Mio fratello

Mio fratello.

La prima ad annunciare che mio fratello stava per arrivare fu la signora Katia, parrucchiera, futura madre di D. F. che sarebbe diventato in età adulta grande amico di mio fratello.
La signora Katia nel suo esercizio chiese a mia madre: "Signora, ma per caso siete incinta?". 
Mia madre, 39enne, già madre di due bambini, rispose: "Spero di no".

Ed invece era proprio così. 

Quando annunciarono a me ed a mio fratello maggiore, pressoché coetaneo, che avremmo avuto o un fratellino o una sorellina, mio fratello cominciò a tifare per un fratellino, io per una sorellina.

Eravamo nella nostra stanza dal pavimento in marmo semisegato nero (ma come, avete fatto la stanza dei bambini col pavimento nero? chiesi a mia madre non troppo tempo fa; all'inizio era il soggiorno, mi spiegò mia madre), quando arrivò mio padre a dare la notizia ai fratelli ed alle cognate che erano nel soggiorno per sorvegliarci: "E' un maschio!", annunciò. Mio fratello esultò, "Noooo", mi lamentai io, ma naturalmente ero contenta lo stesso. Anzi probabilmente gli ho voluto più bene.

Le immagini che ho conservato sono:

  1. mio fratello allattato con il biberon da mia zia Assunta, sorella di mia madre, in cucina. E gli occhi di mio fratello andavano dalla zia alla mamma che pure era presente ed a me dava l'impressione che si stesse chiedendo: "Ma chi è mia mamma?"
  2. io mandata ad intingere il succhiotto nel miele per mio fratello che sta dormendo nella culla accanto al letto di mamma e papà. Arrivata l'ora della poppata, mio fratello non si svegliava e mia mamma cominciò a preoccuparsi, poi capì la situazione: avevo intinto troppo miele e mio fratello non aveva fame e saltò quella poppata.
  3. io che assisto mia madre che cambia mio fratello sul letto matrimoniale. Non c'erano i pannolini usa e getta, c'erano i triangoli di stoffa che andavano lavati.

Un po' di tempo dopo, mio fratello nel girello e noi fratelli e cuginetti tutti intorno. Però pretendiamo di farlo uscire dal soggiorno al balcone. Il portafinestre ha un listello di marmo per terra, il girello si ribalta e mio fratello finisce faccia a terra. Ho sempre imputato a quell'incidente il suo naso.

Poi, quando ci eravamo già trasferiti nella casa nuova, l'episodio che abbiamo ricordato tante volte. Noi due fratelli grandi che conduciamo il passeggino rosso, una mano per uno, altrimenti avremmo litigato per chi doveva condurlo, per andare a trovare i cugini rimasti nella vecchia casa. Una di quelle volte ci fermò un signore che ci chiese stupito e dubbioso: "Ma voi due siete marito e moglie e questo è vostro figlio?" (Avevamo 10, 9 ed 1 anno). Lo guardiamo tra il metà stupiti e metà 'ma questo è scemo' e replichiamo: No, siamo tutti fratelli. "Ah" e se ne va.
Ho ricordato questo episodio con l'amico Cesare C. che voleva consolarmi all'inizio di questo gennaio ed ho detto: "Quei due fratelli che si contendevano la guida del passeggino hanno poi fatto un disastro contendendosi il diritto a decidere cosa fosse meglio per il loro fratello".

E poi quando tagliamo per la prima volta i suoi capelli ed i ricciolini non compariranno più: i capelli cresceranno lisci.
Quante volte ho ricordato: "Come era carino con quei riccioli!" E mio fratello mi riprendeva: "Rassegnatevi: sono cresciuto.".

E quella volta a tre anni che, a mio parere, dà prova della sua intelligenza. Disse: "All'incomincio della strada". Ed io pensai: "Ma guarda questo bambino! Sa che c'è il verbo 'iniziare' ed il verbo 'incominciare'. Ha sentito che c'è la parola 'inizio', ha dedotto che c'è anche l'equivalente 'incomincio'."

E sempre a tre anni dette prova della sua generosità ed affetto. Era in visita dal Brasile la signora Maria, la suocera di mio zio Peppino, fratello di mia madre. La mattina portava mio fratello a passeggio ed una mattina si fermarono ad un bar e la signora Maria gli prese un dolce. La signora Maria racconta: <<Eravamo seduti al tavolino e vedo questo bambino che guarda il dolce e non lo mangia. "Non ti piace?" gli chiedo. "No, mi piace". "Ed allora perché non lo mangi?" "Ho pensato che lo porto a casa per Gianfranco e Linda". Rimasi così impressionata che un bambino di tre anni si sacrificasse in quel modo! Gli dissi: "Non ti preoccupare, mangialo! Per Gianfranco e Linda ne compriamo un altro e glielo portiamo.">>

E poi? 
Un anno dopo, io che me lo carico sulle spalle e gli faccio fare le corse nel corridoio. Di quel periodo ho delle foto con lui vestito da Gatto degli Stivali, il mio vestito di Carnevale di quando avevo quattro anni, seduti sul letto o che giochiamo a quella specie di biliardino.

E un anno dopo in estate con quella canottiera di cui una spallina cadeva sempre e lo chiamavamo "Tarzanito". E per il fatto che come frutta mangiava solo ..... 
E la mia amica che prima vede mio fratello in estate con i capelli lunghi e poi con i capelli corti e chiede: "Ma Linda ha due fratelli piccoli? Una sorellina ed un fratellino?".

E due anni dopo in estate quando mi taglio i capelli non si allontana dal suo angolo e mi guarda corrucciato deluso e diffidente. "E' Linda", gli dicono. "No", risponde lui.

Ed un mese dopo in settembre nostra madre lo rimprovera aspramente per un'iniziativa che avevo preso io. Quel povero bambino innocente si difende meravigliato e senza asprezza: "E' stata Linda". Io intervengo con un secondo di ritardo: "Sì mamma, sono stata io." E poi mamma mi spiega il motivo di quell'asprezza.

E poi c'è il terremoto.
Mentre io ero al corso e mi chiedevo: "Ma che cavolo sta succedendo?", il mio fratellino era nella vasca da bagno. Mia madre lo avvolge nell'asciugamano e lo abbraccia addossandosi alla parete ed il mio fratellino chiede: "Mamma, che cos'è? Il terremoto?".

E poi quando le scuole sono chiuse la mattina lo porto fuori. Su una panchina di piazza Madonnina gli insegno la morra cinese e lo porto a vedere i treni alla stazione, come fanno i nonni con i nipotini.

E Luciano D.B. gli chiede ammiccando: "Com'è Linda? E' buona?". "No, è cattiva", risponde lui, "perché non vuole giocare con me".

E quella volta che dovevo prenderlo dalla scuola provvisoria (la principale era chiusa a causa del terremoto) vicino al liceo e per un'altra stupidata che gli avevo detto non c'incontriamo. Corro indietro per la strada che porta al liceo e lo vedo uscire con gli occhi lucidi accompagnato dal bidello, Rocco.
Me lo abbraccio, lo bacio e lo riporto a casa.

I suoi anni delle medie non li ricordo. Non li ho vissuti. Io ero ai primi anni dell'università e per un po' stetti anche fuori casa.
No, però ricordo che quando mio fratello compì 12 anni dissi a mia madre: "Ora ci vuole un altro bambino". Non ricordo le parole esatte della risposta di mia madre, ma certamente mi mandò elegantemente dove dovevo andare. Allora avevo vent'anni e probabilmente, se proprio ci tenevo, avrei anche potuto pensarci da sola.

Quell'estate c'era mio zio Peppino che tornava per la prima volta dopo quasi vent'anni dal Brasile. E fece il giudice di gara tra me, che a quanto pare proprio non mi decidevo a crescere, ed il mio fratellino per una corsa sulla spiaggia. Allo scatto mio fratello guadagnò netto vantaggio, ma sulla distanza lo battei. Infame! Non far vincere un bambino!

Però mi ricordo che quando giunse il momento di scegliere la scuola superiore, facendo sue quelle che erano state le mie paure (e non era così), gli dissi: "Tu scegli la scuola che preferisci, anche se sta a Salerno o altrove. Se devi prendere l'autobus o altro mezzo non ti preoccupare: i primi giorni ti accompagno io." Ma non ce ne fu bisogno: se la cavava benissimo da solo.

E poi? E poi papà ha un ricovero improvviso in ospedale e dal suo letto ci dice: "State vicini ad Alberto: non l'ha presa bene". Ma mi sa che nessuno si prese la briga di parlargli e di rassicurarlo.

E mio padre decide di andare in pensione anticipata e da quel momento può seguire sempre più Alberto seguendolo nelle sue gare di pallacanestro.

E anni dopo mio fratello maggiore mi dice che era stato geloso di quell'attenzione che lui non aveva avuto, mentre Alberto mi dice che quella presenza costante lo aveva fatto sentire un po' soffocato.

Intanto passa un anno o due e arriva P. che mi dice: "Guarda che Alberto non ha bisogno di una seconda mamma." Secondo lui lo seguivo troppo aiutandolo nei compiti. Mah, forse per la matematica, ma come avrei potuto aiutarlo per le materie tecniche di cui non sapevo nulla?

E quattro anni dopo è Alberto che mi 'pizzica' alla stazione per farmi tornare a casa.

Ed un paio di anni dopo è Alberto che mi raggiunge a Milano dove io da dieci giorni ero bloccata a casa a seguito di una frattura al piede che mi ero procurata in piazza S.Babila (ma i medici del Policlinico avevano detto per ben due volte che era una distorsione e che dovevo pazientare).

E sei anni dopo deve andare in trasferta a Brescia per conto dell'azienda. Siamo a Paestum alla casa al mare. Dice che si alzerà ad ora antelucana per prendere il treno ed arrivare all'aeroporto. "Ma quando mai!", gli faccio io, "Ti accompagno io con l'auto e poi vado al lavoro." Ma devo insistere per farlo accettare. Ed in auto, pensando che il suo disagio sia dovuto ai problemi che vivevo anch'io, all'ambiente difficile del lavoro, ma nella sua azienda erano più pesanti, con i colleghi che tentano di farti le scarpe (ma ci sono anche i colleghi che ti stimano, ti aiutano e ti vogliono bene e lui li aveva, avrei dovuto dirglielo) ed i capi che ti vessano, ti tiranneggiano e non riconoscono mai il tuo lavoro (ma ci sono anche i capi degni di questo nome che ti supportano invece di esserti d'ostacolo) ed anche agli amici che ti tradiscono (ma lui ha avuto tanti amici che lo hanno supportato fino all'ultimo), gli dico: " Il mondo del lavoro è così. E gli amici crescendo si allontanano, ognuno deve pensare alla propria famiglia. Queste sono le persone che ti rimangono vicine: la tua famiglia".

Già, ma magari i fratelli pensano a farsi la loro vita, come è giusto che sia, ma magari pensano alla famiglia di origine come un ostacolo (e magari questo è meno giusto). E magari i fratelli si fanno una loro famiglia ed i coniugi del fratello pensano ai cognati come 'altro' dalla loro famiglia e manipolano, magari in buona fede, il coniuge che, condizionato, non sempre riesce ad agire per il meglio per il proprio fratello. 

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Altri ricordi.
Mio fratello a 14‐16 anni era già bravissimo con i bambini. Io, che ero negata, gli dicevo che doveva fare il baby‐sitter.

Mio fratello, perito tecnico informatico.
Io, facendo di altri quello che era stato un mio desiderio, gli dico che avrebbe potuto mettersi subito a lavorare: già solo facendo domanda nelle scuole, puoi fare supplenze come insegnante tecnico pratico.
Lo so, avrei dovuto farmi i fatti miei.
Mio fratello sceglie di fare l'università.

Mio fratello a 22 anni fa volontariato in un centro di cui io nemmeno conoscevo l'esistenza in cui si svolgono attività per ragazzi con problemi, tipo droga.
E sono quasi vent'anni che pensavo che per lui l'attività giusta era nel sociale.

Mio fratello già dipendente di un'azienda informatica che nei primi del 2000 balza alla ribalta della cronaca nazionale per il suo exploit in borsa, poi professore di matematica ed informatica, creatore di siti web ed altte attività in libera professione nel settore dell'informatica.

E continua con le sue attività di volontariato, neanche quattro anni fa tiene lezioni di chitarra in una manifestazione/iniziativa estiva tenuta nella villa comunale che vogliamo intestare al grande Carmine Battipede.

E continua, alternatamente, a praticare la pallacanestro in modo amatoriale, dopo aver dovuto lasciare questo sport a livello quasi professionistico a.18 anni.

Mio fratello, dirigente di una squadra di pallacanestro su carrozzina.

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Mio fratello che mi ha sempre riempito di regali. Anche, ed ancora di più, dopo che sono andata a vivere con un altro.
E spesso i regali rispondevano alle esigenze che esprimevo, come quando mi portò una bottiglia di vino bianco senza solfiti prodotta da una cooperativa del Piemonte, dopo avermi sentito spesso lamentare che non si trovava una bottiglia di vino senza solfiti.