Manifestazione Onirica Del Demone

E’ come se avessi un demone dentro, un demone dalle mille personalità con un solo volto che ha, nel pugno, la mia anima.
Gli piace giocarci senza mai fermarsi ed io sono in balia di quel suo gioco, senza potergli opporre resistenza; come se la sua mano confortasse più di mille mani reali.

Nei miei incubi notturni sogno sempre di sfuggirgli o di farlo mio; persuaderlo a lasciarmi andare o lasciarsi andare a me, ma senza ottenere nulla. Due sono le cose che tento di fare: o lo amo o lo odio ed entrambi sono portati all’estremo essere.
Questi incubi mi folgorano le membra del cervello; cerco di svincolarmi strappandomi al sonno ma invano, la sua perfidia sa sempre come ammaliare il mio tormento mettendomi a tacere, costringendomi a guardare ciò che accade, inerme, spaventato, con quel poco di coraggio che ancora ho dentro.

Come una Sindrome di Stoccolma amando il mio carnefice allo sfinimento ma tutto attorniato dalla speranza che, un giorno, tutto questo possa finire.
Nei suoi vari travestimenti, porta un solo volto; ed io conosco bene quel volto.
Mi rendo partecipe di quella perversa denudazione, come se mi preparassi e agghindassi per il momento in cui mi potrà torcere il collo, sprofondandomi i pollici negl’occhi scabrosamente.

Mi annoda il ventre ed i polsi, come carne posta sul fuoco ardente; semina dolore e desiderio senza muovere un passo, come se fossi spaventato dalla sua sola ombra offrendo me stesso all’inferno impetuoso e potrei implorarlo dall'oggi al domani; non credo otterrei molto. Alla fine è tutto qui, nella mia testa e fin quando io vorrò che esista, lui non sparirà ma continuerà a farsi spazio disintegrando tutto ciò che di bello resta.
Com’è possibile che tanta ombrosità sia nata e radicata dal petto alle viscere? Quando è avvenuta la sua nascita, la sua crescita e la mia agonia?

La sensazione più irreale e veritiera è: seduto nel vuoto una mano trafora il mio metto, abbraccia il mio cuore e quando gli va di giocare, lo stringe avidamente facendolo sanguinare ma costringendolo a restare in vita. Due ferri agl’occhi per tenermeli sbarrati ad assistere alle immagini che mi proietta nel cervello puntellato da un sottile ago infetto che entra ed esce dal mio cranio bagnando le budella che fuoriescono dal mio ventre spappolato.
Non so se ho reso l’idea.