Gli istanti drenati

Balbettò per quella decina prolungata di secondi, sovrastando il silenzio della platea al coperto.
Cercò in fretta un appiglio, si barcamenò tra le posture più insensate, schivando le catene di persone che a mano a mano lo soccorrevano.
Voleva tornarsene in camerino, gli serviva modulare la voce ancora di quel tanto per risolvere l'antico problema di sempre.
Trovare il coraggio di chiederle scusa, contrabbandare il proprio cuore al prezzo di un più autentico ciao, senza il patema di chiedere ad altri il favore di ogni visita.
Macché.
Alisa a quest'ora dorme, c'è la scuola, quella ricerca sulle cellule zigote...chissà com'è finita.
<<Lucio, ah stai qui, vieni il medico ti visita...>>
Come sa essere nera la notte dopo che piangi e non sai perché, dopo che alle stelle non vuoi chiedere più niente,
perché ti ricordi di avere in mano qualcosa,e allora trascini le gambe in faccia a gente che pensa di saperne più di te, che ti strappa il contratto come fossi merce avariata.
<<Era l'ultima occasione signor Benvisti, e lei ha confermato la mia ipotesi; è un cantante da bottega, un cincischiatore da circo, ma che dico, peggio, molto peggio...>>

<<Le chiavi della Porsche>>
<<Eccole Lucio...si può sapere dove vai?>>
<<Vado a sperperare questi centoni>>
Strano non avesse più balbettato. Aveva le ciglia ben più acute di altre volte, come se i pensieri stavolta si fossero assottigliati quanto basta da non prendere più voce.
La sua donna (lui la definiva cosi), lo salutò ammiccando lo slang da lui composto per quella pubblicità di maccheroni.
<<E soffice va nella bocca...>>
<<No, non baciarmi.>>
<<Fanculo, Lucio, vattene!>>

Faceva freddo e la neve si chinava senza resistenze.
La Porsche si allungava nell'asfalto depistando fanali e semafori, tra i luccichii di qualche fuoco appiccato ai rifiuti.
Il più inutile posto di blocco lo scovò proprio lui al termine dello stradone obliquo di Ansfield, rotta di collisione tra bande
dedite allo smercio di stupefacenti e bische a buon mercato.
<<Signore, dove deve andare?>>
<<Cerco Marcus, il Nordamericano>>
<<Lei sa chi è Marcus, vero?>>
<<Si, il pezzo da novanta.>>
Sorpassata la polizia fantoccio, Lucio frenò davanti a un caseggiato dipinto a murales, con una grande foglia d'acero aggrappata
al ribassamento del tetto.
Bussò con particolare audacia, vedendosi arrivare il mento sopraelevato di un guardiano sdentato.
<<Sei il cantante?>>
<<Si, devo...>>
<<Entra e basta.>>

Tutti i presenti nella stanza cominciarono a gridare "Guayaquil, guayaquil!", bevendo margarita e applaudendo alla prossima sciocchezza di turno.
<<Dai italiano, facci sentire la tua stronzata>> ‐ <<Bravo, bevi, e lanciati...paparino...>>
Lucio percepiva solo tanta stanchezza in corpo, e qualcosa giù nel petto sentirsi spezzare, per sempre.
<<Iiii‐iiiio...aaa‐deeee‐‐sso...mi aaaa‐‐mmmaaa‐zzzo>>>
<<Eeeeeeeeeeh, paroloooooni...>>‐ <<Gna‐gna, bevo alla tua stronzata italiano>> ‐ <<I want youuuuu!!!!!!!!!! Ahahahahhahahaha!!>>‐ <<Si, canta di nuovo, baby>>
Lucio lasciò la stanza rannicchiato in se stesso come un bambino.
Scattò l'allarme di una Rover rossa, affiancata ad altre auto in prossimità del garage.
Nessuno si mosse, e la caciara proseguì a grida di "Escondido, escondido!".