Il flambè al cioccolato

Sto ascoltando una lettura della Recherche, “All'ombra delle fanciulle in fiore”. La descrizione del caffè della belle époque, a Balbec, con i camerieri che volano tra i tavoli, tenendo in bilico poderosi e instabili flambé al cioccolato, mi porta ad un ricordo della mia infanzia. La guerra era finita da alcuni anni e mio padre si era lanciato in una spesa inimmaginabile, per un impiegato, l'acquisto di una Topolino usata. Papà era un poeta della vita, cercava di afferrare grappoli d'oro, anche quando non gli spettavano, come impiegato. Appena acquistata, si decise di andare a vedere la favolosa Cote d'Azur, che confinava con la nostra Liguria. Facendo lunghi e discussi conti, sul tavolo della cucina, optammo per quattro giorni di avventura. Si partì, di prima mattina, con una scorta di panini imbottiti, preparati da mamma. Appena il sole divenne caldo, scoprimmo la capote, facendo finalmente raddrizzare il collo, mio e di mia sorella, sino allora tenuto chinato, per non urtare nei ferri dell’intelaiatura. Prima della frontiera, affrontammo i colli della Milano ‐ S. Remo. Sul Beigua forammo, restando senza ruota di scorta. Ci furono commenti e discussioni se affrontare la spesa di una vulcanizzazione non prevista. Preferimmo giocare con la fortuna. Dopo Pont S. Louis il vestito smagliante della Cote ci si presentò nei suoi colori più vivi della stessa immaginazione. Tutto ci sembrava meraviglioso, nuovo, eccitante. La varietà delle insegne, sui negozi, i fiori, presenti un po' dovunque, l'azzurro del cielo, la sonorità musicale della lingua, ci eccitarono nella nuova vita da turisti. A sera, la Promenade des Anglais ci sconvolse. Quello sciamare di gente sul vasto marciapiede, tra la spiaggia e la catena di lussuosi alberghi. Un mondo di benessere, curato, uscito da una pellicola a colori hollivudiana. Ci fermammo sul marciapiede, fuori dal ristorante del favoloso Hotel Negresco. Ci separava una cortina di piante, ma lo spettacolo era visibilissimo, si potevano toccare gli attori. Mi è rimasto, negli anni, questa visione di luce intensa, fatta di gioia altrui e di felicità, in un benessere inarrivabile per noi. Una tavola scintillante di argenti e cristalli, volti sorridenti di giovane e eleganti signore. Uomini poderosi e rassicuranti. Frammenti di sorrisi e di frasi gioiose. Scintillii di gioielli in scollature, che promettevano profumo. Ma eccolo arrivare, tenuto in bilico sul braccio di un elegante cameriere, che avanza tra i tavoli, quasi danzando. Lo depone al centro del tavolo, mentre i commensali si schiudono attorno, come petali di un fiore. Lo vedo, pannoso e tremolante, macchiato di cioccolata, spumoso di bianca panna. Il tocco del cameriere è improvviso e deciso. Una fiammata è al centro del tavolo. Ora i volti ne sono illuminati e ne prendono le tonalità. Le donne hanno sorrisi, che si confondono col bagliore dei gioielli. Un gesto e la fiamma scompare. Eccolo il flambé esuberante, traboccante di forma e di profumi inarrivabili. Ora, noi, si guarda, con stupore, quel affondare la lama del cameriere per trarne porzioni che non ci spettano.                                                                                                                                 "Ho l'acquolina in bocca!!" La voce della sorellina.