“I punti di vista sono importanti, fanno cambiare i fatti e le opinioni della gente”

Sono pronto per un'altra giornata di corse. E sto in attesa del mio compagno di viaggio, non so ancora chi sarà oggi: sono sempre l’ultimo a sapere le cose…
Lavoro in una grande città e questo mi fa sentire importante, anche se spesso sono in ritardo e per questo me ne dicono di tutti i colori. Mai una volta che senta dei ringraziamenti!
Sono ancora a riposo, il sole fa capolino dalle fessure della grata. Sento il cinguettio degli uccelli e, da qualche tempo, anche il verso dei gabbiani!

Oggi potrei incontrare Patrizio e Jessica: sono una coppia di giovani innamorati anche se ancora non se ne sono accorti. Patrizio vorrebbe trovare il coraggio di stamparle sulla guancia un bacio appassionato, senza pensare alle conseguenze. Se Jessica reagisse con uno schiaffo non gli importerebbe, se reagisse con un “Perché l’hai fatto?”, le risponderebbe: “Per ringraziarti”. Tutti ci sono passati in quella fase, da ragazzi, quando una sconosciuta diventa il più bell’essere vivente sulla faccia della terra. Chi non si è innamorato almeno due o tre volte al giorno alzi la mano. So già che sarete pochissimi.
Nelle prime ore del giorno ci sono soprattutto lavoratori stranieri. Victor e Miriam parlano sempre, tra loro o al cellulare, nella propria lingua d’origine, chissà se per sentirsi un po’ “a casa” o per avere più libertà di comunicazione. Chissà di cosa chiacchierano: hanno sempre lo stesso tono, non si capisce se scherzano, parlano male dei datori di lavoro o litigano. È da un po’ che non li incontro, però, credo che siano tornati nel loro paese per le vacanze.
Durante il tragitto c’è chi studia o legge un libro: quello in autobus è uno dei pochi momenti della giornata in cui si ha del tempo per sé, a volte l’unico, poiché non ci si deve preoccupare del percorso, basta ricordarsi di scendere alla fermata giusta. Antonella sta sempre in fondo, sui sedili dell’ultima fila e continua tranquillamente a leggere mentre sistema la ciocca di capelli dietro l’orecchio. Chi legge, spesso, si isola tanto da non accorgersi di aver sorriso. Potrebbero lanciare un premio letterario: “Miglior libro dell’anno per sorrisi provocati su mezzi pubblici”, farebbe furore. Certo, bisognerebbe escludere i libri di barzellette o di attori comici, per loro sarebbe troppo facile...
Sull’autobus si consuma anche lo scontro generazionale. Quando i giovani restano seduti, per i vecchi sono dei maleducati, se cedono il posto gli anziani si inorgogliscono, pensano che non sono poi così acciaccati e rimangono in piedi, rispondendo che devono scendere alla prossima. I ragazzi di oggi poi vivono con le cuffiette praticamente incorporate alle orecchie: auricolari di tutte le forme, dimensioni e colori, attaccate a tutti i tipi di congegni, i‐pod, mp3, cellulari... A me è un sistema che non piace, isola le persone e poi la musica certe volte disturba, perché è troppo alta  o di un genere strano. De gustibus...
Un giorno una ragazza, vedendo un tipo appena salito con l’mp3 che sembrava intento ad ascoltare la sua musica preferita, ha sussurrato  alla sua amica: “Che bel ragazzo!” (a dire il vero non l’ha detto proprio così…). Lui si è girato e l’ha ringraziata. Aveva l’mp3 scarico e lo teneva incollato alle orecchie solo perché non aveva voglia di metterlo via. La ragazza è diventata  rossa dalla vergogna! Li ho persi di vista, ma credo che siano scesi insieme .
Oggi è un giorno lavorativo, quindi Franco sta aspettando in mezzo alla strada, con la sua ventiquattr’ore nera abbinata al completo giacca e cravatta e il suo migliore amico: l’inseparabile telefonino. Le persone come lui, che vedendomi arrivare alla fermata si sbracciano e agitano in segno di stop, mi fanno un po’ ridere. Sono buffi, sembra abbiano paura che non mi fermi o che mi scambino per un taxi…
E i Billy, li Incontrerò oggi? È un nomignolo che ho coniato per descrivere i forestieri che incontro per la strada. Loro sì che si gustano la città, più degli abitanti del luogo. In giro ne puoi vedere tante di queste comitive, soprattutto d’estate e in tutte le ore del giorno, infischiandosene del caldo afoso, con il cappellino, il vocabolario, la cartina della città e i sandali con i calzini!
Ci sono anche i “matti”. Come Cesare, il gesticolatore del 791, quello che parla con tutti, muovendosi di continuo, toccandosi gli occhiali sul naso ogni quattro parole. O come quello del 65 che parla sempre dei bei tempi andati, mescolando ricordi personali e fatti storici. Queste persone in genere sono molto abitudinarie e seguono sempre gli stessi percorsi.
Subito dopo, quasi stessero a braccetto, compaiono gli “invisibili”, che poi invisibili non sono. Si riconoscono dal cattivo odore. Elio è uno di loro, sembrerebbe anche una persona “normale” ma quando trova un posto a sedere le persone accanto lo lasciano rapidamente, perché non riescono nemmeno a respirare. Elio talvolta incrocia il suo amore, Italia, la barbona con il carrello. Lei “abita” alla stazione dei treni e fa parte di quei vagabondi che salgono e scendono con il loro bagaglio pieno di cianfrusaglie che però, per loro, cianfrusaglie non sono, ogni oggetto ha un significato e un valore profondo. Italia fa spesso coppia con un’altra donna che grida frasi del tipo: “Ao’, che te guardi? Che vuoi? Questa è la borsa mia!”. Allora il conducente le risponde: “Nessuno te la vuole fregare, però non dar fastidio, altrimenti alla prossima scendi”.
L’anello di congiunzione tra le persone invisibili e quelle “normali” sono i musicisti, che salgono e per due o tre fermate suonano i loro strumenti. Cercano di tirare su un po’ di euro, sono soprattutto zingari.
Federico e Valeria sono due bambini di 5‐6 anni, fratelli, hanno un forte accento romano. Se trovano due sedili vicini iniziano il loro gioco preferito: “Io mi siedo così… e allora io mi siedo cosà…”. Ognuno dei due inventa una posizione strana, sempre più scomposta, e quanto si divertono: le loro risate fanno proprio bene a tutti. Non so se perché sono romani doc, con la loro parlantina, o perché sono neri come il carbone, ma quando incontro loro tutto mi sembra più sopportabile.

Le nuvole si stanno avvicinando minacciose, il vento le trasporta con gran velocità e il sole oggi non riesce a imporsi, sembra si prepari il diluvio universale. Il giorno di pioggia è sempre quello in cui le persone si arrabbiano più facilmente a causa del traffico. Se non siete preparati a incontrare ragazzi che escono da scuola, anziani con le buste della spesa, ombrelli che potrebbero diventare armi improprie, persone che vorrebbero scendere ancor prima dell’apertura delle porte, restate a casa! Uscireste pazzi!
Per non parlare dei giorni di sciopero o di quelli in cui si svolge qualche manifestazione. Un giorno di pioggia, con le scuole aperte e qualche corteo insieme per me sarebbe da suicidio! La città diventa invivibile. A proposito: al semaforo, come accade sempre più spesso, vengo circondato da uno sciame ronzante con la voglia di scattare più velocemente possibile. I motorini sembrano proprio degli insetti e, come loro, potrebbero creare bellissime coreografie se volessero… 
Nella vostra città circola ancora il “grande vecchio”? È così che chiamiamo il mezzo più anziano. E’ un bus arancione, ancora con le porte a soffietto e i sedili tutti scarabocchiati. Ormai non riesce più a inserire le marce a causa dei troppi chilometri fatti nella sua vita e a ogni salita sembra che non arrivi in cima: i passeggeri a piedi forse andrebbero più veloci. Ogni giorno, alla fine del turno, torna in rimessa come se avesse vinto la gara più importante del mondo.

Mi sento un po’ più pesante, guardo in giro e vedo che il mio compagno di viaggio è arrivato. Con la divisa forse un po’ logora ma sempre elegante. È già al cellulare, gesticola, i capelli lunghi coprono l’auricolare e sembra un pazzo che parla da solo. Piccola aggiustata agli specchietti e al sedile, cintura allacciata, fari accesi, benzina sufficiente. Si parte! Diamo il via a un’altra giornata di lavoro! Alla radio, ho ascoltato una canzone che mi ha fatto molto ridere: “Che è passato l’autobus? A signo’, se era passato non stavo qua!?” È “Quelli che…”, dei Flaminio Maphya. Certe volte mi sono chiesto se non fossi io quel bus…
Da domani, quando incontrerete qualcuno dei miei amici, portate rispetto! Saremo anche delle macchine, ma senza di noi non andreste da nessuna parte.