La frustrazione dell'avvocato

Una bella sera, l’attraente giovane avvocato Paolo Montepassi stava seduto in una poltrona di quinta fila e guardava, anzi ascoltava, la voce di Bocelli che si elevava alta dentro il teatro Massimo di Palermo. Ascoltava ed era la massimo della felicità. Finalmente era seduto in una delle poltrone del teatro più famoso della sua città, per di più in un posto di prestigio: dopo trent’anni di vita a Palermo era riuscito a comprarsi un biglietto.
A metà del concerto vi fu una pausa. Chiusero il sipario e gran parte della gente si alzò per andare in bagno o al bar, tra questi vi era anche l’avvocato Montepassi. All’improvviso, però, successe una di quelle fatalità imprevedibili, ma che, senza nessun volere di chi la subisce, cambiano una vita.
All’improvviso ,dicevo, mentre camminava per andare in bagno, il telefono squillò, lui rispose: “Pronto Marta…”…allontanò lo sguardo dalla strada che stava percorrendo e putpuf!!! Urtò un uomo e lo fece cadere nelle scale sottostanti. Fortunatamente erano pochi gradini, ma fortunatamente sufficienti a rompere qualche osso in caso di caduta.
Ahimè, la gente non riuscì a resistere dal ridere : si sentì il frastuono di decine di persone che ridevano in sintonia,e più persone ridevano e più veniva da ridere.
Il malcapitato era un vecchietto, che, ragomitolato a terra dopo la caduta, borbottava qualche maledizione.
Il giovane avvocato Montepassi, a dire il vero, fu molto listo nel portargli aiuto e nel sollevarlo da terra lo riconobbe: era il professore Filippo Carella, famosissimo avvocato in pensione e carissimo amico dell’avvocato Prestigiacomo, nel cui studio montepassi aveva appena iniziato a lavorare.
La risata collettiva sembrava non finire più e  nel frattempo Montepassi sussurrò all’orecchio del professore: “ Professore Carella, mi dovete scusare tanto; vi ho urtato…non l’ho fatto con intenzioni cattive”.
“Fa niente, fa niente”.
“Veramente mi dovete scusare”.
“ Ho detto che non fa niente, lasciatemi tornare in teatro”.
Paolo Montepassi era una di quelle persone che non riusciva a sopportare l’idea di aver offeso, seppure involontariamente, qualcuno.
Soffriva‐ dico veramente!‐ al pensiero di essere stato la causa di quello scherno collettivo che avevano gettato contro il professore.
Quando Carella tornò in teatro, il nostro giovane avvocato stava ancora lì dov’era avvenuto l’urto, immobile, con l’espressione da ebete, poi si sedette in uno degli scalini e si mise le mani sui capelli. “deve capire che la mia è stata solo una stupida distrazione… non voglio che mi porti rancore”.
Quando tornò a casa raccontò alla sua ragazza, Marta‐ sì, propri la ragazza che lo portò a distrarsi‐ , ciò che era accaduto, ma anche lei la prese a ridere e sembrò non dare troppo peso all’accaduto.
Disse semplicemente : “ Sono incidenti che possono avvenire”.
Il girono dopo Montepassi indossò il suo miglior vestito, si mise la cravatta e andò prima dal suo datore di lavoro, l’avvocato Prestigiacomo, per chiedergli consiglio, in fondo era molto amico col professor carella.
Quando arrivò in studio non trovò l’avvocato Prestigiacomo. La segretaria si limitò a riferirgli che era in viaggio per lavoro e che sarebbe tornato la settimana prossima. Non poteva aspettare una settimana, sarebbe impazzito nel frattempo. Cosi ché, decise di andare a parlare col professore carella. Pensò che l’avrebbe trovato alla facoltà di giurisprudenza, dove insegnava, e così fu.
“Sono venuto qui da lei” disse con la bocca tremante. “ Per scusarmi, perché con una spallata involontaria l’ho fatta cadere per le scale”.
“ Mi sta prendendo in giro?” rispose il professore urlando. “ Non ne voglio più sapere niente di questa storia se ne vada!”
Paolo Montepassi tornò a casa confuso e amareggiato. Penso che non vi era più nulla da fare. “Ho compiuto un atto malvagio e ne pagherò il peso sulla mia coscienza per sempre”: pensò.