Il piccolo Miki

L’abbaiare disperato del piccolo Miki sembrava sgretolarsi contro le invisibili pareti della strada. Una strada buia, deserta, fredda. Appariva vuota e chiusa, dentro una dimensione tutta sua. Una trappola orribile per un bianco maltese indifeso e impaurito. Il cucciolo voleva tornare a casa dai suoi padroni il prima possibile. Perché non erano ancora qui? Il buio ululava come un lupo e per un cucciolo rimanere avvinghiato tra le braccia della notte era pericoloso. E la solitudine era così opprimente. Che fosse successo qualcosa ai suoi padroni? Non ricordava molto, solo una spinta violenta, e poi la pietra dura graffiare le zampette inferiori dando modo al dolore di scaturire un liquido denso privo di odore.
Non c’era molta luce, e la paura danzava come la nera signora in attesa di metterlo al guinzaglio, per condurlo all'inferno per sempre. Ma non aveva fatto niente di male, a parte i suoi bisogni sullo zerbino di casa. Era la pipì, il suo più grave errore?
“Non farò più pipì” si promise Miki, gemendo e muovendo la testolina spaventato.
I padroni non lo volevano più? Faceva sempre le feste a tutti e lasciava chiunque accarezzare il suo pelo candido come le ali di un angelo.
“Vi prego, siete la mia famiglia!” gridò il cuoricino di Miki. Aveva fame, sete, e tanto bisogno di affetto.
Il maltese non sentiva più la coda, le zampette, il muso. Non sentiva più odori e rumori, e vedeva solo una strada ghiacciata e nera come la pece. Forse stava morendo? I suoi pensieri s’arrampicavano nell'oscurità e il desiderio dell’accoglienza aleggiava tra brusii celati nell'oblio del colore del fango. Il freddo della notte divorava ogni frammento di striscia bianca sulla strada senza pietà.
“AIUTO!” Miki mandò un altro guaito, con tutta la forza rimasta in corpo, al punto di svenire. Un suono straziante e doloroso. Pianto e tristezza. Il tormento di un piccolo cuore che desiderava solo un po’ d’amore dalla famiglia che l’aveva adottato.
All’improvviso due fari nella vita notturna illuminarono un fagotto niveo sul ciglio della strada.
Un’auto blu frenò di colpo alla vista di quella strana cosa, sprofondata in totale agonia. Lo sportello si aprì e scese un cinquantenne, alto e robusto, dotato di una capigliatura bruna e folta.
«Povero cucciolo!» esclamò l’uomo sorpreso e allo stesso tempo disgustato da quella scena. Un dolcissimo maltese bianco abbandonato in strada, al freddo e al buio. Prese in braccio il cane con delicatezza e lo strinse con amore, come se fosse un neonato.
«Tranquillo, mi occuperò io di te. E mia figlia ti farà tanta compagnia.»
Miki aprì gli occhietti, neri e teneri, poi osservò quella dolce illusione di stile natalizio.
«Povero piccolo. Va tutto bene, tranquillo» disse il suo nuovo padrone caricandolo in macchina e coprendolo con una coperta rossa.
“La punizione è finita? Perché, signore, io non ho fatto nulla”. 
«Ora hai trovato una nuova famiglia. E nessuno di noi ti abbandonerà mai, neanche se sporcherai i nostri letti con i tuoi bisogni» disse l’uomo, come se avesse percepito l’angoscia dell’animale. E poi prese a guidare con calma, fino a una casa illuminata di luci multicolore, dove l’albero di Natale emanava bagliori di serenità e pace. Note musicali si trasformarono in poesie incantatrici, circondate da fulgori di speranze e amore.
La notte di quel meraviglioso Natale aveva compiuto il suo nuovo miracolo, e l’amore aveva salvato per l’ennesima volta un cane abbandonato.

Premio speciale della giuria “i grandi temi sociali” per il racconto “Il piccolo Miki”al premio internazionale di poesia e narrativa
“Dal Golfo dei Poeti ‐ Shelley e Byron, alla Val di Vara” edizione 2016