Il Diavolo

Sicuramente saprete che il Diavolo Belzebù è il principe delle tenebre e degli spiriti malvagi, secondo solo a Lucifero e comandante di una schiera di 6666 demoni. In fondo non doveva essere così malvagio se, secondo il Nuovo Testamento si rivolge a lui Ocozia, re d’Israele, per una sua malattia. Perché questa premessa? Lo capirete in seguito.
Correva l’anno 19.., il tenente della dei Carabinieri VA. umbro di Perugia
era in servizio a Varese. Non poteva dirsi che ci fosse molto da fare in quanto a delinquenza ed il cotale passava la maggior parte del tempo fuori servizio al cinema o con qualche gentile signorina in una casa chiusa (allora la Merlin non aveva ancora rotto i zebedei con la sua legge). Un giorno gli capitò sotto mano un volantino in cui v’era un invito agli umbri della città di residenza per un ballo fra paesani. Era un sabato estivo, dopo la mattinata passato sul lago, sonnellino nel pomeriggio e, vestito elegantemente, si presentò nel locale da ballo dove era riconosciuto e non ebbe bisogno di presentare i documenti di riconoscimento. Ebbe una delusione, pensava di incontrare giovin fanciulle sorridenti ma la maggior parte delle femminucce era in là con gli anni e non particolarmente avvenenti. Al bancone del bar notò una donna piuttosto giovane che da sola beveva una bibita. In mancanza di meglio, si presentò: “sono VA. di Perugia tenente dei Carabinieri, non mi risulta di averla mai vista a Varese.” La cotale, anche lei annoiata: “Sono LU. professoressa di lettere, sono sola, mia madre è rimasta a casa, non sta bene.” A VA. la cosa non interessò gran che, chiese a LU. di ballare nel frattempo cercava di inquadrare la cotale: piuttosto alta, sguardo non accattivante anzi un po’ annoiato e allora le propose di uscire dal locale. Il lungo lago era incantevole  e l’atmosfera tra i due migliorò tanto che LU. prese sottobraccio la nuova conoscenza.; parlarono della città di origine di ambedue e riscontrarono che alcune persone erano amiche di famiglia. La serata finì con VA. che accompagnò a casa LU. Che con un bacio appena sfiorato sulla guancia congedò la nuova conoscenza. VA. prese a frequentare casa di LU. solo tre volte alla settimana perché i restanti quattro giorni le due donne si dedicavano all’ordine ed alla pulizia di casa, cosa che, purtroppo per lui,(si trattava di un disturbo ossessivo compulsivo) non gli fece drizzare le orecchie! Stanco della vita in caserma, VA. chiese a LU. di fidanzarti e poi decisero di ritornare alla città di provenienza e di sposarsi, cosa annunziata ai genitori per telefono. Caricati i bagagli sulla Fiat 110/103  di VA. i tre, suocera RO. (vedova) compresa, giunsero a Perugia nel tardo pomeriggio. Mentre ME. Madre di VA.  donna gioviale d un po’ ingenua fece delle feste ai nuovi conoscenti, AR. da vecchio conoscitore di donne capì che c’era qualcosa che non andava ma ormai era tardi di chiedere a suo figlio di fare marcia indietro. Si accollò tutte le spese non proprio lievi della cerimonia dal collocamento in albergo dei parenti venuti da lontano sino al loro vettovagliamento. Da vecchio funzionario di banca aveva qualche picciolo da parte ma avrebbe fatto volentieri a meno di sborsarli, ma i figli…Nel frattempo VA. era stato trasferito a Napoli col grado di capitano e ‘io, mammeta e tu’ si insediarono in una abitazione al Vomero. La prima notte VA. andò in bianco con la scusa della stanchezza del viaggio della sposa, come inizio…
La seconda notte  VA fece il suo dovere di novello sposo ma rimase un po’ male quando si accorse che non aveva fatto molta fatica…la sposa si giustificò affermando che, secondo il suo ginecologo aveva un imene elastico…elastico un corno era stata fidanzata per anni con un lontano parente che, venendo a conoscere a fondo LU, si era ritirato in buon ordine. Come inizio…ma VA. evidentemente faceva parte della schiera dei Calandrino (ricordate il Decamerone del Boccaccio?), fece il suo dovere quasi tutte le sere sino a quando il grande annuncio da parte della novella sposa: “Sono incinta!” Da quel momento la situazione precipitò: “Non voglio che tu faccia male al bambino!” e così niente più sesso fra i due coniugi con la cacciata dal talamo coniugale di VA. e l’esilio in una stanzetta con letto singolo. Da quel momento lotta senza quartiere da parte dei due coniugi: dispetti a vicenda in tutti i campi e decisione da parte di  VA. anche lui cattolico praticante (aveva pure questo difetto!) che si  rivolse  alla Sacra Rota per avere l’annullamento del vincolo  matrimoniale. Spese un fottìo di denaro con la conclusione: matrimonio valido! Nacque una deliziosa bambina cui venne apposto il nome di FE. in onore di un nonno furbastro che durante la prima guerra mondiale, per non correre rischi, rischi, tramite raccomandazioni, riuscì a farsi assegnare ad un incarico amministrativo ma male gliene incolse lo stesso in quanto durante il tragitto caserma – ufficio postale fu centrato da una granata austriaca. Purtroppo per FE. Le liti coniugali si riversarono su di lei che fu ‘sballottolata’ fra la genitrice ed i genitori di VA. che nel frattempo, approvata la legge Gaslini‐Fortuna potè divorziare ma ancora una volta male gliene incolse: complessato in campo femminile sposò TI. una napoletana grassa, anche volgare e fumatrice accanita. Passa un giorno, passa l’altro ( non centra il prode Anselmo)i due coniugi passarono a miglior vita VA. per un diabete ribelle e TI. per un ictus. Dal loro ‘incontro’ venne fuori RO. giovane che, purtroppo per lui, era poco dotato intellettualmente per cui fu costretto a fare l’operaio. In seguito per la crisi generale fu licenziato ed il povero RO. fu costretto a sopravvivere con una piccola pensione della Previdenza Sociale, ovviamente niente auto né moto solo una bicicletta con cui si recava nella mensa di una chiesa per fare pulizie ricevendo in cambio il vitto giornaliero. Un particolare: RO. Era diventato obeso e gran fumatore e niente femminucce, un disastrato. Un passo indietro di anni: unico rimasto della famiglia originaria AL. che non riuscendo a vincere concorsi per l’Accademia dei vari Corpi di Polizia, (non aveva nessuno che lo raccomandasse) si accontentò di fare l’allievo finanziere in quel di Roma nella caserma di via XXI aprile. Abituato da gran signore nella famiglia originaria (nel frattempo AR. e ME. erano deceduti), strinse i pugni ricordando le raccomandazioni di nonno AF.: mai dichiararsi volontario per qualsiasi incarico e non fidarsi nemmeno della propria ombra, consigli preziosi! Gli istruttori erano o giovani sottobrigadieri stronzi ovvero vecchi brigadieri silurati alla promozione di maresciallo, tutti acidi  pronti a prendere per i fondelli i poveri allievi. Esemplificando: “Chi di voi sa suonare il pianoforte?” A due sprovveduti che si presentarono: “Andate al circolo ufficiali al pian terreno e trasportate il pianoforte al terzo piano a casa del Colonnello Comandante.” Altra boutade: “Chi di voli ha un titolo di studio di media superiore?” Ai sei presentatisi: “Andate a pulire le latrine delle tre Compagnie, due per piano.” Al. fu notato che se ne stava sempre in disparte da un vecchio brigadiere. “Ah fai il furbo? Hai un bottone sbottonato, cinque giorni di consegna.” Togliere la libera uscita ad AL. era la peggiore punizione che potesse capitargli perché non poteva recarsi in a piazza di Spagna non per ammirare i monumenti ma, più prosaicamente,  per frequentare delle signorine dentro una casa chiusa. La sua salvezza fu un capitano di Perugia cui si presentò facendo presente la sua situazione, da quel momento libera uscita tutte le sere! Indossate le fiamme di finanziere, AL. fu costretto a farsi trasferire in ‘reparti situati ai confini di terra' conditio sine qua non poter accedere alla Scuola Sottufficiali. Vinto il concorso indossò nel 19..i gradi di vicebrigadiere ed assegnato alla sede di Messina. Qui trovò il solito stronzo superiore di grado, piccolo e brutto che lo prese in antipatia affidandogli i compiti più ingrati. AL. Studiò la situazione e la risolse in modo brillante congratulandosi con se stesso: fece domanda per ottenere la qualifica di ‘capo laboratorio fotografico’ (era stato sempre un appassionato di foto) e, una volta ottenutala, si presentò a quel superiore poco simpatico con in mano una circolare in cui si prescriveva che chi fosse in possesso della qualifica suddetta non potesse essere trasferito ad altri incarichi, tieh! La sua vita ovviamente cambiò in meglio, per eseguire servizi fotografici aveva a disposizione una un’auto targata G. di F. con cui percorreva le province di Messina, Catania, Siracusa e Ragusa imbarcandosi anche sulle  motovedette e sugli elicotteri, una pacchia. Ovviamente nel frattempo non si fece mancare …la materia prima, non aveva difficoltà di conquiste femminili, era alto un metro e ottanta e attirava il sesso femminile anche per la sua simpatia. AL. Si era scoperto anche scrittore, aveva pubblicato un romanzo sulla sua vita e quasi ogni settimana ‘sfornava’ un racconto, spesso di natura erotica, ormai era arrivato a cento. Fece pubblicare un trafiletto su una rivista nazionale ed ebbe un discreto successo. Troppo bello per durare, il suo dio protettore Hermes, in altre faccende affaccendato, si distrasse e un messaggio giunse sul computer di AL.: “Sono tua nipote FE. figlia di VA., ti ho rintracciato tramite I racconti che hai pubblicati su l’app.’APHORIM, mi piacerebbe allacciare un rapporto con te, siamo rimasti in pochi che portano il nostro cognome anche se francamente devo dirti che tuo fratello mi ha rovinato la vita.”Come premessa non era delle migliori. AL. Un po’ sorpreso rispose alla mail  e così cominciò un passaggio di notizie sulle proprie posizioni in vari campi, non ultimo quello religioso che era basilare per FE. decisamente meno per AL. Il quale nei suoi racconti aveva chiaramente dimostrato  la sua contrarietà ad incomprensioni, fanatismo e puritanesimo. Una frase di FE. lo colpì: “Non c’è sesso senza amore!” tuttavia ritenne opportuno non sottolineare i rispettivi punti ti di vista e si scambiarono notizie sulle loro vite passate forse però FE. non comprese quanto grandi fossero le differenze che li dividevano. AL. fece chiaramente capire i suoi punti di vista in fatto di sesso raccontando l’episodio di quando, davanti alle prorompenti tette della cognata  (sua moglie le aveva più piccole) gliene tirò fuori una dal reggiseno fra gli applausi  dei presenti. In seguito ad altra corrispondenza FE. scrisse ad Al.una mail di fuoco coinvolgendo anche la figlia CH., degna di sua madre, che fece altrettanto. Al. infine rispose facendo presente che non intendeva offendere nessuno e che voleva che la cosa finisse lì ma come risposta? Indovina, indovina: “Sei il diavolo!” Quella era l'espressione di una fanatica religiosa e quindi non degna di risposta. Non raccontò l’episodio alla dolce consorte An., erano una coppia talmente affiatata, anche se con una grande differenza di età, si poteva usare la parola amore. Cambiando argomento, la piccola AN. aveva un solo difetto, usava spesso per acquisti la carta di credito ma sicuramente era una delle donne più eleganti di Messina ed AL. ne andava orgoglioso. Avrete capito che Il diavolo è il concetto che si lega all’inizio del racconto, AL. Ricordava una barzelletta in cui un uomo interrogato se preferisse andare in Paradiso o all’Inferno rispose: “in Paradiso si gode di una bella aria ma all’inferno ci si diverte di più.” Sicuramente non avrà fatto ridire qualche fanatica religiosa ma poco me ne cale. Per finire una osservazione: in casa d FE: i maschietti contavano pochissimo, quelli presenti e forse anche quelli futuri, molto probabilmente potevano assimilarsi a Calandrino, senza offesa per nessuno!