Fiore di luna

Carla si stava preparando. Era l’ora di andare incontro a Barbara, sua figlia, che usciva dal dopo scuola. In quel periodo invernale, le giornate abbrunivano presto e lei non se la sentiva di lasciarla sola. In fondo aveva solo 14 anni. Un’età balorda, dove non si è ancora né carne, né pesce. Per non urtare il suo amor proprio e non intaccarne l’autostima,  aveva addotto la scusa che il rientro a casa sarebbe stato occasione per fare un po’ di spesa.
Carla era un’abitudinaria: il solito percorso ed i soliti negozi. Si sentiva più tranquilla se poteva agire e muoversi in un’area famigliare.  ‐ Barbara, che ne dici se stasera cucinassi delle braciole ai ferri con contorno di patatine fritte?
‐ Oh mamma, direi che sarebbe proprio una buona idea. Con questo frizzantino!
‐  Allora andiamo da Gino. Le due donne si incamminarono sorridenti per i consueti vicoli, parlando del più e del meno. Entrambe di bell’aspetto e longilinee, ad un’occhiata affrettata potevano essere scambiate per sorelle. Barbara, vestita con pantaloni a vita bassa cadenti e con un giubbino scuro di pelle imbottita, aveva i capelli piuttosto corti, di un castano chiaro striato di colpi di luce ed un volto delicato, su cui spiccavano due bellissimi occhi verdi. Sua madre ne era molto orgogliosa, assomigliava tutta al padre.
Carla sapeva di essere stata attraente, ma ora pensava che quell’attributo non la riguardasse più, o meglio che questo riguardasse solo sua figlia. Era piuttosto curata, ma tendeva a coprire le sue forme usando abiti  di foggia eccessivamente sobria. Eppure era ancora giovane,  con i suoi quasi 40 anni, il volto poco segnato e dai lineamenti sottili, gli occhi nocciola e  i bellissimi capelli di un castano dorato che teneva spesso raccolti.
Quando si trovarono davanti all’insegna del loro negozio di fiducia e lo videro chiuso per inventario, rimasero deluse, ma Barbara prontamente propose: ‐ Mamma, che ne diresti di dare un un’occhiata più avanti, da quello nuovo. Mi pare si chiami “Torrini shopping”. Anche lì ci deve essere un po’ di tutto, compreso il banco carni. Passando altre volte ho notato che ha molta scelta.
Carla la guardò ed annuì. Il negozio presentava un reparto con svariati prodotti  da supermercato e un altro  con due enormi banchi destinati  alla salumeria e alle carni. Come da Gino. Solo con spazi  più ampi, strutturati con una concezione più moderna ed un po’ meno affollati.  Al banco carni stava un signore di mezza età con dei buffi baffetti e l’espressione bonaria. ‐ In che posso servirvi? ‐ disse guardando alternativamente le due donne.
‐ Vorremmo  delle braciole di maiale, ‐ rispose Carla mentre Barbara si guardava insistentemente intorno.
‐ Bene , gliele vado a prendere. Se ha un attimo di pazienza, le faccio preparare perché sono da tagliare. ‐ E si diresse nel retrobottega. Carla osservò Barbara che continuava a guardarsi intorno.
‐ Ma che hai? Se ti interessa qualcosa, dimmelo che la compriamo.
‐ No, no.
Un’altra signora si avvicinò al banco. Ancora un attimo d’attesa e il negoziante si ripresentò, seguito da un tizio che reggeva un vassoio con una risma di braciole da tagliare. ‐ Signora, la servirà Mirko, ‐ disse l’uomo dai baffetti,  facendo cenno al nuovo venuto, mentre lui andò ad occuparsi dell’altra cliente. Mirko le guardò stiracchiando un sorriso. Era un giovanotto alto ed atletico, che doveva avere poco più di trent’anni. In pieno inverno indossava un maglietta attillata a maniche corte, che ne evidenziava la muscolatura.
Aveva i capelli chiari, molto curati e di una giusta lunghezza, con un ciuffo che gli faceva capolino sulla fronte e che lui ogni tanto per vezzo,  si tirava indietro con il dorso della mano. ‐ Quante glie ne servono? ‐ domandò rivolgendosi a Carla e piantandole addosso due intensi occhi grigi. La donna fu colta da un breve e inconsueto imbarazzo.
‐ Me ne dia tre. Va bene? ‐ aggiunse poi rivolgendosi alla figlia, che non l’accusò, intenta com’era ad osservare il giovane. Lui incominciò a posizionare la carne e a tagliarla lentamente con una ritualità che calamitava l’attenzione di madre e figlia.
Le sue mani erano grandi e forti. Dalle braccia nude  si intravedevano le vene pulsanti scolpite sui muscoli marmorei. 
Prese le bistecche e le pesò. ‐ Desidera altro? ‐ domandò sempre rivolto a Carla, con un’intonazione che la infastidì.
‐ No, grazie. Le due donne si diressero alla cassa e attesero il loro turno. Barbara  non faceva che girarsi verso il banco carni. ‐ Ma che hai da voltarti continuamente? ‐ le domandò sua madre.
‐ Hai visto che bel ragazzo?
‐ Chi? ‐  le rispose stupidamente con falsa indifferenza,
‐ Ma Mirko, no?
‐ Sssss! ‐ le sibilò Carla vergognandosi. Temeva che il tono un po’ più forte della figlia avesse attirato l’attenzione generale.
‐ Mamma, sei proprio preistorica. Ti imbarazzi ancora per nulla. Che male c’è se dico che uno è bello.
‐ C’è che è sconveniente in certe occasioni e specialmente per una ragazzina della tua età. In quel momento in lontananza riapparve la figura del ragazzo. Stava sistemando alcuni prodotti nelle scaffalature e ogni tanto guardava dalla loro parte.
Istintivamente, Carla si voltò indietro.  Forse … c’era qualcun altro che aveva destato il suo interesse… Ma loro, erano le ultime della fila.  Guardò sua figlia. – Sta a vedere che vuol fare il galletto con lei…‐ pensò.  Barbara, però, la precedette lasciandola attonita con una domanda: ‐ Mamma, hai visto come ti fissa Mirko? 
‐ Che stupidate stai dicendo. Caso mai guarderà te, o a caso, tanto per fare. Piuttosto, tu non me la conti giusta signorina.
‐ Che vuoi dire? ‐  chiese Barbara con un sorrisino, tenendo gli occhi bassi.
‐ Se ti conosco bene come credo… Ho l’impressione che non sia la prima volta che tu vedi quel giovane. Voglio dire che tu sapevi benissimo che lavorava qui  e mi hai convinta a venirci a comprare.
‐ Non ti posso nascondere nulla, mamma. L’altra volta sono passata di qua con alcune compagne e l’abbiamo visto entrare in negozio. Poi ancora altre volte e da informazioni si è saputo che ci lavorava. Non potevamo evitare di accorgerci di quanto fosse  “bono”… Lui deve averlo capito e ci ha fatto dei complimenti. .
‐ Barbara! Ti prego, evitami questi discorsi.
‐ Ma che male c’è?
‐ Ho detto basta.
‐ Non trovi che assomiglia un po’ a Bon Jovi?
‐ E chi è?
‐ Ma come, non ti ricordi quella canzone… “it’s my life”, che ti piaceva tanto?
‐ Ah, già. La donna si ricordò. Così fissò il ragazzo d’istinto.
Anche in quel momento Mirko  la guardava, quasi intuisse di cosa stessero parlando,. ‐ Ma come si permette, chi si crede di essere, ‐ pensò Carla, diventando paonazza per l’irritazione che quello sfacciato le procurava.
Come stabilito, quella sera a casa si cucinarono le braciole, per giunta molto tenere e gustose. Dopodiché Carla rassettò la cucina e lavò i piatti. Sua figlia si isolò ad ascoltare musica e suo marito s’infilò le pantofole piazzandosi davanti al televisore, sintonizzato su uno di quei programmi dibattito dove tutti urlano dicendo le stesse cose.
Terminate le faccende domestiche lei lo raggiungeva. Ma quella sera non ne ebbe voglia. Si sentiva particolarmente stanca e desiderava solo andarsene a letto. Prima si assicurò che Barbara avesse fatto altrettanto… La strada era tortuosa , illuminata dalla luna piena. Ai lati del percorso c’erano dei buchi scuri. Erano grotte. Carla si sentiva addosso una strana frenesia. Il cuore le batteva forte ed il respiro a mano a mano che procedeva nel cammino aumentava di intensità. Era diretta verso una meta. Ma quale? Lo sapeva ma non lo ricordava. D’improvviso si trovò Mirko di fronte che le sorrideva  facendole cenno di avvicinarsi. Lei lo assecondò ed insieme si diressero verso una di quelle grotte. Lui la piazzò vicino al muro e le si avvicinò di più. Il riverbero dei raggi lunari li raggiungeva per quel tanto che bastava.
Le prese entrambe le mani e gliele strinse portandola con le braccia in alto, appoggiate alla parete dell’antro. Quindi iniziò  a baciarle il collo lentamente, alitandole sopra intensi brividi di desiderio. Tanti piccoli baci ancora, in un percorso diretto alle sue labbra. Dolci e teneri,  delicati come una farfalla su di un fiore, per esplodere poi in un godurioso furore non appena le loro bocche eccitate si appiccicarono l’una all’altra, trasmettendosi reciprocamente un vortice di sensazioni che annullavano d’intorno l’esistenza di ogni altra cosa.
Mirko le sbottonò la camicetta e accarezzò i seni indugiando sui turgidi capezzoli… Lei cominciò a svenire… per risvegliarsi ancora nel pieno dell’eccitazione, sola nella sua camera da letto, con il cuore che le batteva forte e l’eco del televisore acceso. Si alzò  piano perché nessuno accusasse la sua presenza. Timorosa e vergognosa di un sogno di cui non aveva colpa.
Da quel momento qualcosa in lei cambiò. Inutilmente cercava di dimenticare le sensazioni di quell’incredibile notte. L’immagine di Mirko le visitava la mente suo malgrado.
L’irritazione iniziale provata nei suoi confronti si tramutò  in qualcosa di più forte ed inspiegabile, che non poteva accettare, cominciando a dubitare della sua stessa ragione. Non era possibile che un sogno le avesse scombinato così i sensi. Era sesso. Nulla di più. Un forte, incontenibile desiderio  sessuale, che l’aveva colta e le proiettava le visceri verso un unico oggetto di desiderio: Mirko.
Incominciò così a ricordarsi della sua femminilità, a guardarsi allo specchio come ormai non faceva più da anni e a comprarsi qualche capo più moderno ed attillato.
Suo marito continuò a vedersi i soliti programmi e non se ne accorse. Sua figlia, invece, le fece i complimenti. ‐ Come sei bella, mamma! Sembri più giovane, hai le stelle negli occhi.
Era trascorsa una settimana da quando con sua figlia aveva incontrato per la prima volta Mirko e lo stesso tempo da quel sogno.
Nei giorni che seguirono passò diverse volte davanti al “Torrini shopping” senza trovare il coraggio di entrare, resistendo alle insistenze della figlia e a quelle dei suoi istinti. Quando si convinse che non lo avrebbe rivisto più,  si accorse che lui la spiava da dietro le vetrate del negozio e ciò le procurò un brivido di piacere, che non fu sufficiente però a farle cambiare idea.
Solo rifacendo lo stesso sogno e riprovando le medesime emozioni, comprese che non doveva comportarsi come una collegiale di altri tempi e che al di là di tutto, doveva mettersi alla prova affrontando da persona consapevole e matura la realtà. Ritornò con Barbara da  Torrini. Faticava a trattenere l’agitazione.
Si sentiva tra due fuochi. Provava un senso di colpa nei confronti della figlia, poiché attratta dallo stesso soggetto, e si vergognava con Mirko,  vivendo quei sogni  come una realtà.
Andarono al banco per acquistare del prosciutto, e vi si attardarono, C’era parecchia gente. Prestavano servizio diversi dipendenti. Ma di Mirko nemmeno l’ombra. Stavano per andarsene, quando lo videro spuntare insieme a tutta la sua sensualità. Carla sperava che la visione reale la lasciasse indifferente, o che almeno la deludesse. Niente di tutto questo. Il tuffo al cuore, l’intensità della sua emozione, erano simili a quelle provate in sogno.
Lui le si avvicinò e la guardò penetrandola con i suoi incredibili occhi grigi. Solo un cenno col capo, senza dire nulla. Ma era come se le avesse letto l’anima.  La figlia che assistette alla scena, guardò sua madre con un muto rimprovero. Nessuna delle due la commentò in seguito. Barbara, però, non volle più entrare in quel negozio.
Passarono un paio di settimane. Carla stava andando incontro alla figlia che usciva da scuola. Lo stesso percorso. La stessa ora. Gli stessi negozi che le sfilavano a fianco. Il ricordo di quella “insolita esperienza” stava sfumando e tutto cominciava a riprendere il consueto tran tran.
Carla ne era sollevata. Meglio la noia e l’abitudine, piuttosto che un’esistenza fatta di  pene d’amore. Troppa ansia, troppa intensità di sentimenti per il suo spirito ormai assestato.
Quella sera, la luna era alta in cielo. Il suo occhio giallo sembrava vigilare su ogni luogo. Doveva sentirsi tranquilla, ma una strana inquietitudine la perquisiva. Si voltò. Aveva la sensazione di essere seguita.  Non vedendo nessuno si tranquillizzò.
Fu un attimo. Repentinamente qualcuno le piombò da dietro la schiena. Si sentì avvinghiare alla vita e sollevare da terra mentre una mano le tappava la bocca.
Si ritrovò insieme a quel qualcuno nell’antro di un vicolo abbandonato.
Il suo terrore durò poco. Due occhi grigi bramati e conosciuti la stavano fissando. Si trattava di Mirko. ‐ Zitta. Stai zitta, ‐ Le sibilò tra i denti. ‐ Ora ti tolgo la mano dalla bocca, ma attenta a non urlare. Lei annuì con le ciglia e lui mantenne la promessa. Le mani dell’uomo, però, le trattenevano le braccia  per impedirle di fuggire.
Un attimo di silenzio, e poi lui continuò sussurrandole con voce calda: ‐ Ti voglio, devi essere mia almeno per una volta. Improvvisamente, le infilò una mano tra le gambe. In fondo, arrivando a toccarla nella sua parte più intima per  accarezzarla delicatamente. La tolse. Se la portò vicino alla  bocca e inspirando profondamente la leccò, guardando la donna intensamente. A quel gesto, il primitivo senso di paura di Carla si trasformò in una sensazione di folle piacere e  incominciò a fremere di godimento. Mirko, non attese oltre ed incominciò a baciarla convulsamente: sul collo, sul volto e sulla bocca dove i due bevvero più volte da entrambi, assetati di piacere.
Le sbottonò la camicetta accarezzandole e  baciandole i seni.  Poi i suoi baci si diressero altrove,  nella parte più segreta di una donna.
Nell’antro di quel vicolo oscuro e dimenticato i due consumarono un amplesso di folle desiderio e lei dopo tanto tempo si sentì nuovamente bella e desiderabile.
Profumata di desiderio, profumata come un fiore appena sbocciato sotto l’ovattato riverbero lunare.
In quei momenti Carla si era scrollata di dosso ogni orpello, ogni problema, ogni dovere. Il mondo non aveva avuto più confini , se non quello dei loro corpi.
Quando finirono e si ricomposero, lui le accarezzò il volto. ‐ Ti ho desiderato troppo, per non prenderti. Eri un ossessione, nei miei pensieri, nei miei sogni. Dovevo farlo, a qualunque costo. So che per noi non ci sarà futuro, ma ciò che è stato lo serberò qui dentro, – le disse toccandosi il petto. ‐ Ricorderò ogni parte di te in segreto.
Gli occhi della donna si inumidirono: ‐ Anche a me è successa la stessa inspiegabile cosa. Addio. Solo quando si trovò sulla strada di casa, Carla si ricordò di aver mancato all’appuntamento con sua figlia. Ormai era tardi. Barbara doveva essere rientrata. Che scusa poteva inventarle? ‐ Mamma, ma dove diavolo sei stata? Ero in pensiero.
‐ Scusa, ma ho …avuto un contrattempo.
‐ Che ti è successo? ‐ le domandò la ragazza osservandola meglio. Hai un aspetto strano, disordinato.
‐ Sono scivolata, ‐ rispose di getto Carla.
‐ Mio Dio!
‐ Non ti preoccupare, sono passata dalla farmacia. Ma è stato solo uno spavento. Nulla di male. Ora vado a preparare la cena. Barbara andò a piazzarsi davanti al televisore e iniziò a fare zapping col telecomando. D’un tratto chiamò: ‐ Mamma, mamma! Vieni a vedere. La donna mollò tutto. Si precipitò da sua figlia domandandole concitata: ‐ Che c’è, che succede? La trovò sorridente e rilassata. ‐ Guarda, quello è Bon Jovi. Quel cantante che ti dicevo. Senti. Sta cantando la tua canzone preferita. E le alzò il volume.
Carla guardò ed ascoltò credendo per un attimo di morire.
‐ Non dici niente?
‐ Non ho nulla da dire.
‐ Non assomiglia a Mirko?
‐ No. Mirko è unico, ‐ pensò. ‐ Ora lasciami andare a preparare.
Mentre ritornava in cucina , si fece forza e ricacciò indietro il magone che le stava salendo in gola.
Passarono dei giorni, durante i quali Carla decise che forse non era il caso di andare incontro a sua figlia. Era in grado di cavarsela benissimo da sola. Comunque, meglio di lei.
Una sera rincasando,  Barbara ancora prima di posare lo zaino la investì con un fiume di parole: ‐ La sai la novità?
‐ Quale?
‐ Mirko.
‐ Mirko cosa?
‐ E’ partito. Non lavora più lì. Carla a quel punto non poté più contenersi. ‐ Partito? Perché ? Per dove? Sua figlia la guardò con un sorriso malizioso. ‐ Calma, calma. Come mai tutto questo interesse? Comunque sarò buona. Si dice che negli ultimi tempi soffrisse delle pene d’amore. Avvinto da un legame impossibile, senza speranza …ha deciso di accettare un’alettante proposta di lavoro in un'altra città. Quale sia questa città, però non so. ‐ Sono contenta per lui ‐  fu il commento secco della donna. ‐ Ora vai a rimettere a posto la tua roba. Ti chiamerò appena  è  pronto. Quando ritornò in cucina Carla sentì il bisogno impellente di respirare aria fresca. Aprì la finestra e si affacciò. Dalla sua postazione, collocata in alto, poteva vedere in lontananza le luci del porto. Era tardi, ma meno buio del solito, perché su tutto c’era l’occhio vigile e pieno della luna, che lanciava i suoi bagliori ovattati ovunque. Proprio come quella fatidica sera che l’aveva vista rifiorire dopo tanti anni. Ma era tardi e faceva freddo. Doveva rientrare.