Gli Amorali

GLI AMORALI
“Prima di comprare assaggia!” era un aforisma di papà Carmine diretto al figlio Michele. Da emigrante dalla Sicilia al Brasile Carmine non aveva avuto ovviamente vita facile, erano i primi anni del novecento, l’America tutta era meta di profughi che scappavano dalla miseria ma talvolta loro stessi erano preda di lestofanti che con raggiri riuscivano a estorcere loro i pochi risparmi che avevano con sé. Michele aveva  imparato subito e bene la lezione diventando lui stesso un furfante nel campo in cui si guadagnava molto (disonestamente) con minori rischi: il contrabbando. In ricordo dell’Italia sempre magnificata da suo padre, nel comprare un’auto scelse una marca italiana piuttosto costosa, una ‘Lancia Aprilia’ super accessoriata. Quell’acquisto gli aveva portato come conseguenza il rispetto e la stima  dei colleghi emigrati che non riuscivano ad avere lo stesso successo. Il contrabbando era un via ‘impervia’. Prima di tutto corrompere i controllori, le pene previste erano pesanti, già da allora la droga era diventato il miglior affare, per sfuggire alla vigilanza veniva mischiata con cereali, carne, tabacco, alimenti per animali che in Brasile, anche per effetto del minor costo della manodopera avevano prezzi concorrenziali.  Come da sempre avvenuto la ricchezza porta rispetto e considerazione da parte di chi non è riuscito a migliorare la propria condizione. Michele era anche stato ‘baciato’ dalla fortuna, aveva un fisico elegante, simpatia innata, spiccata intelligenza e memoria, doti che gli avevano aperto le porte della migliore società di Rio de Janeiro. Fu invitato nella villa di Pedro Soares un ricco possidente, era  il compleanno della figlia diciottenne. Sempre dietro insegnamenti del padre, Michele in caso di invito da parte di qualche persona importante aveva preso l’abitudine di informarsi su tutto quello che poteva riguardare lui e la sua famiglia, in tal modo gli interessati si sentivano più importanti. Lo ‘spione’ di Michele era stato un cameriere italo siciliano Gregorio Bottàro. Le informazioni che interessavano Michele riguardavano soprattutto la signorina Manuela che oltre ad essere molto facoltosa era affascinante: bionda, altezza superiore alla media, occhi verdi oro, viso vellutato, la descrizione di Gregorio rispondeva alla realtà. All’ingresso della ragazza in sala un lungo applauso da parte dei presenti con gran orgoglio del padre Pedro a cui, per sua fortuna  non assomigliava, la defunta madre era stata un buon modello. Nel giardino  erano stati sistemati tavoli, poltrone, divani il tutto circondati da bambù e da un folto boschetto. In fondo un  tempietto con cupola, al centro un laghetto con ponticello, in acqua papere sguazzanti tutto in stile giapponese. Vecchia tattica imparata dal padre, il giovane, al contrario di altri corteggiatori goffi ignorò completamente la regina della festa anzi quando gli passava vicino la guardava con un sorrisetto strafottente cosa evidentemente non apprezzata da Manuela abituata ad essere assecondata in  tutti i suoi desideri. Si avvicinò a Michele con fare guerresco: “Non la conosco, vorrei sapere cosa vuol significare quel suo risolino di superiorità nel guardarmi.” “Mi domandavo se lei sarebbe in grado di guidare una auto con marce manuali.” Un silenzio prolungato, quella domanda era piuttosto strana, fuori del comune, senza senso.  ”Sono Michele Guerra, italiano, posso dirle la verità, stavo ammirando lei ed il suo vestito rosa pallido dello stilista mio paesano Evandro Slama, oltre naturalmente al contenuto, vorrei festeggiare con lei l’acquisto di una nuova auto ‘Lancia Aurelia’, mi è pervenuta ieri dall’Italia, ha le marce manuali al contrario delle altre macchine che vedo girare per Rio ma che  ho difficoltà a guidare, mi riferisco  a quelle con  le marce automatiche.” “Amo le persone con la faccia tosta, la sua scusa è piuttosto debole, ne ho sentito di migliori, andiamo fuori a vedere stà Lancia… pure di colore rosso come le Ferrari di Formula Uno!” “Abbiamo qualcosa in comune, forse  per la prima volta è preferibile che stia io alla guida,  da recente ho traslocato nel quartiere di Santa Cruz, non sono ancora pratico del posto, userò il navigatore satellitare, un voce femminile ci guiderà sin sotto casa.” Michele comprese che doveva abituarsi alle ‘stramberie’ della nuova conoscenza che subito le mise in mostra infatti appena  giunti nell’abitazione dopo un: “Stasera fa particolarmente caldo.” si era tolta  il vestito rimanendo in reggiseno e slip con cui si affacciò al balcone. “Vedo tutte cose buone…” “Si riferisce o meglio ti riferisci al panorama?” Al cellulare: “Papà stasera resto fuori a dormire…si lo so ci sono tanti invitati che mi aspettano… fagli compagnia tu, ciao.” Manuela aveva dimostrato di essere una tosta, Michele ne sparò un’altra delle sue: “Mi piacerebbe conoscere la marca del tuo reggiseno e del tuo slip…” “Non la conosco….anche stavolta…ho capito, vuoi vedere se sono bionda naturale… accontentato!” ‘Ciccio’ anche senza essere stato chiamato in causa sorse in tutto il suo splendore…” “Cacchio non ne ho mai visti (e provati) di tanta grandezza…non ho ancora deciso…”Manuela dimostrò che la timidezza non faceva parte del suo bagaglio. Andò in cucina, aprì il frigo, prese una bottiglietta di limonata: “È una San Pellegrino, ti sei portato l’Italia anche in Brasile!” “Si ma preferisco assaggiare la indigene.” “Anche se ho studiato dalle monache conosco bene la lingua italiana… guarda guarda un vasca da bagno Jacuzzi ma per quanto riguarda la mercanzia femminile …” “Il mio pisello va ad odore, quello brasiliano è di suo gradimento, che ne dici di un bagno insieme, per me sarebbe una piacevole novità!” Michele aprì il rubinetto, acqua tiepida, non amava quella troppo calda neppure quella gelida preferita dagli svedesi, ‘ciccio’ fu subito d’accordo  e si infilò nel voglioso fiorellino carioca ‘com muito prazer’ di entrambi i titolari. Ciccio esagerò,  chiese il permesso di visitare anche il popò. Dallo sguardo della brasileira capì: ‘proposta non gradita e non accettata’, il calibro di ‘ciccio’ era eccessivo…Finita la pugna pasticcini e liquori dolci per recuperare energie poi riposo post ludio. Squillo del telefonino di Manuela: “Chi…chi sei? …. Papà ti sembra l’ora di svegliarmi, a proposito che ora è?....le undici?...ti chiamo io fra un’ora.” In seguito Michele prese a frequentare l’abitazione dei  Soarez, anche dietro suggerimento di Manuela si recava in cucina e preparava piatti delle specialità romane: pasta alla carbonara, spaghetti cacio e pepe, lasagne al forno, parmigiana di melanzane,  saltimbocca, carciofi, trippa, gnocchi, involtini alla romana. Fra gli altri invitati c’era la moglie di un medico italiano ostetrico emigrato in brasile,  Giovanna Cerioni: “A me piace tutto ma soprattutto i saltimbocca  ed il tirami su!” In seguito al veto di Manuela Michele non si esibì più nella cucina di casa Soares, la signora Cerioni, se voleva, poteva andare altrove a gustare le ‘romanità!’ Papà Carmine se l’era proprio voluta, da fumatore incallito si era ammalato di un carcinoma ai polmoni, fino all’ultimo non ci credette, non volle curarsi, come finale ne sparò una delle sue. Al prete che qualche religioso di casa aveva chiamato per l’estrema unzione: “Leva stò cappello dal mio letto, dovresti saperlo ch’er cappello dei bacarozzi sul letto porta iella!” Un mese dopo a tavola Manuela: “Dê hoje aê amanh~” Michele era distratto, preferiva dirsi sempre d’accordo con Manuela: “Va bene come vuoi tu.” “Spero che tuo figlio o figlia non ti assomigli proprio!” Manuela aveva lo sguardo di fuoco di quando era particolarmente arrabbiata, un evento così importante e quell’imbecille…” Quando Michele si rese conto della situazione, abbracciò la futura mamma e si scusò: “Ero distratto, mi hai dato quella notizia che aspettavo da tempo, immagino che anche tuo padre…” “Voi uomini siete quelli a cui la maternità porta i complimenti dei parenti e degli amici, sono le donne…mia madre è morta alla mia nascita!” “Nessuno me l’aveva detto, da ora in poi niente rapporti sessuali, non vorrei che…” “E qui che ti volevo, per te non ci vorrebbe molto trovare qualche puttanella…” Michele preferì tacere, ogni sua frase veniva male interpretata, non gli rimase che avvisare suo suocero. “Dopo circa due ore giunse indirizzata a Manuela una busta metà azzurra e metà rosa indirizzata a: “Signora Manuela Soares Guerra, all’interno oltre ai complimenti per la prossima maternità anche la scritta: ‘La ditta LukiLi è a Sua completa disposizione per il corredo del prossimo nascituro.’ Papà Pedro aveva colpito ancora. Dopo due mesi,  al controllo  della ecografia si rivelò il sesso del piccolo, un maschio! Sia papà Michele che  nonno Pedro ebbero lo stesso pensiero, imporre il proprio nome al’erede. La situazione venne sbrogliata da Manuela che con la saggezza tipica femminile propose una via di mezzo fra i due nonni: ‘Pietro’ nome italiano traduzione del carioca Pedro. Michele non rimase con ‘le mani in mano’, ricordando quanto segnalato da Manuela circa i problemi occorsi a sua madre durante il parto prese di nuovo contatti con Giovanna Cerioni: “Sono…” “Ti ho riconosciuto dalla voce, aspettavo di essere di nuovo invitata a gustare le specialità romane… che ti è successo?” “Problemi col mio lavoro, mi occorre parlare con tuo marito, vorrei avere le sue generalità ed il nome della  clinica dove lavora.” “E tu come mi ricompensi, vorrei…” “Quando vorrai sono a tua disposizione, dimmi.” Dottor Augusto Pileri, clinica ostetrica ‘Reis’ quinta estrada, mio marito è di servizio dopodomani dalle otto elle diciotto, ti aspetto…” Michele non aveva mai tradito Manuela, non aveva particolare voglia di conoscere da vicino Giovanna ma era importante che la sua adorata avesse le migliori cure per non avere guai durante la venuta al mondo del piccolo Pietro. Giovanna si dimostrò particolarmente in forma, Michele evitò un altro incontro ravvicinato affermando che doveva recarsi in Italia per lavoro. Il dottor Pileri marchigiano fu contento di contattare un connazionale, promise di informarsi sugli ultimi dispositivi per rendere il parto più indolore possibile. Dopo dieci giorni Michele ebbe la risposta che riferì alla sua adorata la quale forse ‘mangiò la foglia’ ma evitò ogni commento. Il parto? Quasi una passeggiata, dopo poco tempo Manuela poté stringere a sé l’adorato Pietro il quale, dopo un previsto pianto iniziale dimostrò subito di apprezzare la tetta materna. L’arrivo di Pietro, da subito ribattezzato Piero aveva sconvolto l’entourage un po’ di tutti i parenti brasiliani, alcuni erano giunti anche da provincie lontane per conoscere l’ultimo maschio della famiglia e far le congratulazioni al nonno, Manuela non se la prendeva per essere stata scavalcata come mamma, aveva il suo piccolo che non dormiva nella spaziosa culla ma nel lettone con mammà. Michele si ‘avvicinava’ poco a  Manuela, si ritirava a casa molto tardi, Manuela lo fece seguire da un investigatore privato più per curiosità che altro, il non più giovane marito si era dato al gioco d’azzardo, evidentemente il ‘fiorello’ non l’attirava più di tanto. Non sempre la fortuna aiuta gli audaci, Michele talvolta tornava a casa sconsolato per la batosta finanziaria subita. Un giorno a mezzogiorno il signorino si era appena alzato, squillo del cellulare, telefonata dall’Italia: “Sono Bruno Bianchi fattore,  suo zio Fernando con la delega di suo padre Carmine sta vendendo terreni e fabbricati di vostra proprietà, io non ho alcuna possibilità di fermarlo,  occorre la sua presenza qui a Bagheria, porti con sé il testamento di suo padre non c’è altra soluzione per fermarlo.” Michele chiuse gli occhi, ricordò che l burocrazia in Italia era capace di fermare anche una pratica facile da sbrigare, si recò all’Ambasciata Italiana a Rio, con il testamento olografo di suo padre e in compagnia dell’amico notaio Michele Antonacci si fece vidimare il testamento ed una copia fotostatica e tornò più sereno a casa. “Manuela devo tornare a Palermo per sistemare i miei affari, il fratello di mio padre li sta mandando  scatafascio, mi farebbe piacere che tu e Piero veniste con me.” Manuela fu dello stesso parere anche se la presenza de o ‘paqueno’ Pedro sicuramente avrebbe procurato dei problemi, ogni giorno diventava sempre più ‘monello’ prendendo in giro in po’ tutto e tutti. Nonno Pedro apprese male la notizia, ormai era avanti negli anni ed aveva timore di non poter più rivedere l’adorato nipote. Prenotazione su un aereo della Air France da Rio de Janeiro all’aeroporto di Palermo Punta Raisi. Partenza puntuale alle ventitré con ‘l’angioletto di casa’ nel mondo dei sogni fino allo scalo di Parigi CDG. Il rumore dell’aereo all’atterraggio svegliò Piero il quale lentamente aprì gli occhi, li richiuse subito, fuori era buio. Durante il tragitto Parigi ‐ Palermo la luce prese il sopravvento sull’oscurità infastidendo il sonno del piccolo che all’inizio di sfregò gli occhi poi, vista l’inutilità del gesto:”Mamma spegni la luce!”  vista l’inutilità anche di questa richiesta decise ad aprirli, era vicino al finestrino e vide la terra scorrere sotto i suoi occhi. Non era l’ora della colazione ma Manuela, da buona mamma previdente gli offrì dei biscotti prontamente afferrati dal piccolo ingordo bevendo  del latte con orzo contenuti in un termos. ‘Dura è la vita’ il pensiero di Piero appena completamente sveglio ma oltre che dura anche noiosa, pensò bene di rallegrarla montando con i piedi sul suo posto e iniziando a cantare la famosa: “Viva la pappa col pomodoro, viva la pelosa della mamma che è un capolavoro…” Non finì il canto che si beccò uno schiaffone da parte del padre che lo intontì. Il volo era francese ma c’erano anche vari italiani che presero a ridere alla grande. Il solito simpaticone romano: “Lo lassi cantá, se vede che ha visto la sorca d’a madre!” Michele alla moglie: “E tu che l’hai voluto mandare in collegio dai preti!