Giochi Proibiti

Le coperte e i cuscini hanno l’odore di Virginia.
L’avvocato Dejare annusa l’aria, scivola con la mano sulla federa che conserva l’impronta della testa di sua moglie. Raccoglie un lungo capello nero e lo trattiene tra indice e pollice.
Poi, lo infila nella tasca della giacca grigia. Indugia ancora un secondo a guardare la stanza e pensa che anche con le finestre semichiuse è colma della luce della donna.
‐ Vado in studio. Passi a prendermi alle sette? ‐dice battendo le nocche sulla porta del bagno a fianco della stanza.
Il rumore lieve dell’acqua spostata dai piedi nella vasca idromassaggio, accompagna la risposta di Virginia.
‐ Ok. A stasera ‐
Vorrebbe aggiungere qualcosa l’avvocato e invece raccoglie il cappotto in stile ministeriale scuro, attraversa il lungo corridoio del reparto notte; con un cenno del capo saluta la filippina che sta riordinando in salotto ed esce.
Virginia gli appare come uno strano miraggio concreto dal giorno in cui l’ha conosciuta.
Dejare aveva superato d’un pezzo i cinquanta e benché la consistente ricchezza gli regalasse un vantaggio nei confronti dei suoi coetanei, il suo fascino era ugualmente visibile.
Un uomo di grande classe e cultura, sapientemente conservate; un classico esemplare dell’alta società meneghina. Molto attento alla forma, attratto dalle donne di un certo stile, mai appariscenti ma dannatamente disinibite.
Per Virginia ha imbarcato moglie e due figli. L’ha liquidata con una somma da capogiro e si è ripreso un lembo della vita che in fondo gli è sempre mancata.
La sessualità di Virginia gli appare da subito un velo trasparente sulla indubbia classe che possiede e che agli occhi di un attento estimatore del genere, salta agli occhi in un solo balzo.
Non fosse altro per come cammina.
Da cinque anni è divenuta la moglie dell’avvocato Dejare, uno dei penalisti di Milano più contesi.
Trent’anni di meno, conserva nei lineamenti l’origine asiatica ereditata da parte materna.
Un viso e un corpo che avevano spazzato ogni dubbio all’epoca, dalla testa dell’ uomo.
C’ è da aggiungere che a togliere qualsiasi tentennamento all’ avvocato, tipico delle faccende che si trascinano moglie e figli in coda, era stata l’assoluta libertà mentale di Virginia.
Fosse stato per lei poteva rimanere sposato. Nessuna preclusione sulla condivisione dei letti. Ovviamente reciproca e, questo, lo ha messo in chiaro fin da subito.
‐ Ti sposo, ma non voglio sentirmi limitata nella vita intima‐ e a Dejare era parso davvero un miraggio, forse più per una serie di teorie personali a vantaggio della propria coscienza maschile.
A parole era di una semplicità unica. Niente possesso, niente gelosie.
Lui, in fondo, si era convinto che era meglio essere comproprietari di un vulcano che gli unici proprietari di un iceberg.
Quando poi, la prima stilettata di gelosia e orgoglio gli aveva fatto fare qualche gesto innervosito, Virginia l’aveva messo al muro.
‐ Non c’è nulla che voglio nasconderti. Puoi essere presente anche tu. In fondo sei mio marito e non l’ho mai nascosto agli uomini con i quali mi concedo un passatempo ‐
Il senso di intrappolamento che aveva avvertito in quella provocazione, l’aveva rimosso con delle semplicissime riflessioni.
Anche se non ci fossero stati i locali per scambio di coppie che secondo statistiche facevano il pieno nei fine settimana, da che mondo è mondo esistevano i minuetti a trois, a quattre.
In tutta sincerità, se avesse potuto descriverla proprio tutta, Virginia senza saperlo l’aveva spinto a volersela sposare quella ragazza dal sorriso di porcellana bianca. I sensi dell’avvocato si erano rinverditi; mille immagini di film porno gli erano comparse all’improvviso e nell’abbracciarla aveva pensato che era tempo di viverla appieno la sua ricca, noiosa esistenza.
I dettagli in “un breve racconto” si risparmiano e lasciamo al lettore chiunque esso sia e alla propria personale immaginazione, di quanto e come Virginia avesse sedotto un uomo nato sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, con una precisa matrice di perbenismo, tipico delle classi sociali aristocratiche e non, dell’epoca.
Molto si fa e altro non si fa ‐Molto si dice e altro non si dice. Nulla di veramente etico.
Una moralità di seconda mano per buon uso e costume.
Le avventure si sono moltiplicate, le vacanze sono almeno quattro all’anno e più giri e, più incontri ragazzi da sballo, abbronzati, la pelle come il bronzo e i capelli che solo il surf sa striare naturalmente.
Francesco l’ hanno conosciuto insieme lui e Virginia, a Milano, guarda un po’... A volte non serve fare voli transoceanici per incontrare una creatura di ventiquattro anni appena abbozzati e una montagna di soldi che gli riparano gli studi di ingegneria.
‐ Mi piace ‐dice dopo quella cena Virginia.
‐ Vabbè organizza ‐risponde Massimo Dejare. Pur di accontentarla e accontentarsi ruberebbe la luna al mondo e gliela manderebbe a casa confezionata da Bulgari.
Finché Virginia sceglie perennemente uomini più giovani di lei di almeno una decina d’ anni, più di tanto non lo disturba. Se proprio si va a scavargli nei meandri più profondi, lo eccita e lo fa sentire un piccolo dio. In quelle stanze, là dove avvengono quegli incontri della moglie, lui è un assistente silenzioso, mai volgare, mai invadente. Poi è sua, è sempre sua, come una bella vettura di cilindrata che sì è impolverata durante un tragitto e a cui basta un lavaggio per far risplendere la carrozzeria nuova. Non è più tempo per Dejare di vendere e acquistare le vetture con la furia di un tempo.
A un anno dall’ immatricolazione le auto appartengono già al modello precedente, subiscono una svalutazione mostruosa come le porti fuori dalla concessionaria. Virginia è un esemplare unico di Ferrari che più il tempo passa e più si rivaluta. In giro ce ne sono talmente poche che il mercato tiene perfino in Giappone. E Dejare lo sa.
Di solito le “avventure” hanno vita di ore. Poi si passa ad altre questioni. Non è che la vita dei coniugi sia basata esclusivamente su questa divagazione. Cene, mostre, concerti, viaggi. Bè, si. Ci scappa sempre qualcosa, anche se parti da casa con tutt’ altra idea.
Virginia è una tritasassi quando ci si mette.
Con Francesco cominciano a perdere connotazione il “patto di solidarietà” .
Dejare ha scoperto che lo vede senza dirgli nulla.
‐ Perché devi mentire se tutto è chiaro tra noi? ‐gli dice la sera alle sette quando entra nel suo studio privato. C’è un velo di rimprovero nella sua voce, miscelato ad una certa amarezza.
‐ Non ti ho mai mentito Massimo ‐risponde Virginia passandosi la punta dell’ indice sulla palpebra.
E’ un tic nervoso che la assale quando è in difficoltà.
Lui potrebbe leggerla come un libro quella giovane donna.
‐ E allora perché adesso? Perchè mi escludi dalla storia? E’ una storia vero Virgy? ‐
Pare un padre preoccupato per l’avvenire della figlia. La guarda socchiudendo a fessura un occhio e tenendo l’altro ben aperto su ogni minima mossa facciale che gli dia un segno.
‐ Meglio parlarne. Io lo amo ‐
Ecco è fatta pensa Virginia. Francesco non la vuole dividere con altri, in due mesi si è scoperta un’ anima nuova, come dire, diversa.
‐ Ha dieci anni meno di te, è uno studente. Cosa pensi di farci? ‐
Vorrebbe dirglielo cosa pensa di farci, ma ha pietà. Si dice che un uomo vero lo riconosci dalle decisioni che prende e lei non ne ha mai conosciuto uno prima di Francesco.
E’ Francesco che conduce il gioco, Francesco che si è preso una sventola che gli ha frullato in unico mix il cuore, il cervello, e l’anima.
(Tu lo lasci. Punto. Se mi ami lasci lo “zio” , lasci il “ nonno” . Fa come cazzo vuoi.
Se mi ami lo molli, altrimenti Virginia si chiude.
O lo ammazzo e finisco in galera o, ci pensi tu a dirglielo)
Questo discorso chiaro, limpido come l’acqua di una fontana di montagna, ha deciso per entrambi.
‐ Non è l’ultimo dei mohicani Francesco. Ha di che vivere per due generazioni. Quali ansie vuoi mettermi? Ho trentaquattro anni. Figli non ne hai voluti, è l’unico baratto in fondo che c’ è stato tra me e te./ Niente figli‐ Tutti gli amanti che vuoi/ . E’ finita Massimo, se mai è cominciata.
Sono incinta, l’hai capito o non l’hai capito? ‐
(Incinta. Come può una statua bella come Virginia essere incinta? Come si può pensare di deturpare un’ opera scultorea? E’ uno sfregio all’ estetica. E’ un deficiente il ragazzino, un povero imbecille che non ha capito nulla)
‐ E se non ti lascio andare con lui? ‐Dejare sa che non può mettersi di traverso sul pavimento, sa che lei lo scavalcherebbe perché oltre che a conoscerla, gliela vede dipinta sullo sguardo la decisione definitiva.
C’ è silenzio nello studio. Massimo Dejare fa ruotare la Mont Blanc sulla scrivania e la fissa come fosse una trottola di lusso. Se la porta quasi vicina al naso e la rimira.
‐ Non sono un perdente Virginia, per natura non lo sono e sono troppo intelligente per mettermi a competere con un ragazzino ‐
‐Quindi? ‐risponde innervosita ma già più sollevata da quando è entrata.
E’ solo questione di orologio. Ormai il più è fatto.
‐Quindi fammi parlare con lui, da solo, a tu per tu. Fallo venire da me domani sera a quest’ ora ‐
Virginia esita tra varie possibili risposte e l’ idea di prolungare ancora quel discorso ha l’ effetto di spingerla ad acconsentire non prima di sondare cosa effettivamente vuol dire a Francesco.
‐Molto semplice tesoro. Mi firma una rinuncia a qualunque tipo di responsabilità o eventuale richiesta da parte tua di somme di denaro o altro. Fintanto che non ci sarà una soluzione del tutto legale, non voglio mi si attribuiscano paternità inesistenti. Si da il caso che ho due figli ‐
Lascia una scia di profumo e ricordi fastidiosi chiudendosi la porta alle spalle, senza aggiungere una sola sillaba. Lui si mette il cappotto ed esce fumando.
(Ma davvero pensavi di invecchiare con lei? Invecchiare quando? E’ già successo Dejare. Eri vecchio quando l’hai conosciuta. Lasciala andare, in fondo ti ha regalato cinque anni della sua giovinezza. Cosa pretendevi?)
Già. Si ha un bel dire cosa si pretende quando finisce una storia. E’ un bel casino quando ci sono le carte in regola. Figurati con la moglie incinta di un altro che ha quarant'anni anni meno di te. A chi gliela racconti questa disavventura amorosa? Ti risponderebbero tutti che potevi pensarci prima.
Gli stessi che si sono congratulati per la tua ottima scelta cinque anni addietro, gli stessi che sono venuti al ricevimento del tuo matrimonio.
(Meglio così. Invecchiare con dignità, un minimo di aplomb anche in questo senso. Passerà). Passerà. Si è mai visto un uomo morire per una donna?) pensa guidando verso la casa Limone.
(Che ci vado a fare a casa in via del Senato? Mi metto a parlare nuovamente con lei della cosa? Le pianto il muso?)
Con il cellulare avverte il guardiano di Casa Dejare a Limone, di preparare per la notte.
E’ così che vanno le cose, anche nei ceti più alti della società. Negli altri per una questione del genere si finisce sul divano di un amico o in una piccola stanza di una pensione.
I più sfortunati in macchina, se ce l’hanno. La vita può cambiare dalla mattina alla sera.
Ma avete mai visto un uomo morire perché una donna lo lascia?
In genere no, per dirla in tutta franchezza, ma un uomo e una donna insieme accade che si.
Francesco accompagnato da Virginia, che ha insistito per esserci, segna il proprio destino.
Dejare aveva pronti nella canna del fucile per la caccia grossa preso dalla rastrelliera della villa di Limone, due colpi.
Due pallettoni che abbattono in un secondo un rinoceronte se hai la mira buona.
Due, perché non si sa mai cosa può succedere anche al più perfetto dei percussori con dispositivo automatico.
Lui voleva parlare a tu per tu con Francesco. Da solo.
Virginia non doveva esserci e non si viene meno agli accordi.