Felice, l'amico Franco e gli alieni.

Odiava fare la fila alle casse del supermercato. La signora davanti a lui, con la spesa già caricata sul nastro, aveva appena detto "Oddio! Ho dimenticato il miele. Oggi devo fare i biscotti per i miei nipoti, scusatemi un attimo che vado a prenderlo" Certo, pensò Felice, ma datti una mossa. La cassiera lo guardò con aria divertita, a lei interessava solo finire il turno e lui ricambiò il sorriso a denti stretti. La signora tardava, dove cavolo era maledizione!? Felice era rosso in faccia e in quel momento lei giunse trafelata e ansimante con il suo vasetto di miele che appoggiò sul nastro "Scusatemi" Disse rivolta a tutti i presenti "Non potevo fare a meno di questo ingrediente, oggi vengono i miei nipoti e bla, bla, bla" Non finiva più di parlare e lui, al limite della sopportazione, scoppiò.
"Senta signora, non c'è ne frega niente dei suoi biscotti, veda di darsi una mossa che la gente sta aspettando" Restarono tutti in silenzio e lei, riempite le borse con calma e ordine, rispose "Lei è un maleducato" E lei una perditempo, pensò lui che evitò di parlare e si mise a caricare la sua roba sul nastro.
Era sabato, sua mamma lo aveva obbligato ad andare a fare la spesa, non era un ricatto ma poco ci mancava. A 43 anni era scapolo, con un impiego fuori dal comune e viveva ancora con mamma e papà. I suoi fratelli, un maschio e due femmine, erano sposati e avevano dei figli.
Uscì dal supermercato ancora nervoso per quell'episodio, era arrabbiato perché sapeva di aver fatto la figura del cafone, ma forse anche perché capiva che tanta gente era egoista e indifferente. Rientrò a casa accigliato.
"Sono tornato mamma, metto le borse in cucina?"
"Metti a posto la spesa, non fartelo dire tutte le volte" Sua mamma era un'energica signora di 68 anni.
"Va bene, poi faccio un salto al bar"
"Prima apparecchia, oggi preparo il risotto"
"Ok mamma" Che balle, pensò, sempre la stessa storia.
Al bar trovò il suo amico Franco che si era portato avanti con gli aperitivi, infatti lo accolse sorridente.
"Ciao Felice, bevi qualcosa?"
"Certo" rispose "Il solito Piero. E porta un altro giro analcolico per Franco, grazie" Disse rivolto al barista. Il solito consisteva in un bicchiere di vino bianco. Piero servì gli aperitivi accompagnati da alcuni stuzzichini.
"Allora Franco, quanti campari col gin ti sei fatto?"
"4 o 5 e forse dopo andrò a casa a fare un riposino"" Rispose l'amico biascicando.
"Secondo me stai affrontando il problema nel modo sbagliato, anzi, stai evitando il problema e l'alcol non è di sicuro il giusto rimedio"
"E tu che ne sai? Stai a casa con mammina che ti vizia come un poppante. Mia mamma è morta e mio papà è in un centro per malati mentali. Mia sorella"
"Le so tutte queste cose Franco" lo interruppe Felice "Ma bevi troppo da quando tua moglie ti ha lasciato"
"Quella troia! Maledetta! Se ne andata e si è presa i miei figli e" Aveva la mente annebbiata, gli aperitivi stavano presentando il saldo, senza sconti.
"E sei ubriaco. Adesso bevi e vieni a casa mia a farti una bella doccia fredda; poi un bel piatto di risotto ti farà riprendere"
Franco vomitò anche le budella e con l'aiuto dell'amico fece una doccia e si rivestì. Felice lo accompagnò nella sua camera dove Franco cadde in un sonno profondo.
"E' di nuovo ubriaco, non mangia?" Chiese la mamma di Felice.
"No mamma, è in camera che dorme, lasciamolo riposare"
"Si rovinerà se va avanti così, deva darsi una regolata"
"Si papà, hai ragione, ma conosci la sua storia"
"Non abbastanza per capire il suo comportamento" Disse duramente il padre di Felice.
"Ha ragione tuo padre" Confermò la moglie.
"Certo che avete ragione! E lui è un cretino. Ogni volta che lo vedo è sempre peggio e gli dico quanto sia stupido. D'altronde la moglie si è messa con suo cugino perché è ricco, i figli lo considerano un fallito e il fatto che sia disoccupato è solo contorno. Gli amici di un tempo lo evitano come un appestato e lui si attacca alla bottiglia. Sì, è proprio un idiota!"
"Felice, stai calmo. Sappiamo quanto tu gli voglia bene e lo accogliamo volentieri a casa nostra, ma lui deve provare a rifarsi una vita, così si autodistruggerà"
"Mamma, penso che sia ciò che desidera: una lenta ma inesorabile autodistruzione, compatito dalla gente e senza prospettiva futura, lui vuole morire"
"Una cosa bella della vita è la vita stessa e lui vuole morire?"
"E tu che ne sai papà? Sei in pensione, hai realizzato i tuoi sogni e non hai nessun pensiero per la testa"
"Infatti, ma ho dovuto fare un sacco di sacrifici e sono contento della mia vita. Il tuo amico, Franco, si è mai sacrificato?"
Mangiarono in silenzio, Felice assalito da dubbi e preoccupazioni, i genitori stanchi di discutere. Franco apparve sulla porta della cucina con un sorriso sbilenco stampato in faccia.
"Ho sentito il profumo del risotto, e"
"Siediti, è ancora caldo" Lo interruppe la signora Maria. Franco divorò il riso in un battibaleno.
"Avevi fame, dammi il piatto, c'è ne ancora"
"Grazie signora, è squisito" Stava divorando anche il secondo piatto e Felice lo spiazzò chiedendogli:
"Tu mi hai raccontato un sacco di palle, mi hai preso in giro fin dall'inizio, perché?"
A Franco andò di traverso il boccone. Si riprese bevendo una sorsata d'acqua e guardò in faccia l'amico con aria interrogativa.
"Non guardarmi così, sai bene di cosa sto parlando e i miei genitori hanno il diritto di sapere la verità. Adesso ci racconti tutto"
Franco fece spallucce, come a dire che non c'era nessuna verità, mentre sentiva addosso sei occhi che lo stavano trafiggendo. Il suo cervello ordinava di stare zitto ma dallo stomaco saliva l'urlo della disperazione. La sua anima stava uscendo dalla prigione di menzogne dove l'aveva reclusa per lungo tempo e adesso reclamava spazio. Senza più freni a contenerla prese il sopravvento e la mente di Franco fu travolta da quella forza esplosiva, due lacrime stavano rigando il suo volto e come in estasi prese a parlare.
"Io sono un bastardo, lo sono sempre stato. Tradivo mia moglie con le prostitute e con qualunque donna disponibile, l'ho sempre considerata una sorta di schiava, non l'ho mai toccata con un dito ma ho sempre fatto ciò che volevo. Ho speso tutto quello che potevo nei miei vizi: donne, droga, alcol, gioco eccetera. I miei figli li ho considerati sin dall'inizio un peso e li ho sempre evitati di proposito. Mio cugino è una brava persona, lei sarà felice e i bambini cresceranno in un ambiente sano e pulito. Quindi non tormentatevi per la mia sorte, sono un parassita, nessuno sentirà la mia mancanza"
"Ma cosa stai dicendo?" Chiese la signora Maria.
"Calmati Maria" disse il marito "Franco è diventato un uomo e adesso, dopo anni, ha capito cosa vuol dire essere padre e capo famiglia" Franco annuì.
"Quindi cosa hai intenzione di fare? Annegarti nell'alcol?" Chiese Felice.
"No, ho una zia missionaria in Sud America, le ho chiesto di poterla raggiungere"
"Oh mio Dio!" Esclamò la signora Maria "Hai intenzione di andare a rovinare qualcuno anche laggiù?"
"Mamma!" Felice fulminò la donna con lo sguardo.
"Ha ragione, sono un disastro e combino un sacco di guai" Confermò Franco.
"Fuggire in Sud America non risolverà i tuoi problemi" Lo ammonì Felice.
"Lo so, ma lontano da qui spero di alleggerire la posizione di lei e dei miei figli"
"Allora buona fortuna" Concluse il padre di Felice.
Una settimana dopo la incontrò.
"Se ne andato?" Chiese lei.
"Sì"
"In Sud America?"
"Sì"
"Dalla zia suora?"
"Sì"
"E tu te la sei bevuta?!"
"Sì"
"Felice, smettila! Almeno tu non raccontarmi bugie, dov'è? Cosa ti ha detto?"
"Anna, lascia perdere"
"No accidenti! Cosa ti ha raccontato? Sei il suo migliore amico, io sono sua moglie e ho il diritto di sapere!"
"Ti ama e ama i vostri figli, ti basti questo"
"No, non mi basta, è mio marito, il padre dei miei figli, lo amo anche io ma non è più lui, cosa è successo?"
Fece ciò che aveva giurato di non fare e la accompagnò in quel posto lontano, immerso nella natura. Ci vollero 5 ore di viaggio in macchina, tempo in cui lei continuò ad esasperarlo con domande e provocazioni. Giunti alla meta parcheggiarono in un ampio cortile lastricato di mattoncini autobloccanti.
"Eccoci arrivati Anna, sei contenta?"
"Che posto è questo? Dove mi hai portata Felice?"
Una signora di mezz'età, con camice azzurro, li accolse sotto un porticato di legno.
"Benvenuti, vi stavamo aspettando" Disse la signora che li fece entrare da un'ampia porta in legno e li accompagnò su da una rampa di scale larga rivestita in marmo e al primo piano li fece accomodare in uno studio dove li accolse una donna sulla quarantina: la targhetta sulla scrivania riportava scritto <Dottoressa Susan Mcgherry>.
"Mio nonno, era scozzese" precisò lei prima che le venisse chiesto "Accomodatevi, prego" Li invitò a sedere davanti alla sua scrivania.
"Tu sei Anna, diamoci del tu, sarà più semplice" Chiarì subito la dottoressa.
"Ok" Rispose lei.
"Presumo tu abbia assillato Felice a tal punto da farlo cedere; su quella stessa sedia, davanti a me, aveva giurato di non rivelare a nessuno dove sarebbe stato portato tuo marito, Franco. Ed invece eccovi qui, chiaramente non ha mantenuto fede al giuramento, ma vedendoti Anna, credo sia meglio così. Vieni alla finestra, voglio mostrarti una cosa" Anna si alzò, ancora frastornata.
"Guarda laggiù, in giardino, lo vedi quell'uomo sulla sedia a rotelle? Lo vedi bene, lo riconosci? Guardalo Anna, chi è?" Anna stava guardando mentre gli occhi si riempivano di lacrime, ma non disse una parola.
"Ok, hai capito. Siediti che ti racconto una storia. Due anni fa ricevetti una telefonata da un mio collega; mi disse di avere tra le mani un caso di sdoppiamento di personalità causato da una massa anomala nel cervello. I primi riscontri escludevano si trattasse di masse tumorali, masse causate da traumi o qualsiasi altra patologia riconosciuta e, sapendo di cosa mi occupo, mi chiese se poteva interessarmi il caso e io decisi di andare da lui, per vedere il paziente. Qualche giorno dopo ero nel suo studio, con lui c'erano due uomini visibilmente alterati, uno è qui con noi, adesso, l'altro è giù in giardino, sulla sedia a rotelle. Felice mi chiese di aiutare il suo amico, una brava persona con moglie e figli, dovevo guarirlo. Dopo un primo contatto decisi di farlo salire qui, nella mia struttura, dove venne sottoposto ad un ciclo di esami per quindici giorni"
"Altro che lavoro all'estero, era qui" Imprecò Anna.
"Si Anna, era qui. Lui voleva guarire con tutte le sue forze e ha sempre cercato di proteggervi, ma adesso ascoltami bene perché devi essere forte e sarai tu a decidere a cosa credere. Dopo quindici giorni di prove accurate l'esito finale fu sorprendente ma non unico, nel cervello di tuo marito si era insediata una forma di parassita aliena" L'aveva detto, adesso doveva aspettare la reazione della donna che infatti non tardò a manifestarsi. Anna cominciò a ridere, una risata isterica, sempre più forte, fino allo sfinimento e alle lacrime.
"Sentimi Susan, mio marito è sempre stato un brav'uomo; nell'ultimo anno, anno e mezzo, ha combinato qualche stravaganza e sono sempre stata disposta ad aiutarlo e perdonarlo. Se adesso mi dici che ha una grave malattia me lo riporto a casa e lo accudisco come si deve. Nella sua pazzia è convinto che io sia scappata con suo cugino e va dicendo a destra e sinistra scemenze di ogni genere, ma è mio marito e lo amo. Questa storia degli alieni mi fa ridere e arrabbiare allo stesso tempo e non capisco Felice che si presta a questa sceneggiata. Allora dottoressa, mio marito cos'ha? Guarirà? Resterà così per sempre? Cosa devo fare?"
Susan la fissò, mentre Felice la esortava a parlare.
"Tuo marito è morto, da più di un anno. Quello che vedi è il suo corpo, mantenuto in vita dalla forma aliena che è in lui. Abbiamo esaminato più casi in tutto il mondo, il parassita entra in un corpo, resta in incubazione per circa un anno e poi nasce sfruttando per dodici, diciotto mesi il corpo invaso. In questo periodo si sviluppa uccidendo la persona infetta mentre ne utilizza il corpo come un contenitore per poi poterne uscire, colonizzare la nostra flora e fauna e riprodurre nuovi parassiti invasivi"
"Voi siete pazzi, pazzi se credete che io mi beva tutte queste fandonie. Se mio marito ha un cancro o una qualsiasi forma di malattia rara nel cervello non vi permetto di tenerlo qui come una cavia"
"Basta Anna, basta" Felice era rosso come un pomodoro "Io e Franco abbiamo visto altre vittime di questo parassita, è infernale, finché resta nel corpo delle sue vittime è indistruttibile: anche bruciandolo o investendolo con le radiazioni o qualsiasi altra cosa ti venga in mente di fargli, non muore. Bisogna aspettare che abbandoni il corpo per far fiorire i suoi simili, solo in quel momento è vulnerabile e si può intervenire per distruggerlo"
"Ma di cosa stai parlando Felice?" Udì la voce della madre.
Felice aprì gli occhi, era disteso nel suo letto, sudato e sconvolto.
"Mamma, devo andare da Franco, adesso"
"Felice, Franco, è"
"No mamma, adesso. Gli alieni, il parassita, Franco è in pericolo, devo avvisare sua moglie Anna, devo"
"Datti una calmata! Franco è morto l'anno scorso, in Sud America, durante il vostro maledetto viaggio avventura e non ha lasciato nessuna moglie, era scapolo, come te. Adesso tranquillizzati, domani hai quell'incontro importante" Lo rassicurò la madre.
Certo, doveva riposare, aveva sognato, come accedeva sempre più frequentemente. Si coricò per riaddormentarsi e in quel momento gli venne un dubbio: gli alieni avevano preso il completo controllo delle nostre menti, o forse no? Forse c'è li siamo inventati noi per giustificare i nostri comportamenti sempre più freddi e distaccati, il totale disinteresse per le faccende altrui e l'indifferenza totale a tutto ciò che non ci riguarda, la completa mancanza di solidarietà e tutto il resto? Sono gli extraterrestri a determinare le nostre azioni, il nostro umore, oppure davvero siamo diventati freddi ed apatici come robot? No, pensò Felice mentre stava per riaddormentarsi, meglio gli alieni; domani ci avrebbe pensato su; domani, non oggi.