Il buio, i cattivi odori e la gioia di vivere

Ancora quell'odore sgradevole e quell'affanno, si sentiva opprimere sempre più sovente negli ultimi tempi e la cosa la preoccupava, il matrimonio di sua figlia era imminente e lei voleva organizzare una festa speciale; amava la sua bambina adottata in tenera età.
"Tesoro, ti sembro strana ultimamente?" Suo marito era calmo e razionale, la conosceva; quella domanda non presagiva nulla di buono.
"Sei splendida come sempre, anzi, con l'avvicinarsi del matrimonio sei più raggiante del solito" Lei non la bevve ma rispose sorridendo.
"Non sai raccontare le bugie, anche quel giorno sul pullman mi chiedesti che ora fosse per attaccare bottone quando avevi al polso un mega orologio, mi colpirono però i tuoi modi gentili e mi innamorai di te a prima vista" Lei era così, non le scappava nulla e amava ricordare spesso i momenti belli della sua vita.
"In realtà amore anche io avevo puntato quella bella morettina che tutte le volte mi sorrideva fino a farmi sciogliere il cuore e dopo tanti ripensamenti quella mattina riuscii a rompere il ghiaccio"
"Meno male, altrimenti saremmo ancora qui a scambiarci sguardi e sorrisi" Lei si avvicinò all'uomo che amava, l'uomo che l'aveva conquistata da giovane e che dopo il matrimonio continuò a corteggiarla e ad amarla come il primo giorno. Colui che quel giorno in clinica non battè ciglio e la aiutò a riprendersi curandola ed accudendola con amore e dedizione. Sapeva di essere fortunata, uomini così sono rari in questo mondo.
"Credo tu sia un po' tesa, ma è normale, la nostra bimba ci lascia per farsi la propria famiglia; non preoccuparti tesoro, io ti sarò sempre vicino"
Aveva percepito a malapena le ultime parole, adesso il puzzo saliva dalle sue narici forte ed insistente, eppure la stanza, pur se in disordine, era pulita. Lei si era fatta la doccia e suo marito si lavava regolarmente. Forse quel terribile lezzo arrivava da fuori, si affacciò alla finestra ma stranamente c'era pochissima luce e non riuscì a vedere nulla. Si girò allora verso il marito che la stava osservando con la sua solita calma.
"Qualcosa non va?" Domandò lui con delicatezza.
"Tu mi ami come allora?" Adesso fu lui a sorridere, era calmo e paziente ma aveva anche un buon senso dell'umorismo.
"In effetti no! Non ti amo più come quei giorni, ti amo di più, molto più di allora" Lei lo sapeva, ma godeva un sacco è non perdeva occasione per farselo dire. Adesso l'odore si era affievolito, o forse il suo olfatto si era assuefatto a quella puzza. Con il pensiero tornò a quel giorno in ospedale.
"Signora, mi addolora confermarle che tutti i controlli e gli esami hanno dato lo stesso esito: lei è completamente sterile, non potrà mai avere figli suoi" La dottoressa aveva parlato in modo informale ma dal tono della sua voce trapelava quel senso di impotenza che a volte si prende gioco di noi. Lei aveva accettato quella notizia facendosene una ragione, in fondo era felicemente sposata con un uomo fantastico; la vita le avrebbe dato altre possibilità.
"A cosa stai pensando?" Lui capiva i suoi momenti no, vedeva quando si estraniava dal mondo e sapeva sempre dove era in quei momenti.
"Stavo pensando" Rispose lei distrattamente.
"All'imminente matrimonio?" Chiese lui sapendo già che lei avrebbe mentito. Già, perché di solito mentiva, non voleva far pesare a lui la sua colpa, lei che non era stata in grado di dare un figlio all'uomo che amava. Ma stavolta, proprio in virtù di quell'amore, non mentì.
"Stavo pensando a quel giorno all'ospedale, come sempre" Le lacrime le inumidirono il viso fino a congiungersi sul collo lungo e snello. Lui le si avvicinò e la abbracciò teneramente, senza dire una parola, era il suo modo per farle capire quanto la amava.
"Io non ti ho reso padre, non ho portato a termine ciò per cui sono al mondo, ma tu mi hai tenuto con te, mi hai sempre voluto bene" Lui la fissò con i suoi occhi scuri e profondi che tanto le piacevano "Io ti amo e la vita ci ha donato una figlia da crescere amorevolmente e tu in questo ti sei rivelata una madre eccezionale. Lei ci vuole bene, adesso è il suo momento e ha bisogno di tutto il nostro affetto, dobbiamo aiutarla, siamo i suoi genitori" I due si baciarono teneramente e poi si separarono, lei doveva procedere con i preparativi.
Eppure sentiva ancora puzza, un odore nauseabondo e allora chiese al marito che stava uscendo dalla stanza "Caro, non senti questa puzza terribile?" Lui si fermò sulla porta e fece il gesto di annusare l'aria, poi disse divertito "Puzza? Io sento profumo, il tuo profumo, il profumo dell'amore e della vita" E mentre usciva sorridendo, lei fu colpita da un bagliore accecante e poi cadde nel buio. Sapeva di essere sveglia, non era svenuta, eppure non riusciva ad aprire gli occhi. Adesso sentiva un peso su tutto il corpo e l'odore nauseabondo si era leggermente attenuato, come se quel peso che gravava su di lei l'avesse ricacciato nelle profondità del buio. Doveva riprendersi e darsi una mossa, aveva poco tempo e non voleva che qualcosa andasse storto, sua figlia avrebbe vissuto un matrimonio memorabile.
Innanzi tutto doveva sistemare quella stanza, <il decanter> come l'aveva ribattezzata il marito. Era il locale d'emergenza dove lei lasciava a decantare tutto quello che non aveva tempo o voglia di sistemare immediatamente. Con il tempo l'aveva organizzata in maniera tale da avere una sua logica, ma adesso si rendeva conto che era maledettamente disordinata, che ci fosse qualcosa nascosto che produceva quella puzza? Adesso avrebbe cominciato a sistemare e pulire, sua figlia sarebbe tornata per sera e voleva farle trovare la stanza in ordine. Completamente indaffarata nelle sue faccende non si rese conto del passare del tempo e trasalì quando alla porta si affacciò la figlia.
"Mamma?! Sono tornata" Cinguettò la ragazza.
"Ciao tesoro, non entrare, non ho ancora finito" Rispose lei perentoriamente.
"Se vuoi ti posso dare una mano" Propose la figlia.
"No! E' compito mio. Tu devi rilassarti e stare tranquilla" La ragazza conosceva sua madre, meglio assecondarla "D'accordo mamma, grazie" E senza aggiungere altro si congedò dalla donna richiudendo la porta alle sue spalle.
"Ottimo" Pensò la donna "Ho quasi finito, lei non deve strapazzarsi" Mentre era assorta in quei pensieri nella sua testa si fece largo una mostruosità; aveva appena parlato con sua figlia ma non era riuscita a vederla in faccia, non aveva riconosciuto il suo volto e il puzzo nella stanza aveva ripreso a perforarle le narici. Si stropicciò gli occhi per alleviare un leggero mal di testa che l'aveva colta all'improvviso e quando li aprì fu di nuovo abbagliata da una luce intensa e fugace per poi ricadere nell'oblio.Stavolta però, oltre alla solita puzza e al senso di soffocamento, cominciò a sentire caldo, un caldo intenso e crescente. Doveva bere e aveva bisogno d'aria, si sentiva soffocare e fu presa dal panico. Pur sofferente riuscì a trovare la porta della stanza e cercò di aprirla, ma sembrava un tutt'uno con la parete e non si apriva. La parte razionale del suo cervello la obbligò a ragionare riuscendo nel contempo a calmare il suo corpo ancora scosso dall'adrenalina causata dalla paura claustrofobica che l'aveva sorpresa. Adesso sentiva il proprio respiro, ma era ancora immersa nel buio, forse si era bruciata la lampadina e sua figlia nel richiudere la porta aveva distrattamente chiuso a chiave; si, doveva essere andata così. Ora il suo udito, reso più sensibile dall'oscurità, percepiva le voci della figlia e del marito che dovevano trovarsi in cucina a preparare la cena, che bravi. Avevano lasciato che lei si dedicasse alle sue faccende senza disturbarla, non capiva le loro parole ma il suono di quelle voci la rilassava dandole un senso di appagamento, ma doveva comunque uscire di lì. Il buio e la puzza cominciavano a darle davvero fastidio, sudava come una fontana e ogni secondo in quella situazione le pesava come un macigno sullo stomaco e senza rendersene conto cominciò a piangere, un pianto silenzioso, ma più piangeva e più si sentiva venir meno e adesso sentiva anche i morsi della fame. Era in una situazione ridicola, chiusa in una stanza di casa sua, al buio e con l'orrenda impressione di soffocare. Ok, si disse, basta piangere, sarebbe bastato chiamare il marito e la figlia e tutto si sarebbe risolto in pochi attimi. Fece dunque per chiamare ma si rese conto che non le saliva la voce, apriva la bocca nel disperato tentativo di chiamare, di urlare la sua sofferenza, ma non riusciva ad emettere alcun suono; nel frattempo si rendeva conto che le voci dalla cucina si facevano sempre più tenue e leggere, come se stessero allontanandosi da lei. La cosa la terrorizzò, si sentiva mancare: buio, puzza, caldo. Stava per morire, dovevano venire ad aprire quella porta, a tutti i costi.Il suo corpo confluì tutte le energie residue in quell'urlo, un unico urlo disperato che squarciò il silenzio e la fece cadere stremata ma ancora vigile. Dopo alcuni attimi, che a lei parvero secoli, sentì delle voci avvicinarsi alla stanza e poi venne investita da una luce accecante e l'aria si fece più respirabile, era salva; adesso poteva riposare.
L'uomo non credeva ai suoi occhi, quella creatura era nuda, con ancora attaccato il cordone ombelicale. Sua moglie lo aiutò a recuperare il corpicino spostando i vari sacchi della spazzatura, la puzza fece venir loro i conati del vomito, ma non si fermarono e riuscirono ad estrarre la bambina dal cassonetto metallico. Corsero subito all'ospedale più vicino, dove la piccola fu immediatamente affidata alle cure degli addetti e nel frattempo i carabinieri erano arrivati in ospedale per raccogliere le deposizioni dei due soccorritori. I militari furono gentili e comprensivi con la coppia che era ancora in evidente stato di choc e dopo aver espletato le proprie incombenze si congedarono dai presenti.
L'uomo e la donna si tenevano per mano, lei piangeva e lui cercava di consolarla con delicatezza, la amava molto. Una dottoressa uscì da una porta del corridoio e si avvicinò a loro.
"Siete stati voi a recuperare quella creatura?" Chiese scura in volto.
"Sì. Abbiamo sentito un urlo fortissimo provenire dal cassonetto e l'abbiamo trovata lì" Rispose l'uomo "Tutto ok?" Chiese speranzoso.
"Tutto ok" Adesso la dottoressa si era lasciata andare ad un sorriso "Siete arrivati al momento giusto, la bambina è nata da poche ore e le ha passate in un cassonetto della spazzatura. Il vostro intervento l'ha salvata da morte sicura, ancora pochi minuti e non sappiamo se sarebbe sopravvissuta. Comunque adesso sta bene e se volete potete vederla, venite, vi accompagno" I due seguirono la dottoressa che li fece accomodare in una stanza da dove si poteva vedere la bambina all'interno di una incubatrice e una volta restati soli si abbracciarono emozionati "La figlia che non sono riuscita a darti" Disse lei singhiozzando "Stai tranquilla tesoro, oggi l'abbiamo salvata ed è un po' come se l'avessimo messa al mondo noi. Chissà che brutti momenti avrà passato, l'ha sfiorata la morte" In quel momento la piccola girò leggermente la testa verso di loro e le labbra si incresparono in quello che poteva essere un sorriso "No amore" Rispose la donna "Non ha visto la morte, ha visto la vita e ha lottato per sopravvivere, guarda come è serena adesso" Nel cervello della piccola neonata rimbombarono chiaramente due parole: mamma, papà.
I due coniugi fecero richiesta ed ottennero l'affidamento della piccola mentre avevano già inoltrato la pratica d'adozione. Il giorno che la portarono a casa si sistemarono sul divano in sala con la piccola e scoppiarono in un pianto di gioia irrefrenabile. Dopo essersi calmati e sistemati cominciarono ad adorare quella piccola creatura e l'uomo disse "Cara, non le abbiamo ancora dato un nome definitivo, come la chiamiamo?"
"Gioia! La chiameremo Gioia, gioia di vivere!" Concluse la donna.