Il toccasana di nonna Olga

Nonna Olga, la nonna paterna, era il mio rifugio, da bambino. In una villa di paese, dove avevano trovato riparo dai bombardamenti di Genova, tutti i parenti meridionali di mamma, la sua camera era, per me, il posto più ambito, dove venivo sempre accolto e coccolato. Nei freddi inverni piemontesi, potermi rifugiare sotto la coperta di montone argentino, era, oltre che un’esperienza odorosa e tattile, un ritorno a un utero caldo e accogliente. Gli oggetti sparsi per la sua camera avevano un fascino particolare per le lontane provenienze. Il fratello, zio Enrico, navigante, le aveva portato regali da ogni porto del mondo. Ricordo un’iridescente veduta di Rio, fatta di ali di farfalle tropicali, bamboline in vari costumi nazionali, pettini d’osso, oltre a chimoni dai ricami fantasiosi, scialli andalusi, ventagli dalle forme più varie. Oggetti che, a ogni mia visita, andavo a ripassare con lo sguardo, intuendone il fascino di una lontananza, per me, irraggiungibile. Lei, tutta pizzi e merletti, odorava di colonia e di talco. Mi attardavo a scoprire tracce di cipria sulle sue guance; ne ricordo il profumo intenso. Una sua grazia di portamento e di espressione, era romana di origine, me la rendeva diversa dalle altre donne meridionali della casa. Correvo da lei per le cure, nei miei piccoli accidenti di vita. Se, ruzzolando tra i campi, mi escoriavo un ginocchio, sapevo che la sua preziosa scatoletta, simile a quella che racchiudeva, di solito, mentine colorate, mi avrebbe guarito. In questa occasione, conteneva una polverina gialla, miracolosa, venuta da chissà quale porto. Ne bastava una piccola spolverata sulla ferita sanguinante per creare la “crosticina”, arrecandomi subito il sollievo di essere curato. Il mio panico di bimbo cessava e il suo sorriso mi riportava al gioco interrotto. Nel “mal di pancia”, che a volte mi colpiva, dopo scorribande tra pruni carichi di frutta matura o filari d‘uva dorata, nonna Olga , superava, in cura, la camomilla della nonna materna, Amina. Non potevo non ricorrere alla sua boccettina dal vetro scuro, vero toccasana per questo tipo di male. Pochi centimetri di liquido marrone in un vetro spesso. Una targhetta in una grafia sconosciuta dichiarava la sua origine, aldilà di oceani e terre. “Un vero portento – ripeteva nonna Olga – la cura di tutte le mie emicranie”. Infatti spesso l’avevo vista assumere questo tipo di medicamento, con un immediato sollievo. Mi preparava una mezza tazzina di acqua, in cui faceva cadere una o due gocce di liquido nero. Avevo imparato a conoscere il miracolo di quella bevanda, che, dopo pochi minuti, mi toglieva il ”mal di pancia”, lasciandomi in uno stato di assoluta calma e benessere, inusitati per altre medicine. “ Laudano, laudano spegne ogni dolore…sia lodato!” Sento ancora la sua voce emozionata per l’avvenuta guarigione. Solo in tarda età, ripercorrendo gli anni, ho compreso ciò che mi somministrava nonna Olga OPPIO PURO!
l.p.r.

“Dei rimedi, che a Dio Onnipotente è piaciuto dare all’uomo per alleviare la sofferenza, nessuno è così universale e efficace, come l’oppio.” Sydenham 1680