Grandi amori e bimbi belli

Alberto era salito a Firenze sul treno ‘Freccia Rossa’, destinazione Roma. Aveva partecipato al matrimonio di una sua amica professoressa di lingue. Più che amica era una sua ex cui in passato era attratto ma non tanto da portarla all’altare. Aveva avuto con lei come addio un ‘approccio ravvicinato’, aveva salutato cordialmente lo sposo e ‘avai été témoin au mariage’, per lui finalmente un capitolo chiuso. Il mondo gli appariva stupendo, si sentiva ottimista per non essersi fatto incastrare, era stato lui a presentare a Mariella Alfonso che per fortuna ne era rimasto folgorato con conseguente richiesta di un legame definitivo. Unico posto libero sul treno uno nei pressi del corridoio, quello vicino al finestrino era senza passeggero ma occupato da una valigetta. Il viaggio sarebbe stato breve e Alberto prese a sfogliare una rivista di femminucce non propriamente accollacciate. Poco dopo si era presentata una signora decisamente bella che, spostata la valigia dal sedile vi aveva preso posto. Ad un certo punto la dama aveva preso a sventolarsi le gambe alzando l’ampia gonna e giustificandosi con Alberto: “Soffro molto il caldo e ridendo: non faccia quella faccia non mai visto le gambe di una femminuccia?” “Si ma ho anche visto il finale delle sue meravigliose cosce…” “Per dirimerle ogni suo dubbio le dico che ho gli slip color carne e quindi…” Non si poteva certo dire che la signora fosse una puritana, per Alberto quello era il tipo di donna che preferiva. Giunti alla Stazione Termini di Roma Alberto e la sconosciuta lasciarono passare tutti i passeggeri (erano seduti all’ultima fila) ma la dama oltre alla piccola valigia ne aveva una più grande e pesante, che fare da parte di Alberto? Ovviamente il cavaliere e, senza profferir verbo la prese e senza chiedere nulla alla padrona si diresse verso l’uscita: “Dopo questa sua chance la ringrazio, cercherò un facchino…” Alberto non si allontanò anche perché di un facchino nemmeno l’ombra, una specie che col tempo era andata perduta. “Madame, col suo permesso sarò costretto a far di nuovo il cavalier servente …” “Ed io son costretta ad accettare ma…senza ricompensa.” “Mi guarderei bene dal chiederla…” La signora si mese a ridere: “Dal suo sguardo direi proprio il contrario!” Alberto aveva ‘trovato duro’ la dama dimostrava di essere una furbacchiona. “Molto probabilmente lei è una psicologa, non mi piacciono le persone che indovinano i miei pensieri, mi mettono a disagio, ho scritto pure in aforisma che dice: ‘Poter leggere nei pensieri altrui? Meglio di no, potreste avere brutte sorprese!’.” “Allora debbo pensare che i suoi siano stati pensieri…” “Si proprio quelli, non si offenda ma la sua persona li ispira.” “Bene, finite le schermaglie, sta arrivando un tassì, lei mi è simpatico, questo il mio biglietto da visita, le scrivo il nuovo numero del telefonino l’ho cambiato di recente, anche la via non è quella, mia madre ha cambiato casa di recente, il mio nome è quello vero, sono Gigliola.” Alberto con un tassì rientrò pure lui in casa in via Manin, durante il viaggio si domandò perché quell’incontro lo aveva colpito, di donne, modestamente, ne aveva quanto ne voleva ma Gigliola aveva qualcosa di diverso dalle altre, di molto piacevole che non sapeva definire. Lui fisico atletico, sorriso permanente era il coccolo di Alessandro preside dell’Istituto Albertelli dove insegnava lingue, talvolta in assenza del titolare di educazione fisica svolgeva anche quelle mansioni. Al rientro in servizio Alberto fu festeggiato dai colleghi, soprattutto femminucce dalle quali, per consiglio del preside si teneva lontano, questione di etica o forse meglio perché la maggior parte di loro pensava a un legame definitivo sempre aborrito da Alberto. Passa un giorno, passa l’altro… Alberto andò in lavanderia a ritirare dei vestiti quando il titolare: “Ho trovato nella sua giacca questo bigliettino da visita.” Era di Gigliola. Preso coraggio: “Sono Alberto, la disturbo?” “Alberto chi, non la conosco.” “Quello del treno e della valigia.” “Mi scusi adesso ricordo, come va? A me bene sono incinta, Il ginecologo ha affermato che la piccola sta bene, fra un mese prevista la sua venuta alla luce, non vedo l’ora” “Ed il padre?” “Mater semper certa est, pater nunquam!” “Bene, tanto premesso smetto di fare l’impiccione, vorrei però essere sincero: se possibile vorrei incontrala di nuovo, se mi dice di no sparirò per sempre dalla sua vita.” “Che brutto verbo sparire, in fondo lei mi è simpatico e di me cosa pensa?” “A questo punto sarò sincero sino in fondo: io riesco a farmi un’idea delle persone, soprattutto donne guardandole in viso. Non sopporto le femminucce col naso lungo, mi sembrano dei maschi, ma dagli occhi desumo le loro caratteristiche. Lei è intelligente, ha personalità, è furba ma sfuggente, se innamorata diventa dolcissima, piacevole, una gatta senza artigli, potrei usare altri aggettivi. Da appassionato fotografo le ho fatto un ritratto che ritengo veritiero.” Silenzio dall’altra parte, poi: “Lei parla come un innamorato…” “Non so cosa risponderle, sto facendo delle domande a me stesso, domande senza risposta, la mia è una inveterata abitudine di fuggire dinanzi a sentimenti importanti.” “Vorrei vivere senza problemi gli ultimi giorni della mia gravidanza, la richiamerò dopo aver partorito.” “Auguri.” Alberto riprese la sua vita normale, lavoro, qualche avventura disprezzata da mamma Rachele che, una delle tante volte: “Mamma ti presento Grazia.” “Si Grazia, Graziella e grazie al cazzo, mai una fidanzata, sempre puttane, mai una fidanzata, sempre puttane, mai una fidanzata, sempre puttane!” La mamma per dar forza al concetto ripeteva la frase sempre tre volte. Grazia: “Sono offesa, lo faccio perché mio marito è malato (solita scusa a cui Alberto fece finta di credere). “Non ci fare caso, mia madre è fuori di testa.” Mamma Rachele gli faceva trovare tutto a posto anche se talvolta: “Che ne pensi di farmi diventare nonna?” Domanda senza risposta, Alberto pensava solo a Gigliola la quale si fece viva solo dopo due mesi. “Caro Alberto sei diventato zio di Amanda che mi ha fatto passare un po’ di guai, l’ostetrico si era accorto che il suo corpicino era più grande del normale e così abbiamo deciso per un parto cesareo. Stá signorina ha preso il fisico dal padre…ossia penso, quando rientrerò a casa ti chiamerò per presentartela.” Dopo quindici giorni:”Io abito in via Cavour, telefonami prima di venire.” Una frenesia da parte di Alberto nemmeno che Amanda fosse figlia sua! La baby, dormiente, era davvero un amore in viso, tutta sua madre. Madre e nonna Adalgisa fecero accomodare Alberto in salotto e lo invitarono a cena. La nonna, diminutivo Ada era una brava cuoca, ed anche intenditrice di vini Alberto: “Se avessi incontrato prima tua madre me la sarei sposata.” complimento non molto apprezzato dall’interessata, non aveva il senso dello humour. La signora aveva altre ‘qualità’ come quella di essere comproprietaria di industrie a Fabriano in provincia di Ancona, industrie avute in eredità dal marito deceduto. Durante il tempo libero Alberto e Gigliola con in carrozzina la piccola Amanda passeggiavano per Roma, soprattutto a Villa Borghese, sembravano due coniugi, quando incontravano dei conoscenti li salutavano senza fermarsi, non avevano voglia di rispondere alle loro immancabili domande. Ada era una madre e futura suocera impicciona per natura: “Ragazzi datevi da fare, altrimenti sarò troppo vecchia per diventare nonna di un maschietto!” E così fu: Alberto e Gigliola ebbero il primo rapporto sessuale tanto desiderato da entrambi, Alberto fu dolcissimo, Gigliola rispose con tanti orgasmi, erano diventati marito e moglie ma…Hermes, protettore di Alberto era distratto da avventure con Selene e non si accorse che una bufera si stava avvicinando alla coppia. Un giorno a Gigliola pervenne una telefonata da Bologna, era il suo ex innamorato conosciuto ai tempi dell’università che voleva rivederla, come avesse ottenuto il numero del cellulare di Gigliola era un mistero, forse aveva incaricato un investigatore privato. Alberto e Gigliola preferirono una linea morbida ossia quella di accontentarlo invece di mandarlo a… e così un giorno Ettore, un signore da un metro e novanta si presentò, dopo una avviso telefonico a casa di Gigliola. “Ero di passaggio a Roma, volevo conoscere tua figlia. Resterò in città per sbrigare alcuni affari di mia moglie Elena.” Quella presenza apparve sospetta, infatti era accaduto che Ettore durante una visita alla bambina, un momento assenti Alberto e Gigliola aveva prelevato dei capelli alla piccola Amanda, li aveva fatti confrontare col suo D.N.A., risultò che lui era il padre. Forte del risultato si presentò a casa di Gigliola rappresentando i suoi diritti ed anche doveri di padre. Gigliola prese tempo, si consultò con un avvocato amico che le disse che la prova era inconfutabile e che era meglio mettersi d’accordo con Ettore. Nel frattempo, causa la lunga lontananza da casa del marito, Elena la consorte di Ettore si catapultò a Roma, sentiva puzza di bruciato. Prese alloggio nella stessa stanza del marito all’albergo Continental e fu messa al corrente della situazione della piccola Amanda. La signora era sterile, la notizia non le fece affatto piacere, aveva paura di perdere il marito, entrò in crisi e pensò ad una strategia: suo marito come lavoro amministrava le aziende di proprietà della consorte, da quel punto di vista era ricattabile perché non poteva permettersi di lasciare la moglie e quindi…Nel frattempo Alberto chiese spiegazioni a Gigliola per capire cosa fosse veramente successo fra lei ed Ettore. Gigliola lo mise al corrente del ‘marchingegno’ che aveva messo in atto per rimanere incinta senza che Ettore lo immaginasse; aveva preso un condom pieno del suo sperma, lo aveva messo in frigorifero ed il giorno seguente in cui aveva l’ovulazione si era recata dal suo ginecologo che provvide all’inseminazione, diabolica! Gigliola convocò Elena, ambedue avevano lo stesso interesse di sistemare la situazione in senso a loro favorevole, ma Ettore forte di una eventuale sentenza di un giudice pose le sue condizioni: avere rapporti sessuali con Gigliola ed avere la possibilità ogni mese di rivedere sua figlia. La seconda proposta era di facile accettazione, la prima… Dentro di sé a Gigliola in fondo l’idea non era dispiaciuta, Ettore era stato un suo amore giovanile, non era un gran sacrificio ma non lo fece capire ad Alberto e ad Elena che salomonicamente decisero di render la pariglia con un loro incontro ravvicinato, evviva la parità! Questa volta Hermes, non più distratto, riuscì a sistemare la questione: una volta al mese con la scusa di far visita ad Amanda, marito e moglie da Bologna si recavano a Roma per un ‘wife swapping’ che si prolungò nel tempo con gran piacere di tutti. Gigliola rimase di nuovo incinta ma di Alberto. Stavolta nacque un maschietto che aveva il viso del padre, grande piacere di tutti in particolare di nonna Adalgisa che: “Ci voleva tanto avere un figlio maschio? Ai miei tempi era tutto più facile!”