Il Il Re Di Villastrada

Essere nato il 6 gennaio 1923 per il figlio di un ardente fascista voleva dire sicuramente portare i nomi del Duce: Benito, Amilcare Andrea. La rivoluzione armata fascista era avvenuta il 29 ottobre 1922, i genitori del bambino Fausto Maccioni e Piera Castelli erano possidenti terrieri, o come si diceva allora latifondisti in località Villastrada di Cingoli provincia  di Macerata. Era stata una gioia infinita per loro che l’erede fosse maschio così poteva sfoggiare il nome del Duce. Dopo la firma dei Patti Lateranensi fra il Regno Italiano e la Santa Sede avvenuto l’11 febbraio 1929 in casa Maccioni ci fu grande festa, la mamma era una fervente cattolica molto prodiga con gli appartenenti alla Chiesa. Altro avvenimento importante: 27 maggio 1940 entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania anche contro la Russia. i germanici avevano sottovalutato la potenza bellica dei Sovietici ma almeno avevano un equipaggiamento adatto al rigido clima della U.R.S.S., i soldati italiani avevano talvolta scarpe di cartone e fasce al posto delle calze di lana! Preso dall’entusiasmo dopo la benedizione da parte della moglie Fausto si presentò volontario al Distretto Militare di Macerata dove però non trovò nessun coetaneo di sua conoscenza…Il 10 giugno 1940 Benito Mussolini dal balcone di Piazza Venezia, sicuro di una vittoria facile, comunicò agli italiani l’entrata in guerra a fianco dei Nazisti. Fausto fu inviato in Russia ed ebbe la sfortuna di perdere la vita al primo scontro con i russi. La notizia fu comunicata dai Carabinieri di Cingoli alla moglie Piera che immediatamente corse in camera a vestirsi di nero.  Benito rimase basito, aveva diciassette anni per prima cosa non pensò alla morte del genitore ma al suo futuro, non si sarebbe certo presentato volontario ma la leva era obbligatoria e quindi occorreva trovare un escamotage per evitarla. Andò a Cingoli a trovare Italo Scortichini coetaneo ed amico di suo padre ma che con lui non aveva nulla in comune, era riuscito a farsi dichiarare N.I.S.M.I. (non idoneo servizio militare incondizionato) a mezzo di medici militari di Macerata molto sensibili al ‘dio denaro’. “Caro Benito non ti dico la solita frase ‘qual buon vento’ perché immagino il motivo di questa tua visita. Sta diventando ogni giorno più difficile farsi dichiarare non idoneo alla leva, tu che malattie hai?” “Sano come un pesce.” “Dobbiamo inventarne qualcuna tu fumi?” “Mai preso in mano una sigaretta.” “Bene o meglio male, hai in enfisema cronico e sordità al 70%m,, facciamo 80, per prima cosa devi acquistare un apparecchio per sordi, uno di quelli che si applicano ad un orecchio ed hanno un amplificatore di suoni con batteria a secco  da situare nel taschino della camicia. Quando andrai a visita medica farai finta di non sentire chi ti chiama e di presentarti dopo aver messo in funzione l’attrezzo scusandoti e facendo presente la tua infermità, ogni tanto tossici in modo violento e poi presentati al dottor Impallomeni a mio nome, non farti sentire dagli altri medici. Quel dottore ti farà entrare in una specie di campana di vetro, ti farà respirare e tossire, stilerà un certificato medico confermando il tuo enfisema, per il pagamento verrà lui a Villastrada, gli manderò io il tuo indirizzo, devi seguire alla lettera quanto ti ho suggerito, stiamo scherzando col fuoco.” Tutto avvenne come programmato da Italo Scortichini, Benito fu dichiarato N.I.S.M.I. Dopo due giorni, era domenica il dottor Impallomeni si presentò in casa Maccioni, dopo aver sorbito una bibita rinfrescante, era d’estate,  intascò con disinvoltura una busta con all’interno centomila Lire e con la sua motocarrozzetta riprese la via del ritorno a Macerata. Benito era diventato padrone di tutti i beni della famiglia oltre che della sua vita futura, la madre per il gran dolore della morte del marito si era ritirata nel convento di suore Domenicane, aveva rinunziato a tutte le proprietà del consorte. La gioia più grande per Benito fu quella di poter usare la ‘Balilla’ quattro marce del padre dopo aver conseguito la patente di guida. Anche in villa la situazione era per lui favorevole, d’inverno camino sempre acceso nel salone dove era situata anche la sala da pranzo, a letto il prete e la monaca: il primo era un quattro assi imbullonati con al centro un recipiente di coccio con all’interno della carbonella che riscaldava le lenzuola. Pulizia, ordine della casa e cucina in mano a due contadine Concetta e Speranza, madre e figlia che erano ben felici di abitare anche loro a casa del ‘padrone’. I tedeschi ed i giapponesi dall’altra parte del globo subirono sconfitte di tal portata da dover accettare una resa senza condizioni. I fascisti in Italia sparirono come nebbia al sole, in tutte le città non si vedevano più  gerarchi panciuti che sfilavano tronfi con al seguito il popolino entusiasta, gli americani integrati da truppe di varie nazionalità e soprattutto i partigiani circolavano acclamati dalla folla, Benito era un  nome mal visto e così il signor Maccioni pensò bene di cambiarlo sia sul portone di casa che nei bigliettini da visita in Andrea, dopo un po’ di tempo un  po’ tutti i conoscenti lo appellavano col nuovo nome.  Vecchia passione di Ben…pardon di Andrea era la caccia ma non quella peripatetica, troppo faticosa per il signorino ma quella stanziale con un capanno posizionato in un suo terreno vicino casa circondato da piante di varie altezza dove si posavano per poco tempo gli uccelli sia stanziali che migratori. Ovviamente la caccia non era stata possibile sia durante la guerra che durante la ritirata dei tedeschi che mettevano al muro chiunque fosse trovato in possesso di un fucile anche se da caccia. Andrea coadiuvato da Peppe, suo conduttore del fondo vicino casa aveva scavato sotto la strada, e non nel suo terreno una buca dove vennero  sotterrati i suoi quattro fucili da caccia e relativo munizionamento. Il capanno in legno dove in passato suo padre era solito rifugiarsi per sparare alla uccellagione era stato distrutto dai tedeschi e quindi fu giocoforza farne costruire uno nuovo. Andrea si rivolse a Luigi Colocci un falegname di Cingoli della vecchia ‘scuola’ che, alla fine di un suo lavoro ben fatto, per la soddisfazione brindava col datore del lavoro e talvolta non si faceva nemmeno pagare! Andrea andò a prendere il carpentiere con la Lancia Aprilia che aveva acquistato di recente al posto della vecchia Balilla. Luigi Colocci si mise subito all’opera, prima di ritornare al suo laboratorio a Cingoli diede disposizioni per far installare sul terreno piloni portanti dove potervi sistemare la base del capanno. Dopo una settimana Andrea si recò a Cingoli con  un camioncino, trasportò i vari pezzi della costruzione da comporre sul terreno, a fine giornata tutto sistemato. Andrea era felice come un bambino, riaccompagnò Luigi Colocci al suo paese e  faticò non poco per fargli accettare centomila lire per il suo compenso. Il capanno quadrato aveva dimensioni cinque metri per lato, due feritoie sia anteriori che posteriori, davanti, in terra c’erano la gabbie con dentro  uccelli per il richiamo dei loro simili. Andrea quella mattina si recò prestissimo sul posto anche se faceva un freddo cane. Per fortuna era stata installata la corrente elettrica, a  mezzo di una stufa era stato reso più gradevole il soggiorno, c’era anche un lettino per un eventuale ‘riposino’. La caccia fu proficua: Merli, Tordi, Fischioni, Alzavole, Storni, Pernici ed altri volativi che Andrea sconosceva. All’arrivo a casa, Concetta e Speranza si misero le mani nel capelli: “Ci vuole un giorno intero per spennarli e poi come conservarli?” “Non vi preoccupate, a Cingoli ho comprato una ghiacciaia, un mobile quadrato in cui da una parte si mette la merce da tenere al fresco dall’altra il ghiaccio che procureremo al bar.” I vari uccelli finirono in padella, cotti al girarrosto o al forno. Andrea decise di non ritornare tanto presto a caccia, di uccelli ne aveva fatto una scorpacciata pantagruelica! Venne giugno, il signorino durante l’inverno aveva preso ad avere ‘confidenza’ con Speranza malgrado quest’ultima fosse fidanzata con Nello Fabiani barbiere di Villa Strada, meglio così, la liaison avrebbe coperto un’eventuale non prevista gravidanza. Ai primi di giugno Concetta: “Padrone, mia sorella Gilda dove accompagnare suo marito gravemente ammalato all’Ospedale Torrette di Ancona, non sa a chi lasciare la figlia Rosina di tredici anni, se lei potesse darci una mano…“ “Cosa gli è successo?”È caduto sotto il trattore in campagna, ha riportato varie fratture, all’Ospedale di Ancona c’è un  reparto specializzato in chirurgia.” Concetta ben conosceva i ‘rapporti’ fra Andrea e sua figlia, il padrone non poteva dirle di no ed infatti: “Una di voi venga con me, andremo a Cingoli a prendere la ragazzina, a dir la verità avevo in programma una gita al mare, ci andremo insieme a…come si chiama?” “Rosina.” Speranza si sedette nel sedile del passeggero della Aprilia, gonna larga che alzata sino alla vita lasciava intravedere tante cose buone. “Copriti, potremmo finire fuori strada, lascia stare il mio pisello!” i due ben presto arrivarono  dinanzi l’abitazione di Gilda, Rosina era già pronta dinanzi alla porta di casa, salutò in fetta la madre e si accomodò nel sedile posteriore. Andrea non fece molto caso alla ‘bambina’ solo arrivati  Villa Strada la guardò meglio, aveva un bel viso e soprattutto uno sguardo furbetto, altro che bambina! Andrea si diresse verso la località di Porto Potenza Picena, una spiaggia sabbiosa, un’oasi naturalistica con laghetti, in passato allorché era molto giovane ci si era recato con i genitori.  Previdente aveva acquistato un ombrellone rosso a cui si potevano agganciare delle ‘bande’ verticali che avrebbero reso l’ombrellone stesso una tenda rotonda, in giro pochi bagnanti. Per primo entrò sotto l’ombrellone, Andrea aveva indossato un slip, erano finiti i tempi del puritanesimo fascista. Lo seguirono Concetta, Speranza  e la piccola Rosina, mentre le prime due sfoggiavano un bichini castigato la piccola aveva indosso solo le mutande, nessuno aveva pensato di acquistarle un costume adatto a lei, d’altronde di seno era completamente piatta. In acqua l’unico che sapeva nuotare era Andrea che si allontanò lasciando vicino alla battigia le tre femminucce. Spinti dalla fame acuita dall’aria marina  tornarono tutti a terra, la piccola Gilda aveva le mutandine trasparenti appiccicate al corpo, si poteva notare il suo fiorellino imberbe, Speranza l’aiutò a rivestirsi ma quella figura di giovane imberbe aveva suscitato in Andrea un desiderio sessuale mai provato prima, lui stesso se ne meravigliò, aveva scoperto il suo lato pedofilo? Il pranzo su un telone sulla sabbia,  panini imbottiti di salumi vari e di formaggio, bibite analcoliche,la piccola Rosina aveva dimostrato un  buon appetito.  Al ritorno in  auto la bimba non aveva potuto indossare le mutandine ancora bagnate, ad un  certo punto: “Zia Concetta fa molto caldo, che ne ci di aprire i vetri della macchina?” Nel frattempo si era alzata la gonna sino a mostrare l’implume fiorellino ben notato da Andrea dallo specchietto retrovisore, nessuno fece commenti, dinanzi a quella faccia tosta…Andrea aveva attrezzato il suo luogo di caccia con un ‘roccolo’, per i non cacciatori un quadrilatero di reti alte sei metri, a terra i soliti richiami che attiravano gli uccelli. Per la cattura dei volatili di passaggio erano stati posti in alto dei piccoli rami che un volta posti in azione spaventavano i pennuti che cercavano la salvezza volando verso le pareti e rimanendo impigliati nelle reti, facile per Andrea catturarli con la mani,  tornò in casa con tanta cacciagione, Concetta: “Non ho sentito alcun colpo di fucile, come ha fatto a prendere tanti volatili?” Il padrone di casa spiegò in cosa consistesse il ‘roccolo’ suscitando la curiosità della piccola  che: “Voglio vedere come funziona.” “Rosina, quando vado a caccia la mattina mi alzo molto presto, a quell’ora…” “Io mi sveglierò da sola, ti prego zio…” Andrea era diventato ‘zio’, nessuno aveva suggerito quel passaggio da signore a zio ma ancora una volta tutti tacquero. Rosina si stava dimostrando diabolica, la mattina alla cinque si presentò nella camera di Andrea che si era appena alzato dal letto, un iniziale stupore poi:”Vatti a vestire pesante, fuori fa freddo.” A piedi raggiunsero il ‘roccolo’, Andrea accese la stufa ma all’inizio la temperatura del capanno era bassa. “Zio ho freddo, posso abbracciarti?” “Tra poco sentirai il calore della stufa.” Nel frattempo Rosina si era abbarbicata allo  zio  ed aveva iniziato a baciarlo sul collo,poi sulla bocca, si era scatenata. Maggiorenne o minorenne ‘ciccio’ non fece distinzione, alzò in alto il pennone che la bimba si affrettò a prendere in mano e poi in bocca, il ‘tutto’  fu ingoiato senza profferir parola, Andrea aveva lo sguardo fisso nel vuoto, gli uccelli quella mattina evitarono di  finire in padella. “Padrone oggi niente uccelli?” “Purtroppo cara Speranza c’era in giro un falco che li ha fatti scappare.” Rosina era ormai scatenata, una notte entrò in camera di Andrea e prese a dettare legge per quanto riguardava il fiorellino: “Desidero caro zio che tu sarai il primo ma a modo mio, tu starai supino con il tuo bel coso in erezione, prima dovrai farmi avere un orgasmo così avrò meno dolore. Il progetto della giovane venne messo in atto ma non andò completamente a buon fine, aveva il fiorellino troppo stretto, il dolore la fece desistere. “Zio … sarà per una prossima volta, mi sono  fatta troppo male.” Rosina  di notte ‘dormiva’ con lo zio con gran dispiacere di Speranza che si vedeva preferita ad una piccola ‘zoccoletta’. Ne parlò a sua madre che: “Figlia mia cerca di ragionare, se la storia del nostro padrone venisse a galla lui andrebbe in galera ma noi non sapremo come vivere, i guadagni  del tuo fidanzato sono irrisori, lui passa in barbieria la maggior parte de tempo a leggere il giornale, la gente di qui è povera, i maschietti si fanno  la barba da soli, i capelli glieli tagliano le donne di casa…faremo finta di niente, o prima o poi quella puttanella tornerà a casa sua.” Una notte Rosina nel letto di Andrea si svegliò in forma, lo fece mettere in posizione e finalmente divenne una donna…Il lenzuolo si macchiò di sangue, la neo signora cercò di lavarlo, lo mise a stendere ma rimase un alone inconfondibile,  madre e figlia non fecero commenti. Dopo un mese, a mezzo di un paesano Gilda fece sapere che suo marito era in via di guarigione, chiese a sua sorella se il signor Andrea avrebbe potuto andarla a prendere ad Ancona e ad accompagnarla col marito e con Rosina a Cingoli. Fu accontentata con gran gioia un po’ di tutti, Andrea si era reso conto che poteva finire in un mare di guai, Speranza immaginava il ritorno all’ovile dell’amante, Rosina aveva raggiunto il suo scopo e contò il soldi che aveva ricevuto dentro una busta: cento biglietti da diecimila. A casa a Cingoli: “Mamma quanto fa diecimila per cento?” Non ci volle molto per Gilda comprendere il significato di quella domanda della figlia. “Una dote da principessa mia cara!”