, è il funzionamento di  in un cervello starato, cosicché quanto per loro appare un luogo da evitare perché sudicio o maltenuto, risalta per l’altro confortevole antro per dare accoglienza agli istinti.
E quel ripostiglio fu l’ultima cosa dal quale fu attratto prima di farsi accanto alla ragazza tagliandogli la strada.
Poi fece pressione sulla leva per aprirla.
Là per là, nemmeno lui credette che fosse possibile.
La maniglia si era abbassata dolcemente e la cosa più impensabile di tutte, era che la porta si era spalancata.
‐Il male conta su certe casualità, ma lo dico da prima.
Erni Monroe agì lesto stringendole con forza la mano sulla bocca.La ragazza ebbe l’impressione che le rompesse la mandibola.
Inciampò sul tacco.Lui avvertì sotto il palmo, la pelle morbida e fiato caldo.
Si eccitò il quel momento.
Percepì il pene scoppiare nei pantaloni.
La trascinò dentro quella stanza buia e sporca richiudendo l’uscio con il retro della scarpa:“ Stai zitta o ti ammazzo!”, sibilò subito nell’orecchio.Il rumore delle borse con la spesa che andavano in terra e dei barattoli di passata che rotolavano aggobbendosi, accompagnò la cattura e gli diedero forza.
Oramai le cose prendevano ordine compiendosi secondo una tabella mai studiata ma di fatto: logica.
Conseguenziale.Erni Monroe doveva indurla a fare ciò che voleva nel minor tempo possibile.Doveva convincerla e fiaccare ogni resistenza.
Per ciò adoperò  i mezzi fisici che possedeva e senza un minimo di sensibilità torse da un lato il collo della ragazza e le piegò bruscamente la schiena in maniera di indirizzarla sul pavimento.
Finirono per scivolare sopra in due.
Lei batté la nuca su qualcosa di ovattato.
Una serie di vecchi cartoni abbandonati.Erni Monroe cominciò a baciarla.Lei non riusciva a respirare e provava repulsione per quell’alito fetido e malato sopra di lei.
Erni Monroe, messosi accanto,  passò a leccare il collo magro che aveva solo intravisto ma che ricordava perfettamente.
Il sapore dolciastro del profumo indossato gli s’impastò con la saliva.
Voleva essere dolce.
Finì a dare dolore succhiando profondamente la pelle all’altezza della giugulare e morderla forte.
La ragazza sembrava svenuta.
Una reazione di salvaguardia che il genere umano condivide con qualche specie animale: fingere di esserlo per allontanare il nemico.
Se così capita in natura, non con altrettanta facilità accade tra noi.
Erni Monroe, infatti, concluse che provasse piacere anche a lei.Le strappò il corpetto che indossava.
Negli istanti successivi udì il suo fiato minaccioso, mischiarsi a quello flebile e corto di lei.Si adoperò d’impegno per toglierle la maglia, il reggiseno.
Pareva avere ottime cognizioni delle chiusure, degli agganci anche se in realtà tentativi non erano altro che parvenze di  buone maniere, perché finiva a lacerare ogni cosa.Smise di interessarsi ad altro che non fossero i seni torniti che sia alzavano e abbassavano regolari.
Ascoltò eccitato quel cuore, andato oltre il limite.
Era buio quel posto ma la luce gialla filtrava dal fondo della porta, rendendo in parte visibile la scena.Lei lo osservò in ginocchio sul fianco.
Sembrava un lupo nell’atto di sbranare la carne.Le sembrò addirittura di vederlo leccare le dita.Erni Monroe le mollò un gancio sul volto prima di chiedere
:“ Stai ferma?”.
Era certo di non avere messo troppa forza, ma a sufficienza che comprendesse il quesito.
Se Erni Monroe avesse potuto distinguere l’ematoma che si andava formando, avrebbe compreso l’atrocità della botta.
“Come ti chiami?” domandò cercando di tranquillizzarla e faticare meno.
“Lasciami andare. Non dirò nulla. Sei ancora in tempo. “, supplicò la ragazza.
Erni Monroe non aveva fatto tutto questo baccano per piantarla ora.Rispose: ”Forse!” con ironia.
Tornò a umettarle i seni e passare sopra le dita.I seni parvero inturgidirsi.
Semplice reazione meccanica in un corpo giovane e perfetto.
Retaggio animale, pensò Erni Monroe.
“Porco lasciami andare. I miei fratelli ti uccideranno!”, intimò lei.Erni Monroe provò timore.
Non è facile battersi contro più persone anche quando si è abbastanza prestanti.
Tuttavia, aveva messo in conto anche di poter essere linciato.
Rise spavaldo bando a farsi udire solo da lei.Lei gli sputò in faccia.
Lui asciugò il volto passandolo sul braccio.
"Comportati bene e ne uscirai viva!” promise, prima di baciarle il ventre e scendere con la testa nel pube.
Erni Monroe faticò ad azzeccare la lingua sul clitoride.La ragazza si contorceva.
Dovette metterle una mano sulla gola.Una maggiore pressione l’avrebbe accoppata.
Razzolò in quella peluria ogni fonte di umore nutrendosi avido.La ragazza tentò di allontanare la presenza spostandone la testa.
Un colpo all’altezza del pancreas la lasciò esanime.Aveva il quel punto, un profumo che poche hanno, pensò Erni.
Si deliziò convinto costituisse la base di una essenza che la zia indossava.
Tornò a pensare di essere fortunato.
Gli era capitata la donna che ogni uomo vorrebbe accanto per tutta la vita e coltivò per un momento l’idea che fosse possibile  con calma farla innamorare.
E che l’aveva presa in prestito prima di altri.Si era quello che desiderava.
Appropriarsene.
Gestire la persona come fosse cosa personale.Altro che ricercare soddisfazione nel lavoro.
“Tanto la carriera ti è negata.”, disse a un certo momento.
Neppure essere generoso con gli amici lo appagava.Quali poi?
“Gente disposta a venderti al migliore offerente.”,
Erni Monroe in questi brevi luccichi di insensato ragionamento, assolveva  la propria condotta e la lussuria.
Affondò oltre la lingua e gli parve che tutto fosse morbido e desideroso.
Agguanto la pelvi e si beo per questo.
“Brava!”, disse nel portarsi sopra al corpo di lei con la patta sbottonata.
Lei strinse le cosce per respingerlo.
Erni Monroe perse subito la pazienza.Le vibrò un manrovescio.
Le calò più in basso i pantaloni  lacerandoli.
“Maledetti!” impreco insoddisfatto per lo sforzo.
Afferrò una gamba sotto un braccio.
Con l’altro fece altrettanto.
Entrò profondamente.
La donna decise di non provare altro dolore.
Quando fu dentro, le passò le mani al collo e comandò:
“ Come ti chiami? Vuoi dirlo o no?”
Rispose piano: “Manuela”.
Cominciò a cavalcarla affermando:“ Manuela fammi venire!”.
Manuela piangeva.
Non poteva credere a quanto capitava.
Aveva partecipato a qualche discussione sul tema.
“Sì, certo. “ aveva asserito.“Uomini che ti palpano stanno ovunque! Sono maiali, salvando quelle povere bestie…”
Senza convincersi che potesse capitare anche a lei.
Almeno a quella maniera.
Per anni aveva fatto avanti e dietro da quelle scale senza che capitasse niente.
Ora era rinchiusa a due passi dai genitori.
Che cosa aveva fatto di male per meritarselo?
In cosa aveva sbagliato?
Era meglio assecondare quella furia con la speranza che una volta finito i comodi, andasse via, oppure resistere e farsi accoppare?
Non lo sapeva.
Nessuno te lo insegna.
Se ne parla ma poi?
C’è un metodo?
Una maniera?
Tremava e piangeva che altro poteva?
Avere risposto con forza le era costato un pugno in pieno volto.
L’avere rifiutato i luridi baci, un altro colpo al fianco.
Ora aveva perduto la sensibilità della parte.
Una sberla le aveva chiarito altri argomenti.
Nessuno l’avrebbe più guardata e nessun uomo l’avrebbe più voluta.
Avvertì il bisogno di vomitare e tossì di lato.
Erni Monroe sembrò non dar peso ma tornò a porre  la mano sulla bocca, infilando eccitato il dito medio al suo interno.
Manuela quasi soffocò.
Non ebbe coraggio a fare altro.
Erni Monroe venne.
Cessò tutto in quel momento.
Calma al termine della tempesta o era nell’occhio del ciclone?
Il mostro le giaceva sopra esanime.
Probabilmente, dopo l’amplesso era in contatto con Dio o meglio, il suo opposto.
Erni Monroe la udì ripetere
:“Bastardo! Bastardo!”.
Pareva una nenia, di una bambina.
Il male al capo era cessato.
Avrebbe voluto dormire.
Non ce ne era il tempo.
Era passata mezz’ora da quando aveva domandato dei Frangipani, ma il tempo con la ragazza si era dilatato quanto una giornata intera.
Senza staccarsi dal corpo delicato della ragazza, ritrovò tra le dita il capo di un cordino elettrico abbandonato.In verità conosceva benissimo, dove trovarlo.
Lo avvoltolò come per misurarlo.
Saranno stati sessanta centimetri di lunghezza.
Sufficiente e abbastanza resistente.
Non ebbe pietà.Alzò le spalle e sui gomiti.
Attorcigliò il legaccio al suo collo.
Manuela parve non accorgersene.In ultimo per difendersi dalla brutalità aveva separato la mente dalle membra.
Quanto accadeva era distante.
Non la riguardava.
Altra reazione completamente umana a differenza di Erik Monroe che non ne ebbe.
Parte di quei capelli scuri impastata di sangue finì dentro il legamento.
Manuela prima di morire tornò in se e ferì profondamente con le unghie curate la carne attorno alle braccia di Erni Monroe.
Tuttavia nulla che un uomo anestetizzato dall’adrenalina del coito non possa sopportare.
Manuela tentò pure di ferirlo al volto:
“Porta questi segni davanti a tua figlia!”, disse roca.
In tutta risposta Erni Monroe le morse la mano troncandole un dito e non mollò la presa.
Aggiunse un nuovo morso sulla guancia, quasi un ultimo bacio.
I segni delle arcate rimasero impressi.
Poi venne nuovamente.
Non comprese come.
Accadde nel momento esatto che ebbe il sentore che il cuore di Manuela fosse fermo.
Lo avvertì dal calore del corpo e dal pulsare della vagina.Le urine calde di lei gli bagnarono lo scroto.
Ebbe timore a rimanerle dentro.
Si sfilò.
Arrivò all’interruttore che si era frettolosamente ricomposto.
Diete una rapida occhiata alla stanza rettangolare.
Il corpo della ragazza giaceva molle perpendicolare alla parete su un pavimento fatto di cartoni da consegnare al macero.
Il volto riverso verso la parete e i bei capelli corvini che aveva, coprivano le orecchie e la bocca lasciando scoperto il bernoccolo rigonfio di sangue blu.
Ancora ammirò la cute liscia e il corpo flessuoso.
Per un attimo parve disgustato.
Quella donna non appariva così bella e desiderabile come l’aveva conosciuta.
Già.
L’aveva massacrata.
Tolto il futuro.
Mostrato l’orrore.
Infame, sminuiva l’aspetto.
Richiuse la luce e scostò la porta.
Da sopra si avvertiva vociare e suonare ai campanelli.
Gli sembrò di udire:” Signora Lucia, è passato da lei un uomo alto un metro e ottanta, sui quaranta, quarantacinque anni?”.
Pochi minuti e sarebbero scesi a controllare nell’interrato.
Abbandonò la posizione lasciando accostata la porta.
Convinto di riuscire perché il ritrovamento del corpo avrebbe disorientato e rallentato gli inseguitori.

Erni Monroe, un vero predatore, raggiunse il viottolo senza incontrare chicchessia.
Tagliò per i vialetti, spostandosi rapidamente tra i caseggiati.
Badò a non farsi riprendere dalle telecamere e a passare troppo vicino ai balconi.
Per tutto il percorso portò varie volte la mano sulla fronte come avvertisse male alla tempia, anche sapendo che per diversi giorni sarebbe stato bene, benissimo.
Non avrebbero fatto nulla con suo DNA.
Mai fatto un esame.
Mai dato a nessuno,
Nei pressi di casa accese il telefono.
Squillò poco dopo.
All’altro capo, una voce femminile domandò allegramente: “Amore andiamo al cinema stasera?”