La vita che volevo

Io non ho avuto la vita che volevo.
Anzi, per dirla tutta, io la vita non la volevo proprio.
A dodici anni conobbi mia cugina adottiva. Mia mamma mi spiegò che c'erano bambini senza genitori che vivevano in istituti e genitori senza bambini potevano andare a prenderli come propri.
Pensai: <<Se ci sono bambini senza genitori che vivono in istituto, meglio adottarli che farli.>>
A quattordici anni pensavo: <<Meglio aiutare qualcuno che ha già avuto la disgrazia di venire al mondo che dare questa disgrazia ad altri>> Per poi subito correggere: <<Tu non puoi nemmeno adottare. Ai bambini bisogna dare una visione positiva della vita. Se pensi che venire al mondo sia una disgrazia, tu non puoi nemmeno adottare.>>
Contestavo la favoletta che ci raccontavano in parrocchia, ossia "che nascevamo per amore”.
Secondo me si nasceva per due motivi: per caso (era capitato) o perché gli adulti hanno bisogno di una ragione per esistere, una coppia trova la sua realizzazione, anche sociale, nei figli.
A 18 anni mi sono trovata a contemplare la soluzione di Neal ne “L'attimo fuggente”, quando il padre gli nega la strada che Neal ha scelto, per imporgli l'università.
Superai quel momento, grazie a Silvio, un mio amico coetaneo spastico dalla nascita. Mi ricordai come Silvio aveva mosso con sicurezza la mano per poggiarla sul braccio della mamma, in quel momento preoccupata per l'altra figlia, per confortarla. Come a dire: ”Tranquilla, mamma. Vedrai che andrà tutto bene.”
Mi esortai: “Ma non ti vergogni? Silvio, con il problema che ha, é riuscito ad essere di conforto alla mamma. A te, che é capitato? Vai avanti e non rompere le scatole!”
E sono andata avanti.
Però avevo pensato che vivere sarebbe significato trovarmi un lavoro, vivere per i fatti miei. E, quando fossi andata più avanti con l'età, avrei detto a mio fratello maggiore: <<Io la sera ti faccio due squilli. Guarda, che non devi nemmeno rispondere. Quegli squilli significano che sono ancora viva. Quando non li senti, mandi i pompieri. Giusto per non fare quei titoli tristi sui giornali “Muore e la trovano dopo tre giorni, due settimane, un mese ...”
Non ho avuto la vita che mi ero prefigurata.
Ho vissuto sola per due anni negli ultimi tre anni. 
Anni quasi magnifici.
Due anni di vita su venti (su cinquanta) forse sono pochi.
Ma va bene così.