Kevin, Alabama 1999

storie dalle periferie del mondo Kevin giocava tutti i giorni la stessa partita, bozza per una rappresentazione
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Canti dalla periferia del mondo

Kevin giocava tutti i giorni la stessa partita.
Birmingham Alabama 1999

‐ Note di scena

Al centro della scena un carrello della spesa pieno di cianfrusaglie coperte bottiglie, un pallone da basket, bolle di sapone, pattini, palla da baseball

A sinistra su una sedia un cappello a visiera e un giubbotto che poi diventeranno Kevin il vagabondo con un cappello a visiera in testa

SUL FONDO UN GRUPPO DI RAGAZZI E RAGAZZE AMICI CHE PARLANO, POI DIVENTERANNO IL PUBBLICO DELLA PARTITA DI BASEBALL DI KEVIN ed altre interazioni, bolle di sapone ecc.….…..

Preambolo/motivazione (perché ci mettiamo in cammino? Cosa portiamo con noi? e perché raccontiamo?) 

‐“… Ci sono storie che appartengono alle zone marginali dell’interesse umano.Sono fatte da uomini, uomini semplici; da quei tanti che per umiltà o consapevole scelta rimangono incastrati nel grande magma universale degli individui comuni.

 “Io sono stato qui e nessuno racconterà la mia storia”

graffiavano mani anonime su una pietra nel campo di concentramento di Bergen Belsen.

 Per conto di chi parlava quel grido scalfito nella roccia? Parlava per sé,

o per “tutti coloro che non vengono mai citati nei notiziari, che non hanno biografie,

 ma sono un labile passaggio per le strade della vita”?

Luis Sepulveda in – Le rose di Atacama‐“

Introduzione: Gate City Birmingham Alabama ‐ coordinate spazio‐tempo

All'inizio degli anni ’90 volontario in Nicaragua, ero responsabile del convitto maschile di una scuola tecnica di agronomia e insegnante di Inglese.
Gli studenti erano sia ragazzi e ragazze adolescenti che uomini e donne di trent’anni o più che erano tornati alla vita civile dopo la guerra da poco terminata.

Le difficoltà erano tante, spesso mancava l’acqua e tenere a bada più di ottanta ragazzi e uomini da solo era complicato.

 Mi svegliavo alle quattro del mattino e andavo a dormire non prima della mezzanotte, tutti i giorni. Un ricordo in particolare, gli studenti la sera lustravano per ore il loro unico paio di scarponi che usavano sia per la pratica in campagna e sia per le lezioni in classe e lavavano la loro unica camicia bianca perché la mattina dopo volevano essere lindi puliti e profumati. Erano poveri, sì ma non abbandonati a sé stessi

Per contro ricordo a Birmingham Alabama, il vero abbandono e l’emarginazione.
Abbandono ed emarginazione, molto peggio della povertà materiale.

Abbandono, nei “projects” i quartieri popolari di Birmingham entravamo soltanto noi ed i missionari Salesiani e le macchine della polizia che accorrevano a sirene spiegate soltanto quando c’era una sparatoria o incidente.
Il nostro compito era quello di far trascorrere il pomeriggio dopo la scuola in serenità a più di cento bambini e ragazzi che altrimenti sarebbero stati soli ed in pericolo in strada.

I ricordi ed i fantasmi in quei luoghi erano ovunque perché quelli erano i luoghi dove era iniziata la lotta per i movimenti civili e contro la segregazione razziale. Alcuni amici avevano vissuto la segregazione razziale sulla loro pelle.
Ricordo uno scambio di opinioni molto accesso, un ragazzo Afro Americano diceva ad un ragazzo bianco:
“Tu non sai nulla di me, non hai la minima idea di cosa mi passi per la mente! Non ha mai avuto necessità di conoscermi. Io invece so tutto di te, so leggere ogni piccolo dettaglio nel tuo viso, nei tuoi movimenti! E così sapevano fare i nostri vecchi, gli schiavi e le levatrici che allattavano i figli dei bianchi! Sapevano leggere ogni piccolo dettaglio perché da quel dettaglio dipendeva la vita o la morte!”

Periferie del mondo, e la tra le persone abbandonate al loro destino che noi cercavamo di aiutare, c’era anche Kevin che ogni giorno giocava la stessa partita………………
E mi trasformo in Kevin

IL PRIMO narratorE entra dalla quinta laterale destra e guardandosi indietro chiude una porta lentamente come per non svegliare qualcuno

(la sua famiglia che ancora dorme dentro la casa parrocchiale dove abita, )

È mattina presto è fa freddo, si guarda intorno e in lontananza, come sempre vede Kevin, e rivolgendosi al pubblico, con un sorriso, inizia a raccontare la sua storia con l’incipit:

‐ “Kevin giocava tutti i giorni la stessa partita…… “

guardandolo e puntando il dito verso di lui, girandogli intorno (Kevin non si accorge di lui, è nel suo mondo, si muove con la sua palla, simula un lancio).

NARRATORE (2 LETTORI ) : Kevin giocava tutti i giorni la stessa partita.

Ogni mattina lo trovavo lì nel parcheggio davanti alla chiesa,

accanto a lui, fedele compagno, un carrello della spesa che lui chiamava PiglyWigly,
che era nome del supermercato dove aveva preso il carrello e dove portava tutta la sua vita ammucchiata ed appesa.

Viveva lì Kevin, in strada, scappava sempre dal dormitorio degli homeless

 diceva che doveva andare a giocare la sua partita, la sua partita!

Giocava la sua partita di baseball tutti i giorni, sotto quel cielo grigio di periferia,

cappello a visiera schiacciato in testa occhi piccoli barba lunga e un bel sorriso sempre in faccia,gambe leggermente aperte e ginocchia un po' piegate, busto di lato e in mano la sua palla di baseball sempre quella, la stessa palla di sempre che lui stesso aveva autografato.

Kevin diceva che era stato, anzi era ancora un giocatore di baseball professionista, era lui il campione! diceva Kevin.

La mattina io uscivo molto presto, camminavo verso il parcheggio e lo trovavo sempre lì,un giorno gli chiesi "How old are you Kevin?”

Lui arrabbiato rispose ‐ "How old? Vecchio io? Io non sono vecchio! Io gioco la mia partita! Io vivo il tempo della mia partita, io gioco, io gioco a Baseball!"

 Di Kevin si sapeva poco, chi fosse da dove venisse, alcuni amici della parrocchia ci avevano raccontato che l'avevano trovato tanti anni fa, una mattina lì nel parcheggio riverso per terra stordito e insanguinato.

Non si seppe mai di preciso cosa davvero gli fosse successo, si presumeva che l'avessero picchiato perché colpevole di essere senza casa e Afro Americano.

 A chi domandava spiegazioni lui diceva che un giocatore della squadra avversaria aveva perso la testa al suo ennesimo lancio perfetto, e che l'aveva rincorso con la mazza da baseball tirandogliela in testa e la partita era stata interrotta a quel punto.

Trovato riverso nel parcheggio i volontari lo avevamo portato all'ospedale e lì era rimasto ricoverato per due giorni, curato e ripulito.

Gli avevano offerto vestiti nuovi ma li aveva rifiutati, aveva accettato però che ripulissero i suoi e che sistemassero il cappello a visiera.

Gli avevano poi proposto di entrare in una comunità per gli homeless gestita da una associazione di volontari, ma lui aveva rifiutato, aveva detto che doveva giocare, doveva finire la sua partita di baseball!

La sua partita di baseball nel project, così chiamano i quartieri popolari come Gate City, persi nella periferia di Birmingham Alabama,

periferia fatta di svincoli, centri commerciali e super mercati, periferia uguale a tante periferie di quelle città statunitensi, monumenti di un illusorio benessere consumistico e niente più. 

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A Birmingham Alabama, dietro la collina e le insegne pubblicitarie più grandi che si innalzavano come invalicabili muri, ben nascosti ci sono i quartieri popolari come Gate City dove era situata la parrocchia.

Il nome definiva bene la realtà e la emarginava dal resto del mondo, Gate City Città cancello o inferriata. 

E così si sentiva chi viveva a Gate City, rinchiuso, isolato abbandonato, scartato, incatenato alla povertà nel centro dell’impero, nel bel mezzo del paese più ricco del mondo.

A Birmingham Alabama nel quartiere popolare chiamato Gate City, tra le persone abbandonate al loro destino che noi con altri volontari cercavamo di aiutare,

 c'era anche Kevin che tutte le mattine nel parcheggio di fronte la chiesa sotto quella cicatrice di cielo nelle periferie del mondo, giocava la partita della vita, tutti i giorni al sorgere del Sole la stessa partita.

Non so dire che metafora, che significato profondo o meno ci fosse in tutto ciò, che lui avesse un conto aperto con la vita era chiaro e che quel conto in sospeso fosse lì con lui in quel parcheggio di asfalto e cemento ogni mattina in quella partita che non finiva mai lo era altrettanto.

Ma quando vedevo Kevin in lontananza in posizione da lanciatore con il cappello a visiera schiacciato in testa, all'improvviso guardando tutt'intorno riuscivo a vedere perfettamente le tribune la gente che gridava la banda che suonava i venditori di pop corn ed il parcheggio diventava uno stadio, la folla lo acclamava e Kevin era il campione!

Kevin campione campione!!!

Kevin giocava tutti i giorni la stessa partita, tutti i giorni la stessa partita.La mattina quando mi vedeva mi salutava con un cenno della mano e mi diceva KEVIN ‐ "Ain't no worries italian boy, ain't no worries, this is just a baseball match, it's MY baseball match, and we've got all the time in the world, all the time in the world!

Narratore ‐ Non ti preoccupare ragazzo italiano, non ti preoccupare, è solo una partita di baseball, è la MIA partita di baseball!

e abbiamo tutto il tempo del mondo, tutto il tempo del mondo!"

 http://cantidallaperiferiadelmondo.blogspot.it/2012/06/kevin‐giocava‐tutti‐i‐giorni‐la‐stessa.html#!/2012/06/kevin‐giocava‐tutti‐i‐giorni‐la‐stessa.htm

 Segue la testimonianza Il canto di Kevin………..:

“….sai amico, a volte dopo aver fatto qualcosa
io mi volto indietro e guardo per assicurarmi che sia tutto a posto
io quando faccio qualcosa poi mi volto per cercare qualcosa 
e trovo la mia vita lì del tutto compresa
la mia vita scompagnata e sola in attesa
in attesa 
sospesa sospesa

e sento
sento distintamente gli occhi del mondo addosso,
sopra sotto e tutt’intorno!
sai amico, io a volte mi sento debole e vorrei che qualcuno scavalcasse il muro e scendesse ad aiutarmi
e che non rimanesse lì soltanto a guardare, ad aspettare per vedere che cosa succede
ma sotto questo cielo di periferia siamo soli
soli

come in bolle di sapone
sospese in volo

o come bicchieri di cristallo su bordo di un abisso

…………………..

that crystal time

and here it comes
that crystal time
between your sore ribs
and the shiny stars

and here it comes
that crystal time
the don't look back
don't ask for help

and here it comes
that crystal time
the one that flows
as a sip of light

and here it comes
that crystal time
when days are dark
and nights are bright

and here it comes
that crystal time
when what does shine
it's wrong inside

and here it comes
that crystal time
when the arrogants fall
and the weaks arise

and here it comes
that crystal time
it is just Winter
passing aside
to heal your pains
and dry your tears
that crystal time
that crystal time
to quench your thirst
and knock you down,
but it won't hurt
once and for all
once and no more
that crystal time
that crystal time
that crystal time

http://cantidallaperiferiadelmondo.blogspot.it/2016/12/that‐crystal‐time.html

‐ Quel tempo di cristallo

e poi arriva quel tempo di cristallo
tra le costole che fanno male
e le stelle che brillano

e poi arriva quel tempo di cristallo del non guardare indietro
e non chiedere aiuto

e poi arriva quel tempo di cristallo, che scorre via lontano
come un sorso luce

e poi arriverà quel tempo di cristallo quando i giorni saranno cupi
e le notti risplenderanno

e poi arriva quel tempo di cristallo
quando ciò che brilla è marcio dentro

e poi arriverà quel tempo di cristallo
quando si alzeranno i deboli
e gli arroganti con i loro muri crolleranno

e poi arriverà quel tempo di cristallo, ma sarà solo l’Inverno
che ti passerà accanto
per curare i dolori e asciugare le lacrime
quel tempo di cristallo

quel tempo di cristallo che ti disseterà e ti sbatterà a terra
ma non farà male
una volta per tutte
una volta e per sempre
quel tempo di cristallo

quel tempo di cristallo

 quel tempo di cristallo

http://cantidallaperiferiadelmondo.blogspot.it/2016/12/quel‐tempo‐di‐cristallo.html#!/2016/12/quel‐tempo‐di‐cristallo.html

 (così conclude Kevin il suo sermone, 
riprende il suo carrello, saluta il narratore con un 5 e una stretta di mano
e si perde nella notte tra le strade buie del quartiere,
lontano

i NarratorI rimanGONO lì sedutI a guardare la notte che lo inghioia

Kevin (io) rimane in fondo sul palco e mima si muove parla con qualcuno che ha in testa
poi mi togliero’ il giubbotto ed il cappello e lo posero su una sedia.

I narratorI lo guardaNO poi guardaNO tutt’intorno e verso il pubblico e gridaNO

un grido che va fuori ma anche dentro!)

c’è nessuno in ascolto?
c’e nessuno in ascolto?

http://cantidallaperiferiadelmondo.blogspot.it/2013/07/condominio‐mondo‐notti‐di‐periferia.html#!/2013/07/condominio‐mondo‐notti‐di‐periferia.html

CompagnI di classe 2, leggONO

 

A TUTTA L’AFRICA NEL MONDO

Africa che risuoni tra le baracche del barrio

Africa nel volto di un mendicante loco e solitario

Africa nei bambini ai bordi della via

Africa rispondimi ovunque tu sia!.

Ti ho visto in Colombia negli occhi stanchi di un pescatore,

ti ho visto su impalcature lavoravi muratore,

vendevi maracuja correndo ad una macchina

col finestrino alzato spiegavi il prezzo con la mimica.

Africa rinchiusa dietro le sbarre di una cella

guardavi nascer l’alba, sempre uguale, sempre quella.

Sotto le stelle che ti avevan vista schiava,

tuo figlio sconcertato la ragione domandava.

La ragione di tanta violenza perpetrata

da uomini spinti da avidità sconfinata

su milioni di altri uomini catturati e incatenati

per lavori inumani al nuovo mondo destinati.

Pochi arrivano vivi a Salvador Bahia,

incatenati e buttati nella polvere della via.

A te figlio che la ragione domandavi,

a te questo pianto eterno della tratta degli schiavi.

Quanta Africa persa sulle vie del mondo.

Ti ho visto nel Nord America nelle grandi città,

morire al gelo di un inverno senza pietà.

Ti ho visto furiosa vicino al fuoco cantare,

ti ho visto nei ghetti vivere ed odiare.

Ti immagino nelle grandi distese pastore nomade

muovendo i tuoi passi in valli e terre umide.

Ti immagino nel Sahel sopravvivere la siccità

con un unico sogno, migrare in città.

Cercare fortuna nel ricco occidente

e fuggire l’ingiustizia di una dittatura opprimente.

Quanta Africa persa sulle vie del mondo.

Quanta Africa sofferente al freddo dell’inverno,

a te questo canto fatto con il tuo pianto eterno

ma il tuo tempo è arrivato! Africa in cammino

Africa porto sicuro dove il cuore va a riposare sereno

 questo è l’inizio della nuova era 

 a te mi inchino Africa e chiedo perdono

per sentieri e periferie io sono soltanto un povero pellegrino

e tanta Africa ho visto persa sulle vie lontano

e a te dedico questo canto umile

a te Madre Africa anima sensibile

http://cantidallaperiferiadelmondo.blogspot.it/2013/10/a‐tutta‐lafrica‐nel‐mondo.html#!/2013/10/a‐tutta‐lafrica‐nel‐mondo.html

Marco Bo

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UN COMPAGNO PRENDERà IL GIUBBOTTO E IL CAPPELLO LO INDOSSERà E SI CORICHERà SULLE SEDIE E SI ADDORMENTERà AL CANTO DELLA NINNA NANNA

(MLK ‐ U2)

Sleep
Sleep tonight
And may your dreams
Be realized.....