Melissa E Il Suo Mondo

Melissa a letto sentiva un raggio di sole sul suo viso, aveva perso la cognizione del tempo, era invasa dalla pigrizia, non ce la faceva proprio ad aprire gli occhi, fu costretta dal suono del telefono: “Pronto…” 
“Pigrona sono le dodici, sicuramente sei a letto, ti sento dalla voce impastata, sveglia!”
Era quella rompi di Mona, già una che si chiama così era per forza una rompiscatole, ma era la migliore amica, la sola che aveva sin da bambina.
“Che vuoi…”
“Come che voglio, siamo invitate da mia zia, oggi è l’equinozio di primavera, ti passo a prendere fra mezz’ora, sveglia!”
Si, ora ricordava, era il 21 marzo. La zia di Mo, appassionata di astrologia, le aspettava nella sua villa di Musolino, sui monti Peloritani per festeggiare l’inizio di una nuova stagione: la primavera. 
Non aveva molta voglia di andare a vedere una vecchia signora rinsecchita, ingioiellata oltre dire, circondata dai suoi due alani e da un maggiordomo fuori del tempo ma piena di dinari, si proprio quelli non le mancavano. 
Il vecchio sir, di schiatta inglese, di molti anni più anziano, l’aveva lasciata proprietaria di case, di negozi e di pingui conti in banca che,  al suo ingresso nell’edificio, facevano inchinare sino a terra il rubicondo direttore. 
La vecchia zia Egle (nessun commento sul nome) era da sempre abituata ad essere obbedita ed ossequiata dalla vil plebe ma si faceva perdonare per la sua generosità pecuniaria che, di questi tempi…
Insomma, era l’ora di scivolare fuori dal caldo letto per infilarsi sotto una calda doccia: oh che bello, non ne sarebbe mai uscita fuori.
Il campanello:
“Cazzo son due minuti che aspetto fuori.”
“Ora ti dai al turpiloquio…”
“Lo sai quanto è precisa con gli orari la zia, è una vergine…”
“Si dai candidi manti rotta di dietro e peggio davanti!”
“E quella del turpiloquio ero io, lascia stare Stecchetti e sbrigati.”
Scarpe da tennis, jeans, maglietta e giaccone divisa che avrebbe fatto arricciare il naso alla vecchia signora, infatti:
“Mi sembrate due straccione, Battista portami il telefono:
“Teresa cara, ho una nipote ed amica straccione, te le mando domani, ripuliscimele per bene, grazie cara.”
Teresa era la proprietaria di una boutique molto alla page del centro di Messina.  
Chiedo scusa ai lettori, avevo dimenticato che Melissa e Mo (ovvio diminutivo dell’originale) abitavano a Messina la prima in viale dei Tigli 26 con i genitori e la seconda sulla strada Panoramica al n.2240 sempre con papà e mamma, ambedue universitarie, la prima in  lettere, la seconda in ingegneria informatica.
Il pranzo era stato un solo monologo della vecchia signora che non mancava di imboccare i due alani eternamente affamati e che scodinzolavano speranzosi in attesa dei bocconi della padrona.
Sottofondo le melodie di Bach e di Chopin preferite dalla vecchia signora.
Finalmente fine della libagione e rientro a casa di Melissa.
Le due amiche avevano in comune anche il boy friend, due istruttori della palestra dell’Annunziata Salvatore per Anna e Marco per Mona, si incontravano nella abitazione delle ragazze quando i rispettivi genitori erano fuori, insomma il menage di due ragazze normali quando un giorno:
“Mo ho la febbre e sono nervosa, vieni a trovarmi.”
Mona  per consolare l’amica sconsolata e decisamente ipocondriaca aveva iniziato a massaggiarla prima sul viso, poi sulle tette, sulle cosce, e poi, per sbaglio, sul fiorellino, insomma le due amiche erano diventate intime in senso sessuale senza volerlo.
Avevano pensato di scambiarsi i partners ma avevano rinunziato considerato che i due erano dei fanciulloni e non avrebbero compreso il girl swapping.
Qualcosa era cambiato nella vita di Melissa quando all’università era giunto Il professore Fabrizio Quinti insegnate di lettere moderne. 
Quarantenne, longilineo, 1,80, elegante, eloquio brillante e trascinatore aveva colpito Melissa che aveva preso ad incontrarlo all’uscita dalle lezioni.
La prima volta:“Professore le chiedo scusa se l’importuno ma vorrei sapere qualcosa di più su Oscar Wild, sono affascinata dalla sua personalità e dai suoi scritti.”
“Gentile signorina, mi proponga la domanda durante le ore di lezione.”
“Forse sarebbe meglio una lezione privata, sempre che lei sia d’accordo.”
Era un’attacco diretto al quale il professor Quinti rispose con un sorriso.
“D’accordo, ho un bilocale in viale Annunziata 38, il mio telefonino è 3406656111, sono un Ariete con tutte le conseguenze che porta tale segno, mail ‘[email protected]’, ho preferito non mettere il mio nome e cognome, ho preso in prestito quello di un mio zio purtroppo defunto, le occorre altro?”
Il sorriso era sempre stampato sul viso del professore mentre un leggero rossore era apparso su quello di Melissa, rossore non sottolineato ma notato dall’insegnante.
Melissa si era voluta documentare su Oscar Wilde ed aveva acquistato un libro dell’autore ‘Il principe felice’.
È la storia un po’ triste di una rondine che, passando sopra una città inglese per recarsi in Egitto, si ferma sopra una statua in bronzo di un principe che le racconta la sua storia.
Il primo incontro avvenne un sabato pomeriggio, Melissa aveva smesso i panni del maschiaccio ed aveva indossato quelli acquistati o meglio regalatigli dalla zia Egle presso la boutique della sua amica Teresa, un’acconciatura presso il  parrucchiere Corrado celebre omosessuale (“Mi raccomando Corrado un’acconciatura da sballo”), un profumo delicato, uno schianto!
Al suo ingresso l’insegnante aveva arricciato il naso (Melissa si aspettava qualcosa di più): “La prego si segga, le faccio un po’ di spazio, l’ordine non è il mio forte.”
In verità il soggiorno con annesso cucinino era in un disordine totale, la camera da letto idem.
“Professore si vede che vive solo, manca la mano di una donna, col suo permesso…”
In meno di mezz’ora il mini appartamento aveva mutato la sua ‘fisionomia’, anche i panni sporchi erano in lavatrice che faceva  compagnia ai due col suo suono metallico. 
“Ora si che …”
“Gentile signorina o meglio Melissa, ti do del tu, potresti essere mia figlia, sono divorziato da mia moglie che vive ad Ancona con mia figlia Rebecca, quella che vede nella foto sopra la scrivania, ho preferito farmi trasferire a Messina, i miei genitori, ambedue deceduti, erano di Catania, non ho alcun legame sentimentale.”
“Sono Melissa Marchese, ventitre anni, vivo in famiglia, ho un boy friend che frequento senza impegni sentimentali… non c’è altro. Ho portato con me il racconto di Oscar Wilde ‘Il principe felice’ che vorrei commentare insieme.”
“Piccola bugiarda a te del ‘Principe felice’ non interessa un bel nulla, n’est pas?”
Stavolta il rossore sulle gote di Anna si era fatto più evidente, Anna prese il soprabito e fece per uscire quando: 
“Non sentirti offesa, ho detto quello che pensavo e forse pensavo bene, vieni a sederti vicino a me deliziosa alunna.”
Melissa, a metà strada fra il divano e la porta di casa, era indecisa sul da farsi.
“Pensa bene se vuoi arrivare sino in fondo o fare retromarcia, un classico è il legame sentimentale fra l’alunna ed il professore, ci sono fiumi di letteratura in tal senso.”
“Ti darò anch’io del tu, caro papà, sono io che…insomma, darla la prima volta è da mignotta e tale non mi sento, guardo che c’è in frigo e ti preparo una cenetta. Vuoto assoluto, vado al CO qui vicino , i maschietti vanno presi per la gola.”
“Mona ho rimorchiato, il professore mi piace da matti, non voglio lasciarmelo sfuggire, ho appuntamento sabato!”
“Sono eccitata anch’io, proposta indecente, tieni il telefonino acceso, voglio partecipare alla pugna.”
“Tu non partecipi a nessuna pugna, mi sentirei a disagio, devo pensarci su.”
Il sabato successivo Anna aveva preferito un abbigliamento casual, solo un  filo di profumo, aveva ceduto alle ‘insane voglie’ di Mona, telefonino acceso.
Questa volta l’appartamento del professore era in ordine, frigorifero pieno, libagione assicurata anche da bottiglie di pregio sia di Lambrusco che di Pro Secco, il professore amava i vini frizzanti.
Anna fu piacevolmente colpita dalla perizia culinaria di Fabrizio: tagliatelle al sugo, cosce di pollo con patate, coniglio con peperoni, una vera delizia, pane semintegrale abbrustolito, contorni di carote, insalata, finocchi, rucola e frutta a non finire.
“Dove hai imparato a cucinare?”
“Ho prestato servizio nella Guardia di Finanza per tre anni al confine svizzero, a turno ‘montavamo’ da cuciniere. Sono appassionato di Jazz e di foto motivo per cui metto su dei CD classici e, col tuo permesso, ti scatto qualche foto, solo dei primi piani, hai un viso delizioso sia quando sorridi che quando diventi seria come l’ultima volta.”
“Dear Fabrizio vorrei andare in bagno a poi…”
“D’accordo, incontriamoci a letto.”
La borsa col telefonino acceso sul comodino, il baby doll rosa indossato in attesa dell’arrivo del padrone di casa che non si fece aspettare.
Natale aveva un fisico da atleta, il suo un metro e ottanta era ben distribuito, muscoli possenti in tutto il corpo ed un coso decisamente fuori del normale facendo un paragone con quello di Salvatore l’unico con cui poteva fare un confronto.
Il ciccio di Fabrizio preso in bocca era aumentato in maniera notevole tanto che Melissa ebbe paura di farsi male: 
“Ti prego vacci piano, ho avuto una sola esperienza con il mio istruttore della palestra ma non l’ha così grosso.”
“I palestrati usano gli anabolizzanti che creano problemi dal punto di vista
degli organi genitali, hanno muscoli gonfiati, in parole povere sono loffi.”
Natale fu molto delicato, prima baciò a lungo la gatta che godè più volte e poi penetrò dolcemente facendole provare qualcosa di nuovo ed eccitante quando schizzò lo sperma sul collo dell’utero.
Melissa ogni tanto descriveva le sensazioni che provava per accontentare Mona all’ascolto, la ‘pugna’ durò a lungo sin quando:
“Natale la gatta ne ha avuto abbastanza, mi riposo un po’ poi rientro a casa mia per il giusto riposo della guerriera!”. 
Il menage col professore andava avanti, come dire, in maniera regolare, qualche week end lo passavano a Cefalù.
A questo punto Hera  la divinità della gelosia penetrò nel cervello di Mona che non accontentava più di ascoltare, via telefonino, le imprese erotiche della sua amica.
“Anna vorrei che mi presentassi il professore, la notte sogno te e Fabrizio che fate l’amore, vorrei… si vorrei come dire, partecipare, sempre che voi due foste d’accordo, insomma hai capito…”
Melissa aveva capito perfettamente, Mona si sentiva esclusa dal menage della sua amica e voleva anche lei partecipare al banchetto erotico, un problema era quello di informare il professore delle ‘mire’ della sua amica e vedere le reazioni di Fabrizio.
Un giorno, finite le schermaglie amorose:
“Fabrizio ti ho parlato della mia migliore amica, siamo insieme sin da piccole, ci confidiamo proprio tutto e lei…” 
“E lei mi si vuole fare oppure propone il triangolo, n’est pas?”
“E tu come tutti i maschietti zozzoni sei d’accordo nel pensare di avere a disposizione due femminucce …”
“Possibilmente bisessuali come siete voi, 'non mi oppongo' come diceva un mio vecchio istruttore della Guardia di Finanza.”
Pausa di silenzio e poi: ”Sono stanca, torno a casa, ne riparleremo,sono confusa ed indecisa.”
Una mattina all’università:
“Cara Melissa, a proposito sapevi che in greco significa ape, no beh sei un’ape che ronza e non laperonza come da celebre battuta. Come ti dicevo cara Me vorrei invitare te e, come si chiama, (ah Mona) a cena presso il ristorante di Ganzirri ‘La Sirena’, il figlio del proprietario è un  mio alunno e mi ha invitato tante volte, ti va bene sabato alle 20, ho capito ti va bene.”
“Mo e Be avevano fatto a gare a chi si era vestita con più gusto, vestiti provenenti dalla boutique di Teresa, l’amica della zia.
Al loro ingresso al ristorante avevano attirato l’attenzione dei presenti (anche Fabrizio era vestito in modo elegante). Si era avvicinato il proprietario, Nicola Mancuso:
“Vi ho riservato un tavolo nella saletta riservata, mio figlio il sabato, e non solo il sabato, brilla per la sua assenza ma il mio cuore di padre…lei dovrebbe essere il professor Fabrizio al quale faccio i miei complimenti per la compagnia delle signorine Mona e Melissa, i vostri nomi, ovviamente mi sono stati forniti da quel pelandrone mio figlio, col vostro permesso provvederò il al vostro menu.”
Il vino bianco non era del gusto  del professore, troppo abboccato, insomma dolce, ma il resto: cozze  con sughetto verdogliolo dal sapore squisito e poi: riso alla pescatora, gamberi impanati, spatola, merluzzo grigliato, contorno tricolore, immancabile ananas e caffè decaffeinato anche se quello normale sarebbe stato più indicato in quanto la serata era stata programmata non certo per finire in braccia a Morfeo, e così fu in casa del signor Quinti.
Con la massima naturalezza che aveva meravigliato le due amiche, il professore entrato in bagno, ne era uscito completamente nudo con:
“Ragazze doccia e poi all’opera!”
Me e Mo sul letto, il professore in poltrona dava disposizioni: bacino in bocca, sulle tette, sul fiorellino a lungo, voglio trovare le fichette bagnatissime, Ciccio è arrapatissimo e non vuole farvi troppo male.” 
Le due ragazze obbedivano come non avevano immaginato di fare, sembravano  ipnotizzate, si erano posizionate in ginocchio e Fabrizio le penetrava a turno poi una proposta particolare:
“Chi vuole sacrificarsi e donare al qui presente il suo buchino posteriore, sarò delicatissimo con tanto di vasellina, nessuna si offre? Sceglierò io una a caso, non so chi sia dato che siete ambedue di spalle. Nessun lamento anche dalla seconda delle due amiche che si era sentita un bel ‘marruggio’ penetrare nel suo buchino.
Il post ludio si era impossessato di Melissa e di Mona, non ce la facevano proprio ad alzarsi ma furono riportate alla realtà dalla voce del professore.
“Miei deliziose amiche, sono le due di notte ed i vostri genitori potrebbero pensare che siate state rapite da un fauno quindi vestirsi ed ognuna a casa propria!” 
Era proprio un aut aut, Mona e Melissa si trovarono fuori della casa di Fabrizio e, mezzo intontolite, raggiunsero in auto le rispettive abitazioni.
L’incontro ravvicinato con Fabrizio aveva sconvolto le menti delle due amiche. Si, erano state usate, non c’era stato nulla di romantico nel loro incontro solo sesso sfrenato ma in fondo era stata colpa loro, si erano offerte in maniera sfacciata e non potevano aspettarsi altro da un quarantenne belloccio, divorziato con figlia per cui tutte le femminucce erano oggetti da usare e poi…
Non avevano voluto più incontrare da sole Fabrizio che era ritornato il professore di Melissa, una cosa era mutata: Me e Mo erano diventate sessualmente amanti, spesso si trovavano a letto impegnate in dolci incontri che non avevano nulla di violento anzi tanta dolcezza che le aveva portate ad apprezzare la tenerezza dell’amore lesbico.
Avevano preso a leggere le poesie che Saffo scriveva alle sue allieve e scoperto che  quella era la loro vera natura, un mondo pieno di gioia e di delicatezza.