Felice e l'incontro con gli scuri

Le patatine piccanti lo facevano impazzire, mentre mangiava arrostendosi la bocca si chiedeva quale angolo remoto del suo cervello lo raggirasse ogni volta costringendolo a subire quella tortura. Eppure quando finiva il sacchetto e si scolava una lattina di bibita veniva avvolto da un senso di benessere che lo ripagava del sacrificio. Ripose il pattume negli appositi raccoglitori, ormai in qualsiasi luogo aperto al pubblico si faceva la raccolta differenziata e lui ci teneva a contribuire a separare tutto. Lo speaker aveva annunciato mezz'ora di ritardo, un guasto tecnico aveva costretto gli addetti ad un immediato controllo dell'apparecchio. L'aeroporto era grande ed affollato e lui sapeva come far passare il tempo, infatti dopo aver sgranocchiato le patatine si era accomodato su una poltroncina ed aveva estratto dal suo bagaglio a mano un libro tascabile di facile lettura. Non era un uomo di Neanderthal, anche lui possedeva un cellulare di ultima generazione con tutte le applicazioni possibili ed immaginabili, ma quando poteva si immergeva nella lettura in modo da alleggerire il cervello da ansie e pensieri. Aveva superato da poco la metà del libro quando dai microfoni udì l'annuncio sperato, il suo volo diretto a Madrid sarebbe partito a breve; bene, pensò, si parte. Finì il capitolo lasciando la protagonista del romanzo alle prese con una pazza omicida che ammazzava le sue vittime e poi le dava in pasto ai porci. Che fantasia pensò Felice, eppure quella poliziotta, protagonista di vari episodi, era tosta. Richiuse il tascabile e lo ripose nella tasca interna della sua borsa da viaggio, si alzò per sgranchirsi le gambe e si avviò verso l'entrata del suo imbarco. Restò paralizzato quando sentì una voce alle sue spalle chiamarlo per nome "Felice! Ehi, Felice aspettami, sono io" Riconobbe quel cinguettio ma si girò convinto di essere di nuovo colto da una delle sue visioni o peggio, rapito dagli alieni. Invece vide lei che lo stava raggiungendo di corsa, il cuore cominciò a battergli forte ed un tremolio attraversò tutto il suo corpo finché lei fu a pochi centimetri da lui "Dove credevi di andare?" Disse la ragazza con fare civettuolo. Lui non riusciva a parlare travolto dall'emozione, la bocca secca e il battito accelerato lo avevano messo alla sua mercé e lei ne approfittò immediatamente "Ho trovato un biglietto e sono riuscita a sostituirlo con chi ti stava accanto, da qui al Brasile sarò il tuo angelo custode così avremo modo di conoscerci meglio" Felice era piantato a terra e lei lo prese per mano sollecitandolo a muoversi "Su Felice, non vorrai mica perdere il volo, andiamo!" "Va bene Aurora, andiamo"
Felice ci mise quasi mezz'ora per realizzare ciò che stava accadendo, tempo che lei utilizzò per investirlo con un fiume di parole e domande alle quali lui rispondeva automaticamente. Così, mentre il volo stava prendendo la rotta prevista, Aurora aveva già estorto a Felice le notizie salienti sulla sua vita "Sai" Continuò lei imperterrita "E' stato facile risalire a te, sono riuscita ad avere informazioni dagli addetti dell'ospedale, sono stati molto gentili e poi.." "Perché?" Chiese lui come se lei fosse appena apparsa "Cosa?" Rispose sorpresa "Perché sei qui? Non mi interessa come hai fatto a trovarmi, voglio sapere perché" Fu deciso nella sua richiesta, non voleva risposte evasive, voleva la verità e lei questo lo capì, infatti si girò verso l'oblo alla sua sinistra e rispose con aria meno baldanzosa e a bassa voce "Perché mi sono innamorata di te" Quella risposta sortì in lui l'effetto di una scarica di adrenalina e senza pensarci su la afferrò dolcemente lei per un braccio invitandola a girarsi verso di lui. I loro sguardi si incontrarono e immediatamente si abbracciarono e baciarono con passione, fu un bacio profondo che li fece sentire per un attimo estranei da tutto il resto e poi si fissarono nuovamente; nessuna parola uscì dalle loro bocche, stavano comunicando con gli sguardi e ciò che vedevano erano solo sensazioni d'amore. Stremati da quelle forti emozioni nel volgere di pochi minuti si addormentarono mano nella mano.
Felice, convinto di dover viaggiare da solo, aveva trovato uno di quei voli strani con vari scali: da Roma avrebbe fatto tappa a Madrid, poi a Dakar e infine sarebbe arrivato a San Paolo. In quel momento stavano sorvolando il deserto del Sahara ed erano ancora immersi nel sonno. Lui stava sognando, era su di un pullman di quelli a due piani tipici di Londra, ma non era in Inghilterra. Il mezzo procedeva in mezzo al deserto e mentre lui ammirava quel paesaggio sterile, ma allo stesso tempo affascinante, alle sue spalle si stagliò possente l'ombra di qualcuno. Si girò di scatto trovandosi davanti uno di loro e solo in quel momento si rese conto che il pullman era vuoto, a bordo non c'era nessuno, nemmeno l'autista, solo lui e quell'altro.
"Ma bene, quindi sono di nuovo nelle vostre mani; e io che pensavo di potermi godere un sogno tutto mio" Esordì Felice sarcasticamente "Tu stai sognando" Rispose l'altro in maniera distaccata "E stai dormendo accanto alla donna di cui ti sei innamorato. Il tuo aereo sta sorvolando il Sahara, ma non vi state dirigendo verso il Senegal, bensì nella città di Gao. Stai attento, loro sono lì " Concluse frettolosamente l'altro "Loro chi?" Chiese Felice "Gli scuri, stai attento agli scuri" E detto ciò svanì. Il sogno si fece sconclusionato e dopo un po' Felice si svegliò con impressa nella mente una frase; stai attento agli scuri. Aveva ancora nella sua mano quella di lei che dormiva beatamente e stava per servirsi da bere dell'acqua quando l'aereo sembrò virare in modo repentino verso sinistra e senza volerlo rovesciò un po' d'acqua sulle gambe di Aurora che si svegliò di scatto.
"Cosa succede?" Chiese ancora intontita dal sonno.
"Non lo so, ma non mi piace" Rispose lui mentre con un fazzoletto di carta cercava di asciugare un po' le gambe della compagna. Nel frattempo l'aereo si era inclinato ulteriormente e adesso i passeggeri dovevano allacciarsi la cintura e tenersi forte se non volevano essere disarcionati dai propri sedili. Una voce dal microfono stava dicendo qualcosa in inglese, poi parlò in francese ed infine in italiano <A causa di un  improvviso guasto tecnico siamo costretti ad un atterraggio d'emergenza nell'aeroporto disponibile più vicino. Vi informiamo che faremo tappa a Gao per poi ripartire al più presto. Il capitano si scusa per l'inconveniente e vi chiede di portar pazienza> I passeggeri reagirono nei modi più disparati: c'era chi inveiva contro quella compagnia da strapazzo, chi rideva per l'inconveniente, chi sembrava non dar peso a ciò che stava accadendo e tutta una serie di reazioni emotive più o meno normali in quei casi. "Qualcosa non va?" Chiese Aurora vedendo Felice completamente estraniato "Gao!" Esclamò lui "Cosa?" "Ha detto che atterreremo a Gao, non va bene" "Perché?" Domandò lei che cominciava a capir gli atteggiamenti dell'uomo "Perché a Gao troveremo gli scuri"
Dopo circa tre ore stavano percorrendo una strada polverosa a bordo di un pulmino sgangherato che li avrebbe condotti presso un piccolo hotel della città per passare la notte. Il problema al loro aereo era più complesso del previsto e, non essendoci voli sostitutivi, il comandante dopo mille scuse e raccomandazioni aveva convinto i passeggeri a farsi accompagnare, a spese della compagnia, in hotel a Gao nell'attesa che l'aereo fosse riparato. Nonostante i mugugni avevano accettato tutti di buon grado; una doccia e una buona dormita avrebbe permesso loro di ricaricare le pile. Dopo aver espresso le sue preoccupazioni in merito ad un atterraggio a Gao, Felice non aveva più parlato e Aurora era in difficoltà. Si era innamorata di lui a prima vista e voleva stare sempre al suo fianco, ma le era chiaro che l'uomo nascondeva qualcosa di grave e pericoloso. Dopo essere giunti presso la struttura che li avrebbe ospitati, i due vennero sistemati in una camera matrimoniale e quando uno degli addetti chiese loro se una camera per due fosse stata di loro gradimento, Aurora accettò all'istante non lasciando a Felice modo di replicare. La camera era provvista di aria condizionata e tutto sommato era pulita ed ordinata. Lei stava sistemando la sua borsa mentre Felice era sdraiato sul lettone con lo sguardo fisso verso l'alto "La nostra prima notte insieme" Disse lei sorridendo, ma lui non fece il minimo movimento, nessuna espressione o commento e allora lei rincarò la dose "Ho dovuto fare i salti mortali per raggiungerti e adesso che siamo qui da soli te ne stai lì impalato a fissare il soffitto!?" Per alcuni istanti sperò di aver sortito qualche effetto su di lui ma dopo alcuni minuti Felice si alzò e si diresse verso il piccolo bagno munito di doccia. Lei sentiva il rumore dell'acqua infrangersi sul corpo dell'uomo e presa dall'eccitazione lo raggiunse sotto la doccia. Lui la accolse con calore, fecero l'amore e poi si trasferirono sul letto dove bissarono il loro amore. Aurora era raggiante, il suo profumo riempiva la piccola stanza e Felice se ne stava beando.
"Io e te dobbiamo parlare" Disse lui con calma ma con un tono che non permetteva repliche "Dopo" Rispose invece lei che lo prese per il collo e lo tirò a se e dopo aver fatto nuovamente l'amore si addormentarono.
La luce inondava la stanza, a quelle latitudini il sole sorgeva presto. Lui si svegliò con la sensazione di aver trascurato qualcosa, ma la vista della sua compagna sdraiata vicino lo tranquillizzò all'istante. La libido era al culmine ma si costrinse a stare calmo e dopo essersi rivestito svegliò dolcemente Aurora baciandola sulla guancia "Sveglia tesoro, andiamo a fare colazione" Lei aprì gli occhi e lo fissò con quel suo sguardo ammaliatore, Felice era pazzo di lei "Che ore sono?" Chiese con la voce ancora impastata dal sonno "Non ne ho idea, ma il sole è già alto; una buona colazione e due passi all'aria aperta ci serviranno per schiarirci le idee" Lei fu presa dal panico, cosa voleva dire con quelle parole? Che la loro era stata solo una notte di sesso e niente più? L'uomo percepì quei dubbi e dopo essersi avvicinato all'orecchio di lei sussurrò "Ti amo, stai tranquilla. Adesso preparati che dobbiamo parlare" E detto ciò la baciò delicatamente sul collo. Lei trasalì, ma si trattenne e fece un cenno d'assenso con il capo.
Un incaricato aveva appena comunicato loro che il volo non sarebbe ripreso prima di 36 ore e quindi avrebbero dovuto passare la giornata a Gao e probabilmente un'altra notte. Aurora si meravigliò della reazione di Felice o meglio della totale indifferenza per quella notizia, infatti mentre tutti gli altri passeggeri avevano sonoramente protestato più o meno civilmente, lui sembrava quasi contento di quel contrattempo. Stavano consumando la colazione quando lei, preso coraggio, chiese "Hai voglia di raccontarmi cosa sta succedendo?" Lui alzò lo sguardo verso il cielo e poi la fissò "Sì, stammi a sentire" Felice raccontò in maniera dettagliata le sue esperienze ultraterrene, la perdita dell'amico Franco, la sua vita nel quartiere e spiegò come i suoi genitori, al quale era sinceramente affezionato, lo avessero tenuto all'oscuro di quel segreto. Parlò anche delle frustrazioni, delle sue paure ed insicurezze, aggiunse di essere in cura presso una psicoanalista e accostò il loro incontro ad un possibile disegno degli alieni. Parlò ininterrottamente per più di un'ora e lei lo ascoltò con attenzione senza mai interromperlo, senza mai dubitare delle sue parole; lui fu contento di quell'atteggiamento e alla fine concluse "Ecco, questa è la mia storia strampalata e adesso forse ti sarai pentita di avermi seguito fin qui" La ragazza non rispose, prese il bicchiere pieno d'acqua e ne bevve lentamente tutto il contenuto, si asciugò la bocca con un fazzoletto e poi sospirò. Felice stava per dire qualcosa ma lei lo anticipò "Aspetta" Disse con calma, si alzò e si mise difronte a lui che alzò il capo verso di lei, si fissarono per un attimo poi le loro labbra si incontrarono e si baciarono con passione. Quando si staccarono per riprendere fiato lei parlò con tono deciso e sincero "Ti sarò sempre vicina Felice, ti amo" Lui fu rinfrancato da quelle parole e dopo aver abbracciato energicamente la sua compagna si alzò e la prese per mano "Andiamo" Le disse e lei lo seguì.
"Dove stiamo andando? Conosci questi posti Felice? Le guide hanno detto di non allontanarsi troppo dall'hotel, non è una zona tranquilla questa" "Infatti" Rispose lui " Ed è proprio per questo che voglio dare un'occhiata in giro" Lei non ribatté e dopo circa mezz'ora passata a camminare per le strade di Gao, lui si fermò davanti alla veranda di una casa. Alcuni bambini stavano giocando con dei palloni nuovi e lucidissimi e le loro risa riempivano l'aria di gioia, eppure Felice notò qualcosa di strano; erano tutti maschietti, una decina circa ma nessuna bambina. Si avvicinò ad uno dei piccoli che per nulla intimorito proseguì nel suo gioco, sapeva di non potersi far comprendere eppure chiese istintivamente "Dove sono le bambine? Dove sono le vostre sorelle?" Il ragazzino afferrò il suo pallone e si rivolse a lui "Ben arrivato Felice. Qui gli scuri hanno preso il sopravvento, entra in quella casa e, se vorrai, vedrai. Ma stai attento, devi essere forte o soccomberai" "E lei?" Chiese Felice preoccupato, ma adesso il ragazzino lo stava guardando con aria interrogativa e si mise a urlare nel suo idioma incomprensibile per poi unirsi agli altri bambini. Lui restò fermo un attimo, la mano di Aurora era serrata al suo braccio e quando si voltò verso di lei vide nei suoi occhi lo sgomento "Tu e quel ragazzino siete spariti per un attimo. Eravate qui e all'improvviso siete scomparsi. Ti ho chiamato a squarciagola ma dopo alcuni istanti, come eravate spariti, siete riapparsi. Cosa sta succedendo?" Lui cercò di tranquillizzarla, le aveva raccontato di strane esperienze e lei aveva detto di credere alla sua storia. "Adesso sai di cosa stavo parlando, stai ancora con me?" Chiese lui accigliato e lei rispose senza tentennamenti "Si, sono con te, ho detto che ti amo" "Anche io. Ora devo entrare in quella casa, probabilmente correrò dei rischi, ma sono qui per questo. Tu mi aspetterai in albergo, non voglio esporti a inutili pericoli, ok?" Lei lo guardò con gli occhi umidi e dopo averlo baciato rispose "D'accordo, come vuoi tu" Felice sorrise e si diresse verso la casa indicatagli dal ragazzino, varcò la soglia della piccola abitazione e si trovò in una piccola stanza illuminata dalla luce esterna; non c'era nessuno, solo un tavolo con due sedie e sul lato sinistro una piccola apertura che conduceva in un'altra stanza, vi si avvicinò per entrare ma qualcosa lo bloccò. Paura? Istinto di sopravvivenza? O semplicemente la consapevolezza di essere di nuovo in balia di qualcosa fuori dalla sua portata? Assalito da tutti quei dubbi stava per tornare indietro quando una mano afferrò la sua e la strinse forte. Riconobbe immediatamente quella stretta e la voce di lei lo rassicurò "Sono con te, non ti lascio solo" Lui rispose alla sua stretta e dopo averle detto "Andiamo" Varcarono la soglia di quella stanza.
Lei non si meravigliò troppo, aveva creduto ai racconti di Felice ed era pronta a tutto, lui invece non smetteva mai di stupirsi di fronte a quei fatti. Si trovavano in un grande spazio chiuso ma ben illuminato, forse un capannone, tutto era in ordine e perfettamente pulito, tavoli, sedie, divani e scaffali pieni di libri e oggetti di modellismo; l'impressione era quella di trovarsi in un ambiente olografico dove tutto era perfetto. Aurora lasciò la mano di Felice e con attenzione sfiorò un tavolo, spostò una sedia e chiese a lui di fare altrettanto, quindi si accomodarono in silenzio e infine lei chiese: "Dove siamo?" Lui fece per rispondere ma una voce cupa e potente lo anticipò "Siete nel mio regno!" Un gigante scuro era apparso dal nulla e si stava dirigendo verso di loro attorniato da un nugolo di bambine e fanciulle, tutte quelle ragazzine che Felice non aveva visto giocare per strada. Lo scuro notò i loro sguardi severi e precisò "Con me stanno bene, io mi prendo cura di loro al contrario della loro gente" "Bastardo!" Inveì Aurora "E lei chi è?" Chiese lo scuro sorridendo, evidentemente conosceva già la risposta ma si stava divertendo "Lei è la mia compagna di cui sono innamoratissimo e a cui non torcerai un capello" Rispose Felice seccamente per poi proseguire "Io non so da quale inferno tu sia sbucato, ma stai tranquillo che ci tornerai presto" "Inferno?" Lo schernì l'altro "Quale inferno?" Il gigante si fece minaccioso e Felice istintivamente si parò davanti ad Aurora che altrettanto istintivamente afferrò la sua schiena per proteggersi "Ma che teneri, veramente" Continuò lo scuro con aria strafottente. "Sono sicuro che vi sacrifichereste l'uno per l'altro, dico bene?" Felice ed Aurora non risposero e lo scuro proseguì "Queste bambine, queste giovani donne, sono qui perché lo voglio io e nessuno fa nulla per impedirlo. Gao è una città in guerra, dimenticata da tutto e tutti, qui vige la regola del più forte e il più forte sono io. La gente del posto è contenta di farmi dono di alcune giovani, in cambio io li proteggo dagli attacchi esterni, quindi non sono io il mostro ma siete voi essere umani creature senza pietà, egoisti ed incapaci di ribellarvi ed è per questo che alla fine saremo noi a prevalere, siete voi che ci volete" Rimarcò il gigante mentre con una risata sinistra riempì il silenzio di quell'ambiente e nonostante tutto le giovani ragazze sembravano a loro agio "Questo è il regno dell'ordine e della pulizia e non permetterò a due scarafaggi come voi di  insozzarmelo, chiaro?" Adesso lo scuro era davvero minaccioso, ma Felice non arretrò di un centimetro e rispose "Senti pagliaccio, cosa faresti se io e lei volessimo riportare queste giovani alle loro famiglie, nelle loro case? Come faresti ad impedircelo?" Lo scuro ebbe un moto di stizza ma si ricompose subito e rispose con calma "Provateci se credete di farcela" Fu Aurora ad avvicinarsi al gigante e alle ragazzine che sembravano aver capito tutto ma che non si staccavano un attimo dallo scuro. "Se volete, ragazze, potete seguirci fuori di qui, potete tornare alle vostre case, vi aiuteremo noi, non temete" Al contrario del previsto lo scuro non fece nulla per trattenerle, anzi, sembrò sfidare la donna che con tanto coraggio si era mossa in aiuto delle fanciulle. Alcune bambine fecero per seguire Aurora, ma senza che niente e nessuno le costringesse, si misero di nuovo vicino al gigante che dopo alcuni istanti scoppiò in una grassa e tenebrosa risata "Avete visto sciocchi? Stanno meglio con me, nel regno dell'ordine e dell'ombra. Gao è nostra e presto tutto il mondo sarà nostro, non dobbiamo fare altro che aspettare pazientemente, sarete voi umani, con la vostra presunzione, a consegnarci il vostro pianeta su un piatto d'argento e niente e nessuno potrà venirvi in soccorso. Farete la fine che meritate, diventerete tutti nostri schiavi, ahahah!!!!" Quella risata rimbombava forte nella testa di Felice e nel frattempo il buio totale fu squarciato da un lampo di luce che lo fece trasalire. La sua mano fece una leggera pressione corrisposta con calore, Aurora era lì con lui sdraiata sul pavimento polveroso della casa. Stava per girarsi verso di lei quando l'altra mano trasmise al suo cervello intorpidito un chiaro segnale, qualcosa lo stringeva forte, una mano piccola e delicata. Felice si alzò, i suoi occhi si erano adattati a quella luce soffusa, il sole fuori stava tramontando; una bambina di non più di dieci anni era lì, con loro. Nel frattempo anche Aurora si era ripresa e si avvicinò a lui che stava osservando la piccola "E' una di loro" Domandò speranzosa "Si Aurora, è una di loro. Qualcosa le ha permesso di superare il muro nero che la separava da questa realtà, lei probabilmente preferisce affrontare le difficoltà della vita e combattere piuttosto che restare nell'oblio degli scuri. Loro esistono, sono reali e anche se non li vediamo apertamente stanno portando il mondo in un abisso; vogliono cancellare la nostra razza, non fisicamente, la vogliono a loro completa disposizione, succube delle proprie paure e della propria ignoranza. Non dobbiamo permettere che ciò accada" Felice era scuro in volto, quella bambina era lì a testimoniare che anni di incubi, visioni e fatti strani non erano il frutto della sua fantasia, ma un pericolo reale. Aurora lo prese per mano, la piccola aveva aperto gli occhi e con lo sguardo di chi si sveglia da un incubo li stava fissando con aria interrogativa. La donna si avvicinò a lei e con un gesto materno le prese il capo tra le mani, la baciò in testa e per rassicurarla le sussurrò parole dolci nell'orecchio e anche se la piccola non capiva quel linguaggio fu ugualmente tranquillizzata da quel gesto e un sorriso stupendo apparve sulle sue labbra, l'incubo era finito. Aurora aiutò la piccola ad alzarsi e si rivolse a Felice "E adesso?" Lui roteò gli occhi in cerca di una risposta e disse risolutamente "E' chiaro che qualcuno ha voluto che noi fossimo qui in questo momento, questa gente ha bisogno d'aiuto e noi glielo daremo. Adesso accompagniamo la piccola a casa sua e poi penseremo al da farsi" Allora presero per mano la piccola e usciti da quella casa si avviarono canticchiando verso il centro della strada.
Un apparecchio stava emettendo un suono impercettibile, lei lo avvicinò all'orecchio e rispose "Si?" Dall'altro capo una voce autoritaria chiese: " Come stanno andando le cose?" "Sembra che si stia rendendo conto di qualcosa, non ne sono sicura. Sta di fatto che a sua insaputa ha già portato a termine una missione" "Bene! Non perderlo mai di vista, le cose si stanno mettendo male e abbiamo bisogno di lui" "Certo" Rispose lei mentre la comunicazione si era interrotta. Felice aveva la stoffa del prescelto, loro lo avrebbero usato per i loro scopi.