La lupa Audisia

C’era una volta una giovane lupa, dagli occhi di una cangiante tonalità viola scuro di nome Audisia.
Perduta una zampa ancora cucciola, ferita da alcuni cacciatori di passaggio che puntatole contro un fucile l’avevano fatta ammutolire sotto i loro spari, ritrovatasi riversa al suolo sanguinante e storpia, la piccola lupa si era trasformata in una creatura muta e solitaria sempre un passo dietro gli altri, cercando di non essere un peso per il suo branco.
“La Vita è il dono più prezioso! Perché fare questo?” si era chiesta rialzandosi a fatica “Perché se non abbiamo fatto alcunché?” “Perché volerci uccidere? Non provare un briciolo di rispetto?”.
Ma seppur storpia, con una zampa soltanto, anche se zoppa e malferma, lei non aveva mai smesso di riempire con il suo gioioso ululato il creato, componendo la sua poesia “Acquazzone/sul vecchio campanile/un pettirosso” ugualmente fiera.
“Ma con una zampa sola!” vociferava il cicaleccio intorno “Una soltanto!” “Non è per niente un bello spettacolo!” “Quella zampa  fa voltastomaco solo a vedersi!” “Peccato!” “Non può affrontare lunghi percorsi!” “Poverina!” “Non andrà mai oltre!” “Che pena!” “Non potrà mai creare una famiglia sua!” “Come potrebbe mai avere dei cuccioli?” “Scherzi?!”.
Ma per Tancredi, lupo dagli occhi d’ambra, tutto quel ciarlare appariva soltanto gratuito e insignificante. Audisia per lui era bellissima, speciale, la più bella lupa della Foresta, solo lei era in grado di guardarlo in quel modo, facendolo sentire amato, unico, invincibile, lei che aveva visto muoversi a fatica, anche con una zampa soltanto, arrancando senza mai fermarsi, condividendo insieme lo stesso indomito amore per la poesia.
“Ma la mia zampa a te non provoca ribrezzo?” gli chiese una notte la lupa, col cuore a mille “Non t’importa che gli altri possano ritenerti pazzo, perché ti accompagni ad un essere così storpio, quando potresti ambire a ben altra compagnia?” guaiva.
E lui tirandole giocosamente l’orecchio con le zanne, sorrise a quelle parole, per nulla toccato.
“Non ti importa nemmeno se penseranno che ti sei accontentato, Tancredi?! Che potevi ambire a ben altra lupa! Non avrai mai sguardi di invidia, nessuno ti ammirerà guardando accanto a te una compagna così brutta!”.
E lui mugghiando per tutta risposta, innamorato, rideva delle sue paure “Ma se sei bellissima…e altro non desidero che carezzare il tuo cuore e starti accanto per sempre! Cosa m’importa se il cammino è più lento e le Voci maligne? Ciò che desidero non si ha certo con la corsa sfrenata! E ciò che amo è solo potermi accoccolare nel tuo cuore e stringerti nel  mio!” perso d’amore.
E l’animo della lupa radioso, dimenticava allora le malelingue altrui. In‐sie‐me nello stesso battito, in sincrono, per sempre felici e contenti.