Il mio caro angelo

Le guardo il culetto.
E lei mi appioppa uno schiaffo.
Perché?
Non lo so, non di preciso.
So solo che adesso mi guarda male. Si è messa di fronte a me con occhi di brace. Un bel ceffone, non c’è che dire. Non me lo sarei mai aspettato, non da una bella ragazza. Così giovane poi.
Sono allibito. Forse è disgustata da me, da un uomo di quaranta anni che ha osato ammirare il suo lato B.
Provo un po’ di vergogna.
Non dico una parola.
Le cinque dita mi bruciano la guancia.

Dentro di me so d’essermela meritata la figura di merda.
Abbasso lo sguardo, di brutto, contrito.
Lei resta di fronte a me a testa alta. Il suo sguardo inquisitorio posso sentirlo penetrarmi l’anima.
“Sai solo guardare? Parla!”, ordina lei.
Non so che dire.
Ho paura che mi molli un altro ceffone. O peggio, un calcio dritto sui gioielli di famiglia.
Rimango muto.
Faccio per sgommare via, ma lei mi stoppa subito ficcandomi la lingua in bocca.
Mi bacia per un minuto buono.
Non sono mai stato baciato con così tanto ardore. Fossi morto in quel momento sarei stato felice. Io baciato da un vero angelo.
Raccoglie la mia mano nella sua gentile: “Andiamo”.
Non ribatto.

Come una coppia di innamorati camminiamo lungo via Roma. Poche parole.
Si ferma davanti a un portone, quello di casa sua: “Sali!”
Fa tutto lei. Mi spoglia. E poi si spoglia anche lei, in velocità. Niente inutili spogliarelli. E mi monta a dovere lasciandosi accarezzare il bellissimo sedere, perfetto. Una pesca di carne. Di amore. Di lussuria.
Lo facciamo fra le lenzuola bianche, ansimando. Una unione carnale più che spirituale. Ma anche d’amore.
Ci sbattiamo nell’amore perché lei ne ha voglia. Perché in strada io ho ammirato il suo culetto con desiderio non nascosto. Perché sia io che lei siamo soli, bisognosi d’incontrarci, di medicare la nostra solitudine.
Con dolcezza baci, carezze e sesso.

Solo dopo averlo fatto a lungo e ripetutamente prendiamo a parlare un po’ di noi. Lei ha lasciato il suo ragazzo, che l’ha tradita con un’altra. Io invece un cane randagio in cerca d’un po’ d’affetto.
Ci raccontiamo le nostre storie centellinando un caffè caldo che lei, Sarah, ha preparato con la moka. Mangiamo fette biscottate spalmate di marmellata di fragole.
Alla fine gli e lo chiedo: “Perché quello schiaffo?”
Sarah arrossisce. Si è fatta bellissima, più di qualsiasi angelo delle mie fantasie.
Un po’ imbarazzata risponde: “Ero incazzata, non con te. Non schiaffeggio gli uomini perché mi piace. Non sono quel tipo di donna lì… Ma ero incavolata e tu mi avevi guardato il fondoschiena”.
“Mi spiace”.
“Non c’è bisogno di dirlo. E’ naturale che un uomo guardi certe cose in una ragazza, purché non si spinga oltre se lei non ci sta”.
Bella e intelligente. Diavolaccio, mi sto innamorando, proprio io che non ho mai creduto all’amore a prima vista.
Devo osare: “Perché siamo qui?”
Sarah si fa seria seria: “Perché sei un sognatore. Te l’ho letto dentro. E uno come te è sempre un uomo solo”.
Rimango senza parole, accennando un sì con il capo. Nutro una paura terribile. La paura di perderla, perché adesso sì… Gli e lo confesso al brucio: “Ti amo”.
Non mi aspetto niente. Ma non posso tacere. Le cose belle capitano una sola volta nella vita, se sei molto molto fortunato.
Sono pronto a beccarmi uno schiaffone o una sfuriata tutta al femminile, con lacrime e strali di genuina repulsione.
Sarah si avvicina a me, lasciando scivolare a terra la leggera vestaglia: “Ti piaccio?”
“Sì”.
“Perché?”
Non ho bisogno di pensarci su, la risposta è nella mia anima che aspetta solo di essere liberata: “Perché nessun’altra mai ha capito così tanto di me”. Mi sfugge un colpo di tosse: “E perché ho capito tutto di te, con tutti gli errori che un uomo fa quando crede d’aver compreso l’anima d’una donna”.
Gli occhi di Sarah si fanno dolci. Dolcissimi.
… ho trovato Dio grazie a uno schiaffo.