Jonathan Walker - Romanzo del mistero [Il Caso Green] Parte I

Manville, paesino che sorge ai piedi delle montagne del Tenkaai dove la notte è più lunga delle ore giornaliere; si presenta come una vera e propria roccaforte. Le case sono costruite in grotte scavate ai piedi della montagna spuntando qua e là come fuocherelli nella roccia. Accanto il porto, la zona più lugubre e buia del paese dove spesso mercanti e trafficanti si deliziano in rubaglia e omicidi tra furfanti. Poco più distante Glasville la parte più nuova di Manville, dove le case sorgono su piattaforme in legno e paglia nella zona più calda dei piedi della montagna dove il sole regna rispetto alla notte. In quel periodo Manville era soggetta a forti venti del nord dove tegole, alberi, barche e via discorrendo, venivano depredate, sradicate e date in pasto al mare o alle pareti della montagna; il bestiame veniva spazzato via, le terre coltivate perdevano radici e il freddo ammutoliva ogni cosa. In un giorno di fioca luce e di vento incalzante, approda giù al porto Jonathan Walker; giovane uomo sulla trentina, aspirante detective e pupillo dei dottori Merendille e Pief (rispettivamente medico e capo della sicurezza da Manville a Poluare città emergente nella formazione di giovani detective). Città natale Glasville a cui fa ritorno dopo anni di dottorato all’estero per riabbracciare la famiglia lasciata anni prima per dedicarsi agli studi oltreoceano.
“Signor Walker!” Walker scende dalla nave attraccata da pochi minuti e a riceverlo l’amico di famiglia John.
“Oh, John! Che piacere rivederla vecchio mio, come sta?” Chiese Jonathan con un caloroso sorriso.
“Oh, è sempre un piacere rivederla, signore! Io sto bene. A parte il vento, un po’ di amarezza per il bestiame e i campi, signore!”
“Noto, noto, John! Ma dopo tutto abbiamo sempre saputo che Manville è una città ventosa, passerà passerà! Ma la prego mi porti a casa, sono così stanco!”
“Oh, signore, sentiti auguri per la sua promozione! Venga, venga, la porto subito a Glasville!”  
Saltati in carrozza, John porta il giovane Walker a destinazione. Fermi alla tenuta dei Walker, John aiuta Jonathan con le valige aprendogli la porta e annunciandolo alla famiglia.
“Signori Walker, il signorino è tornato!” urla di gioia nell’atrio della casa e subito a precipitarsi dalle scale delle stanze superiori madre e padre Walker, la figlioletta appena maritata, Diletta e il più piccolo della famiglia, Maxime con otto anni appena compiuti.
“Calorosi abbracci per il mio primogenito, orsù!” gridò di gioia l’anziano Walker dando pacche sulla spalla al figlio stordito per le feste della famiglia.
“Oh, Padre! Che gioia infinita! Madre fatevi abbracciare! Diletta, per l’amor di Dio, sempre più bella e tu Maxime, cresci a vista d’occhio anche se il mio è stato lontano!” Feste, calorosità d’animo e la grande cena per deliziare il ritorno dell’amato prediletto del casato Walker. Seduti alla tavola imbandita, Jonathan fu messo al corrente delle novità successe negl’anni; il padre aveva acquistato una raffineria di zucchero nelle lande collinari che gli aveva portato un ingente fortuna, la madre aveva preso a carico la formazione di alcune fanciulle figlie di nobili di Manville; la sorella Diletta aveva trovato un ricco marito venditore di tabacco a Poluare e il piccolo Maxime era diventato muto in seguito ad uno spiacevole incidente al porto dove aveva assistito alla tragica morte dell’amico Joulien per mano di ignoti.
"Oh Maxime, sono così rattristato della notizia!” disse Jonathan al fratellino abbracciandolo forte e regalandogli, l’indomani, un cagnolino a pelo corto agile e scattante come guardia del corpo.
Nelle ore di sole, Jonathan accompagnato da John, fa un giro al porto entrando alla bettola ove tempo addietro si sedeva con amici a bere nelle notti insonni.
“Jonathan!” Urlarono gli amici “Con quale dei venti sei arrivato?”
“Amici, amici! Con quello dell’Ovest, credo sia stato. I miei studi sono terminati e posso finalmente dedicarmi un po’ a quello che ho lasciato.”
“Male affare! I detective non sono più ben accetti in queste terre!” proferì Aldamacco.
“Aldamacco, ma cosa dici? Tu che da piccolo non facevi che parlar di giustizia, proprio tu vieni a dirmi queste cose?”
“I tempi son cambiati, Jona. Lì fuori fa così spavento che anche la sicurezza notturna è diminuita per la troppa paura.”
“Le strade di Manville son diventate così oscure, dunque?”
“Il porto ulula di tormento. Qualcosa si aggira spaventoso nei viottoli e lungo i canali che collegano Manville a Glasville. La notte non è più sicura, qualcosa si nasconde tra le foreste sopra la montagna che di notte scende fin qui a spargere paura e terrore.” “Catastrofico come sempre!” s’intromette Marianne, la bella figlia dell’oste, vecchia amica di Jona e Aldamacco (amante di entrambi, fidanzata di nessuno).
“Marianne. Il tempo ti rende giustizia, mai più bella di ora!” prendendole la mano, Jona la bacia appassionatamente.
Gl’occhi azzurri di Marianne si posano sulle mani ben curate del giovane amico, lancia un occhiata ad Aldamacco, poi si morde il labbro e lascia cadere il fazzoletto che aveva nella mano.
“Oh, mia bella. Hai perso il fazzoletto” lo prende Turin il servetto.
“Quanto tempo speri di restare?” chiese Marianne all’amico rientrato.
“Quanto basta per capir se di restare sia il diletto o se desiderato io sia altrove”.
“Vedo che la mente poetica non ti ha abbandonato”
“Oh, no, no! Durante i miei studi ho potuto godere anche di buona scrittura e scrittori, romanzieri e narratori. E poi, i tuoi occhi, Marianne, sono turbini di zaffiri che rintoccano il cuore con il suono dell’amore” disse guardando la sua bella congedandosi, poi, arrivando ai colli accanto con l’amico Aldamacco ai piedi della montagna.
“L’orrore scende da quelle foreste?” chiese all’amico guardando in alto la montagna. “Si, Jona. La polizia di città non è che buona a nulla. In due settimane non so quanti morti abbiamo pescato dal mare, trovato nei campi e scorto appesi ai rami degl’alberi più vicini. C’è qualcosa che non va”.
“Stanotte starò lungo il fiume, sul pontile a ovest. Ho sentito che lì ci sono più probabilità di pescare un morto dal fiume che un pesce vivo. Starò con John e se vuoi unirti, sei il benvenuto.”
“Verrò a notte fonda. La sera aiuto Phil e James alla taverna. Sgozzo maiali, lo sapevi?” “Il colmo di un uomo che non mangia carne è di ucciderne. Che testa.” “Signore, si ricordi della cena di stasera! Il marito di sua sorella Diletta è in viaggio per porgerle i suoi saluti, signore!” S’intromette John.
“Ah! Per Dio, me n’ero scordato. Grazie John! A più tardi Aldamacco porgi i miei saluti a Marianne.”  
In sella ai cavalli, Aldamacco fa ritorno alla locanda; Jonathan e John fanno ritorno alla tenuta Walker dove tutti sono intenti nei preparativi della cena.  

“Caro fratello, dove siete stato?” Diletta accoglie l’amato familiare proponendogli una passeggiata nei viottoli di Glasville.
“Mia cara, cosa dovrò aspettarmi questa sera da tuo marito? Parlami di lui” chiede camminando al suo fianco tenendola col braccio sotto al suo.
“Oh, mi fai arrossire! Geremia è così gentile! L’ho veduto un giorno al porto appena sceso dalla nave! Era tornato da Megdhir la città più ricca della sponda opposta a Manville. Così composto, bello, i raggi del sole lo rendevano d’oro!”
“Immagino! L’amore pone sempre un velo d’oro sulle palpebre di chi s’imbatti in esso.” “Ti parlerà sicuramente dell’industria di tabacco che ha in quella città (è un uomo d’affari, lui) ed anche molto considerato nel campo dell’imprenditoria. Cercherà di accattivare le tue grazie come lo è il miele per le api! Dio mi aiuti se dico il contrario! Ci siamo sposati la primavera scorsa e quanto c’è dispiaciuto che tu non sia potuto venire.”
“Lo so, mia cara. Ma ero nel pieno degli studi e non potevo distrarmi dal mio percorso. Ma vederti felice rende contento anche me!” Risate e schiamazzi.
Durante la conversazione Marianne spunta nella piazzola principale del porto e scorge i due fratelli conversare felicemente uno negl’occhi dell’altro; alle sue spalle il padre oste la scopre a seguire i due con lo sguardo.
“Marianne.” Irrompe.
“Padre. Mi chiedevo dove poter andare a prendere le erbe che mancano alla scorta in magazzino.”
“Cercavi risposta guardando il giovane Walker tornato da oltreoceano?”
“Suvvia! Dopo cinque anni vederlo passeggiare qui sembra quasi una visione.” Sorride lei.
“Mi sono sempre chiesto se quel giovane arguto aspirante detective non fosse mai partito, quale dei due avresti scelto per maritare. Il pezzente sfascia maiali o l’ingente signore della giustizia?”
“Alla fine ho scelto il rozzo oste e la sua saccente osteria di borgo. No?”
“La tua lingua è aguzza più delle mille forchette che ho in cucina, straccerebbero le carni di qualsiasi buon partito. Che l’Iddio ti ha fatto bella ma anche maledettamente testarda figlia mia.”
“Dopo tutto mia madre non era migliore di me, mi pare.”
“Misera fine, poveretta. Su, torna a lavoro! Dal suo ritorno non so se ne potremmo giovare fortuna o impavido sgomento.”    

La cena della sera si compie angelicamente tra buon cibo, calici di vino e racconti di lavoro in terre lontane.
“Ma ci racconti qualcosa di lei, giovane Walker. Avrà sicuramente qualche aneddoto da raccontare durante i suoi studi per diventare detective” chiese Geremia a fine pasto, con tutti i commensali ancora seduti che approvavano la scelta della prossima conversazione.
“Oh, beh, Geremia, sicuramente. Non credo, però, siano conversazioni adatte alla tavola, per Dio.”
“Suvvia, fratello, raccontaci; son curiosa anch’io di sapere qualcosa! Da quando sei tornato non ne hai mai fatto parola” la sorella accompagnata dagl’altri.
“Va bene, va bene. Potrei raccontarvi dei giorni di prova che si sono tenuti alla Nuova Scow.”
“Siete stato alla Nuova Scow?” chiede Geremia “E’ la città più buia con il maggior tasso di criminalità! Da brivido, mi hanno raccontato ma bisogna sempre vedere con occhi quello che la gente dice, non trova?” Gl’occhi celesti di Jonathan perdono di consistenza; lo sguardo si svuota e facilmente si nota quanto i suoi ricordi stavano facendo a cazzotti con la ragione per i momenti vissuti in quei sobborghi luridi e abietti. “Le dicerie non sono tutte false. Nuova Scow viene chiamata anche la città che non dorme mai; posta a confine tra due terre desolate, spesso accoglie persone scampate a chissà quali storie o angherie e, mosse dalla paura, sono disposte a commettere atti così impuri che vengono giustificati dalla sopravvivenza.”
L’aria della casa si fa silenziosa e pesante; alcuni commensali rabbrividiscono al tono melodrammatico di Jona.
“Eravamo in tre insieme al dottor Merendille e l’ispettore capo Pief. Ci avevano detto che in uno dei sobborghi della città si nascondeva un criminale dai gusti… insoliti. Andava in giro di notte a rapire giovani bambine tutte dai capelli biondi e dagl’occhi verdi; le portava nelle grotte imbavagliandole e stuprandole violentemente. Ad atto compiuto, le cavava via gl’occhi e le bruciava appese agl’alberi. Dopo notti di studi e pedinamenti, arrivammo al colpevole; ma solo dopo sette vittime. E non fu nemmeno per la nostra bravura. Fu stesso lui a commettere un errore che ci condusse a braccia aperte all’interessato.”
“Quale fu l’errore?” chiese Geremia.
“Nell’ultimo omicidio si ustionò una mano. Fu il medico che lo medicò a darci la soffiata beccandolo in flagrante mentre stava abusando della figlioletta. Ricordo ancora gl’occhi della figlia Lisette; aveva uno sguardo così perso e vuoto, le lacrime uscivano per inerzia come se fosse abituata a tutto quel dolore.”
“Che n’è stata di lei?” chiese Diletta. “La portai in un’ospedale vicino la città che si occupava delle bambine abbandonate. Quando me ne stavo per andare mi prese la mano, mi avvicinai al suo visino e mi disse – Il mio papà era buono – come si fa a dire una cosa del genere?”
Silenzio in sala.
Dopodichè l’anziana Walker prese la parola, esordì con battute fuori dal discorso, riprese un po’ l’attenzione di tutti e riuscì a portare i commensali nel giardino e la tranquillità ripiombò in casa mentre Jona era ancora seduto a tavola guardando il vuoto e fumando un sigaro.

A sigaro terminato John pone il soprabito sulle spalle del giovane Walker portandolo ai cavalli; destinazione pontile ad Ovest.