L'Anticonformista.

Conformista ci si nasce o si diventa? Sembra la storiellina dell’uovo e della gallina, Alberto M. c’era sicuramente nato, il suo era un anticonformismo creativo. Sin da piccolo riusciva a venir fuori dai rigidi schemi in un paese governato da un dittatore (l’Italia); col fascismo non si scherzava, nemmeno i giovanissimi potevano prendere in giro il partito e i suoi aderenti per non parlare della finta moralità. In questo campo aveva dato un  esempio a sei anni quando lungo il corso di Jesi (An) città marchigiana in cui abitava con i genitori, seri professionisti, lasciando di colpo la mano della mamma era andato ad infilarla fra le gonne di una signora nota per la sua moralità. Conclusione: disperazione soprattutto da parte del padre che si era profuso in profonde scuse. Anni addietro per uno sgarbo simile era possibile essere sfidati a duello, forse in questo caso, data l’età del giovan impertinente…Non era stata la sola volta: davanti alla scritta su un muro ‘W LA GUERRA’ l’aveva interpretata a modo suo a voce alta con ‘ABBASSO LA GUERRA’ offesa al regime subito rilevata da un facinoroso fascista di passaggio che pretese le scuse del nonno Alfredo ex commissario di P.S. e fervente antifascista.Alberto era un lettore nato e nella biblioteca paterna aveva trovato una pubblicazione riguardante l’ascesa al potere in Russia del Comunismo che lesse avidamente per poi riversare le idee apprese in un tema in classe in cui si chiedeva invece di tessere le lodi del fascismo, regime amico del popolo. Altre scuse formali di papà Armando che s’era rotto le scatole a dover rimediare alla gaffes del figliolo e così gli impose più rigide regole di comportamento ma come fermare il vento? Volete sapere l’ultima, la più salace:Il paese dove abitava la famiglia era ‘dotato’ di un ‘casino’ o ‘casa di tolleranza’ che dir si voglia alla quale facevano capo non solo gli scapoli ma anche membri sposati di famiglie morigerate, naturalmente in assoluto incognito e con la complicità di Lalla, maitresse della casa proveniente da Forlì, da tutti ben conosciuta. Ebbene un dopocena la famiglia M. al completo era seduta all’esterno del miglior bar del paese a godersi le delizie di un buon gelato ben gradito per temperare il calore di un agosto particolarmente caldo. Ad un certo punto, scesero da due carrozze a cavalli entrarono nel bar sei ‘ragazze scortate dalla famigerata Lalla, ragazze che si infilarono dentro i locali del bar. Toni aveva sentito i grandi parlare della ‘quindicina’ del ‘Villino Azzurro’ (il casino) ossia il tempo in cui quelle signorine esercitavano la loro professione per poi trasferirsi in altra casa. Che ti fa Alberto? Si presenta dinanzi al gruppetto seduto ai tavoli e con notevole faccia tosta : “Benvenute signorine puttane!” Un silenzio di tomba, Alberto, preso per un orecchio, fu portato precipitosamente a casa e oggetto di una punizione corporale. Papà Armando alla consorte Mecuccia (diminutivo di Domenica): “Non si può andare avanti così, non vorrei essere chiamato dal segretario del partito con conseguenze inimmaginabili, ho deciso Alberto andrà a studiare a Roma dalla zia Armida  (era la vedova del fratello Alberto capitano di Artiglieria morto di tifo). Col primo treno del mattino mamma e figlio si imbarcarono sul treno Ancona – Roma per approdare dopo sei ore a Roma in via Taranto 8, dimora di sua zia Armida S. e della madre Maria R. ricca proprietaria terriera vedova di Sinesio, famoso mignottaro, proveniente da Grotte di Castro in provincia di Viterbo. Alberto fece presto ad ambientarsi; fu iscritto alla quarta ginnasiale di un istituto in via Cavour, classe mista in cui ebbe la ventura di essere compagno di banco di certa Maria D. di famiglia rigorosamente cattolica, bruna, capelli a treccia, viso tondo, decisamente ingenua perché sino alla terza media aveva frequentato un collegio di monache. Naturalmente sin dall’inizio delle lezioni fu il bersaglio preferito di Alberto. La baby tutte le mattine, prima di recarsi in classe,  andava ad inginocchiarsi in chiesa come era stata abituata dalle monache. Non l’avesse mai fatto! Alberto riferì la cosa al professor Gatti, anarchico ateo di lungo corso (sempre in lite col professore di religione) che dopo un burbero “Vai a posto”  interrogava la ragazza a ‘levapelo’. Maria che anche per l’eccessiva timidezza rispondeva a monosillabi, si  beccava un bel quattro. “La prossima volta invece di andare in chiesa studia di più!” la redarguiva il professore. Finiva qui? No ad Alberto un giorno saltò l’uzzolo di scrivere una barzelletta ‘zozza’ e di posizionarla nel diario della poveretta che fu sorpresa dal professore Gatti mentre la leggeva, ve la trascrivo: “Tre sorelle mentre viaggiavano in auto ebbero un incidente stradale con conseguenza morte delle tre. Presentatesi a San Pietro furono da questi interrogate: “Tu che hai fatto nella vita?” “L’ho data ai militari.” “Bene in Paradiso per amore di Patria e tu?” “Ho l’ho data ai preti.” “Bene in Paradiso per amor di Dio e tu?” “Io sono vergine.” “Vergine, che hai preso il Paradiso per un pisciatoio, all’Inferno!” Il professor Gattii:“Ah ti dai pure alle barzellette zozze, dal Preside con tre giorni di sospensione.” Stavolta Alberto capì la carognata e si recò dal professore per scusare la povera Maria che non c’entrava nulla, ebbe solo un rimprovero orale. Al piano superiore di Alberto abitava una famiglia  composta da tre persone: padre Anselmo, non più giovanissimo, proprietario terriero in quel di Pesaro quasi sempre lontano da casa, dalla consorte tedesca Ingrid quarantacinquenne, ancora piacente  e disponibile e dal figlio Alfonso laureato  impiegato in una farmacia in via Nazionale. Alberto prese a frequentare il piano superiore anche perché la dama, accanita fumatrice, le offriva volentieri una sigaretta ‘Sport’, la sua preferita. Alberto nipote di nonni mandrilli non era da meno in fatto di sesso ma non avendo compiuto il diciottesimo anno di età per frequentare un’casino’ si limitava a ‘zaganelle’ che ovviamente non lo soddisfacevano completamente ed allora… guardava con insistenza la ancor bella Ingrid che, da vecchia volpona, capì la situazione e ogni giorno di più si faceva trovare  sempre più discinta sin quando un pomeriggio aprì la vestaglia e sotto la vestaglia niente o meglio tante belle cose. Alberto, impietrito sul divano,  notò il suo ‘ciccio’ aumentare notevolmente di volume e fu ‘investito’ dalla risata divertita di madame. “Vieni da mammina tua, non ti vergognare” e prese ad aprire la patta da cui uscì un cosone. “Cavolo ce l’hai grossissimo per la tua età”e prese a baciarlo ma poco dopo si trovò la bocca ripiena di un liquido caldo che ingoiò senza problemi (evidentemente amava le vitamine). Ciccio restò 'in armi' e frau Ingrid pensò bene di infilarselo nella sua  cosina vogliosa, calda e bagnata, insomma una prima volta da sogno. A quell’età farsi una signora era stato per Alberto come toccare il cielo con un dito e la situazione incominciò a ripetersi abbastanza spesso in occasione dell’assenza da casa del marito e del figlio di Ingrid ma…Alberto cominciò a dimagrire visibilmente e la zia Armida lo condusse dal medico di famiglia che, dopo una visita accurata, pregò la zia di lasciarlo solo col ragazzo. “Giovanotto ti dai troppo da fare, diminuisci le ‘prestazioni ‘ altrimenti puoi diventare tubercoloso!” Anche frau Ingrid fu portata a conoscenza della situazione e così decise di regalare alla famiglia Sciarra parte della buona carne che il marito portava dalle sue terre, la salute di Al. migliorò notevolmente anche senza rinunziare alle gioie del sesso. Che fine aveva fatto la signorina Maria? Maritata ad un cattolico integralista, in sei anni ‘aveva sfornato’ quattro figli, (due coppie di gemelli) per poi rimanere vedova, non era nata sotto una buona stella!