L'essenza del buio

L’incontro di ieri con la ragazza cieca mi ha fatto ricordare un episodio della mia infanzia. C’era stata l’opportunità di frequentare una scuola di scherma. Avevo dieci anni e sapere di poter avere come maestro un ex olimpionico della disciplina, mi affascinava, anche se avesse più di ottant’anni. Si risentiva ancora delle carenze economiche del dopoguerra e i miei genitori ben lontani da potermi acquistare un fioretto autentico dai prezzi inaccessibili consultarono zio Enrico, il factotum di casa. Navigante in pensione aveva a casa un piccolo laboratorio da falegname. La prima ghiacciaia del quartiere so che ce la costruì lui con l’invidia di molti. Per l’occasione salvatrice il suo compito ora era costruirmi un fioretto per accedere alle lezioni di scherma. E lo seppe fare con garbo anche se non ne fui mai troppo convinto di quel pezzo alla Geppetto. La prima lezione si teneva nei pressi di piazza Manin all’Istituto dei ciechi che aveva offerto gratuitamente la palestra. Ricordo quel pomeriggio invernale uggioso che solo Genova sa dare. Gli alberi della Circonvallazione lasciavano poca luce ai radi lampioni. Poche auto e rari passanti. Arrivai in anticipo alla lezione, come avrei fatto per la vita ad ogni appuntamento. L’edificio aulico dei primi dell’ottocento mi accolse in una vasta entrata poco illuminata al tenue sorriso di un custode. Questi non sapendo che farsene di un ragazzino con una spada di legno mi indicò la palestra. “Sta ancora chiusa. Entra, accendi la luce e aspetta su una panca.” Negli anni quei secondi mi sono restati fissi in un quadro indelebile. Nell’attimo che entrai ne avvertii l’immensità, anche se il buio era assoluto. Forse la navata di una chiesa stava sopra di me ad opprimermi. La sentivo. Cercai l’interruttore e fu la luce. Sì, si trattava dell’interno di una vecchia chiesa riattata a palestra. Ma ne avevano utilizzato solo la metà per questo uso. Una staccionata di legno creava un altro ampio spazio. Qui l’apparizione sconvolgente. La luce aveva dato a me la visione di uno spettacolo inaspettato, che altrimenti avrebbe continuato a vivere nel buio assoluto. Uomini e donne lavoravano in silenzio alla creazione di piccole manifatture. Non ebbero nessuna reazione alla mia entrata e alla mia luce. A dieci anni compresi la cecità.