I rododendri di Margherita

Era una notte fragile: di cristalli e specchi; una di quelle notti in cui il riposo si frantuma in mille risvegli che riflettono pensieri pesanti capaci di trasformare, a poco a poco, il sonno in una veglia.
Margherita restò così per alcune ore, girandosi e rigirandosi nel suo giaciglio di foglie, con gli occhi spalancati nel buio e in compagnia del respiro affannoso, stanco e malato del sonno degli altri.
Sentì il bisogno di staccarsi, anche solo per un momento, dall’'incubo che la stava consumando, di respirare aria fresca; lasciò il caldo umido del ricovero per animali in cui si trovava e uscì all'aperto.
I riflessi della luna sulla neve dilatavano l'orizzonte visibile, liberando dal buio della notte ombre di paesaggi che parevano infiniti.
Margherita, facendo violenza al suo corpo reso debole dalla fatica e dagli stenti, salì verso la cima del colle e guardò la successione dei monti della Val Sesia e, in fondo, la catena del Rosa che sembrava un possente guerriero posto a difesa di quel pezzo di mondo.
Camminò ancora qualche passo e suoi occhi incontrarono un orizzonte completamente diverso: le alture digradavano verso la pianura del vercellese e, in lontananza, sfumate, le ombre di altre colline chiudevano quell'immensa distesa di terra, acqua e nebbia.
Oltre quelle alture c'era la Liguria. Da lì venivano alcuni dei soldati di ventura reclutati dalla Chiesa e dai Signori di Novara e Vercelli, per combattere e annientare Fra Dolcino e i suoi seguaci; erano guerrieri possenti, determinati: balestrieri dal cuore di pietra e dalla mira infallibile.
Margherita si chiese per quanto tempo avrebbero potuto resistere agli attacchi sempre più violenti di quell'esercito e se, ancora una volta, sarebbero riusciti a sfuggire alla cattura.
In quel vagare notturno ripercorse con la mente gli ultimi anni della sua vita; pensò al Trentino, la regione in cui era nata e cresciuta, al momento in cui prese la decisione di abbandonare tutto: casa, ricchezze, e la sua bellezza, lasciata come ricordo a qualche giovane, per unirsi agli Apostolici di Fra Dolcino.
In quel viaggio a ritroso nel tempo, ritrovò l'angoscia dei giorni in cui, per sfuggire alle persecuzioni e ai roghi, furono costretti a lasciare il Trentino.
Cominciò da lì quel lungo cammino che sembrò terminare in val Sesia, dove la loro fede si saldò con la rabbia delle popolazioni locali, stanche delle continue vessazioni dei signori della pianura, e di una chiesa che, anziché liberare, opprimeva anime e corpi.
Parve persino, per un certo periodo, che il sogno di costruire un mondo più giusto prendesse forma. Le illusioni però si spensero in fretta perché contro di loro fu organizzata una vera e propria crociata.  Nel nome di Dio, alcune persone che si credevano padrone del cielo e della terra, scatenarono una guerra contro altri uomini che credevano nello stesso Dio.
Alla fine gli eretici di Fra Dolcino furono costretti a fuggire anche dalla Val Sesia e camminando sentieri sconosciuti e innevati, raggiunsero l'alta valle Sessera, dove si stabilirono e costruirono alcune fortificazioni.
Tutto inutile però, perché la battaglia riprese con più forza; la chiesa romana aveva deciso di farla finita con quella storia di disobbedienza civile e religiosa, capace di mettere in discussione e scardinare un ordine e un potere millenario.
I crociati svuotarono interi paesi, bruciarono i villaggi e le case sparse tra le montagne dove si erano rifugiati gli eretici di Fra Dolcino, chiudendo così ogni possibile via di rifornimento. Gli abitanti del luogo, attratti da quel movimento che non chiedeva nulla ma prospettava invece un mondo migliore, avevano accolto con favore gli Apostolici; ora però, di fronte a tutta quella distruzione, vedevano la speranza di una liberazione trasformata nel peggiore degli incubi.
Margherita pensò a Dolcino, a quanto tempo ancora sarebbe riuscito a tenere insieme quel migliaio d’uomini che gli erano rimasti. La forza delle sue idee era ormai impregnata di fame, freddo e paura.
L'unica speranza era di riuscire per l'ennesima volta a sfuggire alla cattura, inseguiti come sempre da uomini armati, da immagini di torture e roghi, e da quei pensieri pesanti sempre in agguato e pronti a violentare altre notti.
Margherita tornò a guardare la pianura del Vercellese, quel lago di nebbie era l’unica via possibile di salvezza verso altri monti e foreste dove continuare a vivere e pregare, perché, come le avevano insegnato, si può adorare Cristo anche lì, come in chiesa e forse anche meglio; ma ormai per lei, per Dolcino e per tutti gli altri era troppo tardi... maledettamente tardi.

Il 23 Marzo 1307, i crociati sferrano l'attacco decisivo: sulla Piana di Stavello, nella Valle Sessera, trucidarono circa ottocento persone, tra eretici e valligiani che si erano uniti a loro. Fra Dolcino e Margherita furono catturati vivi e finirono sul rogo.
Alcuni signori del luogo, colpiti dalla bellezza di Margherita (ma forse solo per accaparrarsi le sue ricchezze che altrimenti sarebbero state confiscate) si offrirono di prenderla in moglie, naturalmente a condizione che rinnegasse il passato di eretica. Lei non accettò e fino all'ultimo dei giorni rimase fedele alle sue idee e a Dolcino: bruciarono il suo corpo, ma non riuscirono a rubarle l'anima.

Salendo verso l'alta Valle Sessera, si percorre un tratto di strada denominata Panoramica Zegna; nel mese di maggio, lungo quel tragitto, centinaia di rododendri in fiore colorano scarpate e pendii: come un arcobaleno dopo il temporale.

Che siano per Margherita quei rododendri in fiore?

Che siano contro le guerre, fatte in nome di Dio o di qualcun altro, quei colori di pace?