Il rapace e la fanciulla 2

Erotico. Comico. Porno. Fiaba per adulti.

Capitolo quinto

Più tempo passavo col Falco e più mi ispirava un sentimento di pena. Stupendo... non avevo mai sentito una cosa del genere per un ragazzo.
‐ Ok, l’hai voluto tu, aspetta che mi monto il preservativo, mia madre... – si corresse tossendo. ‐ Niente, niente... – aggiunse mentre arrossiva – dicevo che devo mettere il preservativo perché voi ragazze siete tutte zoccole!
‐ E chi te lo ha suggerito, mammina? – dissi, abbastanza sull’offeso.
‐ Niente mamma! Quale mamma? Io sono il Falco... non ho famiglia!

Lo trovai patetico, anche perché avendo un cazzo decisamente piccolo, il preservativo gli andava largo dando, della sua virilità, uno spettacolo grinzoso e squallido. Ma il Falco non perdonava, mi si mise dietro e si sollevò sulle punte annaspando per raggiungere il mio culo. Provò anche a centrarmi saltellando ma niente, proprio non ci arrivava.
Per tagliarla a corto, decisi di abbassarmi io.
Per fortuna il cazzo del giovane si irrigidì abbastanza, certo la visione del mio culo chiaro e remissivo doveva essere eccitante.
Sentivo il suo bastoncino piegarsi sotto le sue pressioni senza infilzare il buchetto del piacere. Sperai che lo mettesse in figa per provare qualche stimolo al più presto... mi stavo annoiando.
Alla fine me lo sentii dentro.
In effetti mii aveva divaricato l’ano ma, viste le sue dimensioni, era un gioco piacevole, una specie di solletico godereccio: non gridai, anzi mi scappava da ridere. Lo lasciai accanirsi, trionfante, sul mio sedere.
Non aveva più come spingerlo dentro pur di guadagnare qualche millimetro ma, purtroppo, la sua natura quella era! Dopo una ventina di stantuffate si abbracciò al mio corpo e, dopo averlo spinto dentro al massimo, iniziò a vibrare.
Ora si era appeso su di me, con gli anfibi a mezz’aria, che ballonzolavano. Pesava e mi si piegarono le ginocchia sul cesso. Non ebbi tempo per lamentarmi, il Falco, scalciando e fremendo, se ne venne nel suo preservativo accartocciato.
Sgusciò subito fuori dal culetto perché perse all’istante la sua breve erezione. Il profilattico con la sua acquiccia opalescente gli cadde sulle scarpe, sporcandole.
‐ Porca vacca ‐ disse lui – e adesso? Chi glielo dice a mammà?
‐ Lo sapevo – dissi subito additandolo – avevo capito, sai? Sarai pure un Falco ma ancora non hai lasciato il nido... ah ah – gli risi in faccia... e li sbagliai!
La vendetta di quel maledetto fu tremenda, recuperando il cazzetto incastrato nello slip, il porco corse verso l’uscita dai bagni, portando con sé le scarpette e le mutandine.
Una risata satanica riecheggiò per i cessi.
Ero perduta!

Cominciai a piangere su me stessa e, lentamente, risalii le scale e tornai nel locale.
Ritrovai, tra la folla che si diradava, il mio Gianfilippo che si accorse che qualcosa non andava.
‐ Amore – disse ‐ e le scarpette... dove sono andate a finire? –
Presa alla sprovvista non sapevo cosa rispondere ma poi mi ripresi e gli dissi:
‐ Perdute, tesoro: e questa è una brutta notizia ma... – attirai la sua attenzione con quella strana affermazione. – Ma ho perso anche le mutandine e...
‐ E questa è una bella notizia? – disse lui mentre il suo “tubero” cominciava a reagire nelle mutande.
‐ Credo di si, almeno lo spero. Anche perché sarei pronta a darti il mio “regalo”, adesso.
‐ Ma, Ciccia, il regalo me lo hai già fatto, ricordi? –
‐ No, Giangino mio, quello era “un regalo” e basta... adesso voglio donarti qualcosa di mio e gli presi la mano, portandomela sulla natica nuda sotto la veste, attenta che nessuno vedesse.
Gianfilippo iniziò a sudare freddo e gli occhi gli brillarono. Io lo lasciai nella sala mezza vuota e imboccai di nuovo la strada dei bagni, dopotutto erano confortevoli e ormai mi ci ero acclimatata.

Mentre scendevo le scale, sentii Gianfilippo che gridava al papy:
‐ Babbo, lasciami le chiavi dell’Hammer e prendi tu la cinquecento, per stasera! –
Il mio cuoricino batteva forte.
Poco dopo, in un tripudio di sensi, cedetti alla pressione del cazzo significativo del mio ragazzo e me lo lasciai infilare nel culetto, fino alla radice. Non mi fece male; il lavorio del Falco mi aveva preparata e bendisposta, anzi, mi vergogno a confessarlo, persino vogliosa di prenderne ancora, e bene.
Gianfilippo mi venne dietro gongolante di piacere: anche per lui era la prima volta.
E senza mentire a lui e a me stessa posso affermare che anche per me fu il primo rapporto anale... intendo con Gianfilippo, ovvio.

Epilogo

Un’ora dopo sotto casa, accompagnata dalla carrozza d'acciaio, la povera “Cenerentola” torno a casa, con un velo di tristezza nello sguardo, addolorata per le scarpette perdute ma, una sorpresa l’attendeva: nel buio del cortile, proprio all’ingresso del cancelletto di casa, poggiate per terra le sue favolose scarpette di seta.
Sconvolta e felice, le raccolse e le strinse al cuore poi, guardando meglio, si accorse che dentro ad una era nascosto un pezzetto di carta. Era un messaggio del famigerato Falco:

“Brutta zocolona, ti restitrutisco le scarpe perchè non servono a un cazzo: no puzano, sono troppo nuove. Mi tengo la mutanda invesce, percè quella si sente. Il Falco no perdona!

Che serata!
Cenerentola sorrise con un pizzico di simpatia. Il Falco aveva lasciato il segno, è vero, ma come comico, però. Poi pensò, salendo gli ultimi gradini e massaggiandosi l’ano con la mano libera: “Invece, sto cazzo di Gianfilippo c’è andato giù pesante!”
Ma già si gustava quel piacevole indolenzimento, sapeva che lo avrebbe provato altre volte vivendo, felice e contenta, la sua lunga vita da principessa.