La Trilogia, cap 1: Innuendo

In prima media avevo un prof di musica non vedente che ci faceva ascoltare i dischi. Veniva in classe con la radio. “Mettete la testa sul banco” diceva. Apriva lo sportellino ed inseriva un cd. Una volta i Pink Floyd, la volta dopo i Led Zeppelin, poi i Beatles e così via. Una lezione faceva solo ascolto e una ci parlava di teoria musicale e solfeggio. Non spiegava ciò che ci faceva ascoltare, si limitava solo a farci Sentire.
In quel periodo convinsi la mia prof di inglese ad aiutarmi a tradurre delle canzoni, non esisteva google e nella provincia più profonda non eravamo mentalmente attrezzati per le lingue straniere. Eravamo dei ragazzini degli anni ottanta abituati a giocare nei nostri piccoli cortili, l’orizzonte era la fine del vicolo.
In occasione di una ricerca a scuola che dovevo battere a macchina, il nostro vicino di casa, Giggino il dirimpettaio, ci regalò una macchina da scrivere, una Olivetti Linea 98, credo venisse direttamente dagli anni settanta, io la usavo per ricopiare dai libretti dei cd di mio fratello i testi delle canzoni che mi piacevano per portarli a scuola quando c’era lezione di inglese.
Innuendo, canzone che da il nome all'intero cd, il primo che io abbia mai posseduto, il regalo di natale del ’91, è stato il testo che più di ogni altro mi ha travolto. Ero abituato all’ascolto di “cose belle”, giocavo nella mia cameretta mentre mio fratello disegnava ascoltando il Live at Pompeii da una vecchia videocassetta, trascinava in camera il mobiletto marrone con su un enorme televisore philips, di quelli con lo sportellino laterale dove ci alloggiavi il telecomando, e sotto il videoregistratore della stessa marca, lo collegava allo stereo con un cavetto e tirava su il volume a palla. Dunque le mie orecchie non erano nuove all’ascolto ma mai i miei occhietti si erano posati su una tale bellezza, mai prima di quel momento avevo letto qualcosa di così elegante. La mia mente di dodicenne di paese fu completamente stravolta. Cominciai ad avere fame di musica, andavo in edicola e sfogliavo le riviste a tema, senza acquistarle ovviamente.
Risparmiavo qualche paghetta per comprare un CD o un giornale musicale dove ti regalavano i poster dei rockettari. Non avevo ancora i peli sotto le ascelle che montavo in bici fino al paese affianco, da Mixer, il negozio di dischi, per guardare le vetrinette dei CD ed ascoltarne qualcuno di tanto in tanto.
Così sono andati avanti i miei anni alle scuole medie, così si è andata formando la mia coscienza musicale fino a quando un nuovo orizzonte mi si è aperto davanti nell’istante in cui qualcuno mi ha fatto ascoltare il Black Album.