La quiete
Continuava a confidare le sue pene alle stelle, certo che il firmamento lo avrebbe ascoltato. Guardando la luna specchiarsi, pallida e pura, nella vasca della fontanella di pietra, scorse in quel riflesso una pace che da tempo inseguiva. Un’altra notte lo avrebbe accompagnato fino al sorgere del sole. Chiuse gli occhi e lasciò andare le sue paure, che si dispersero nel buio come bruma dissolta dal vento.
Quando li riaprì, la luna era calata un poco, ma il suo riflesso nella vasca era rimasto immobile, intatto. Non sentiva più l’ansia che lo aveva spinto a cercare rifugio in quel luogo; al suo posto c’era una quieta stanchezza, la calma che segue una tempesta interiore.
Sapeva che il giorno avrebbe portato le stesse sfide e le stesse incertezze, ma l’aria fresca della notte sembrava averle rese più leggere, meno feroci. Si alzò lentamente dalla panchina, con un passo lieve, quasi in punta di piedi, per non disturbare la pace che lo aveva accolto.
Prima di andare, si voltò un’ultima volta verso il riflesso lunare. Capì che non era un addio, ma una tregua: un breve respiro nel mezzo del cammino. Portò con sé la consapevolezza che, anche nelle notti più buie, c’è sempre una luce, anche pallida, anche distante, pronta a specchiarsi nel profondo.
E con quella tenue speranza nel cuore, avanzò verso l’alba imminente.